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Sindaco condannato a risarcire il danno subito dai genitori a seguito dell'illegittimo provvedimento dei Servizi sociali

Famiglia - -
Sindaco condannato a risarcire il danno subito dai genitori a seguito dell'illegittimo provvedimento dei Servizi sociali
Cosa succede se il Comune fa intervenire i Servizi sociali all’interno di una famiglia, allo scopo di allontanare i genitori dal figlio ma, successivamente, questa decisione si rivela ingiusta?
La famiglia, in questo caso, ha diritto ad essere risarcita?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20928 del 2015, è intervenuta proprio su questa delicata questione, fornendo alcune precisazioni sul punto.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, la Corte d’Appello aveva confermato la sentenza del Tribunale che aveva condannato il Sindaco di un Comune a risarcire il danno in favore di due genitori, i quali erano stati ingiustamente allontanati dalla propria figlia, a seguito dell’intervento dei Servizi sociali del Comune stesso.

In particolare, le presunte molestie sessuali, di cui era stato incolpato il marito (a seguito di una, poco credibile, segnalazione della maestra d’asilo della piccola in questione), si erano rivelate del tutto insussistenti, con la conseguenza che il provvedimento di allontanamento veniva revocato e il Tribunale per i minorenni disponeva che la figlia tornasse a vivere con i propri genitori.

Alla luce dell’ingiustizia di quanto subito, i genitori decidevano, quindi, di agire in giudizio nei confronti del Comune, responsabile dei Servizi sociali, al fine di ottenere una pronuncia di condanna al risarcimento dei danni subiti.

Come detto, tale condanna veniva pronunciata nei primi due gradi di giudizio, ma il Sindaco del Comune, ritenendo la decisione ingiusta, proponeva ricorso per Cassazione.

Nemmeno la Corte, tuttavia, riteneva di dover aderire alle argomentazioni svolte dal Sindaco, rigettando il suo ricorso e confermando la sentenza di condanna resa dalla Corte d’Appello.

In particolare, secondo la Cassazione, risultava pienamente provata e confermata “l’imperizia degli operatori dei Servizi sociali”, dal momento che, dalle risultanze processuali, era emerso un loro pesante “deficit di professionalità”, non essendo gli stessi stati in grado di “condurre una verifica rigorosa e critica della segnalazione proveniente da un soggetto (…), della cui affidabilità chiunque avrebbe avuto motivo di dubitare”, dal momento che la stessa, per almeno sei mesi avrebbe condotto “una sua personalissima ed assai discutibile istruttoria sull’ipotesi di molestie sessuali (…) da parte del padre, suggerendo alla bambina le risposte più confacenti alla conferma della tesi accusatoria”.
Gli operatori, inoltre, avevano omesso “del tutto inspiegabilmente, di coinvolgere i genitori, a fronte di un sospetto tanto grave, come anche di informare l’autorità deputata alla repressione dei reati (…), riuscendo in tal modo a violare tanto i doveri connessi alla funzione educativa, quanto l’obbligo giuridico, che incombe su tutti i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio, di denunciare i reati dei quali siano venuti a conoscenza nell’esercizio delle loro funzioni”.

Ebbene, secondo la Cassazione, assodata l’imperizia dei Servizi sociali, il Sindaco doveva ritenersi comunque responsabile per il risarcimento del danno.
Infatti, pur essendo vero che “il potere del Sindaco di intervenire direttamente sull’ambiente familiare, ai sensi dell’art. 403 codice civile, è previsto per i casi di “abbandono morale e materiale” (…) ed, in genere, per situazioni di disagio minorile che siano palesi, evidenti o comunque di agevole e indiscutibile accertamento, al fine di adottare in via immediata i provvedimenti di tutela con tangibili e urgenti, che si appalesino necessari”, è vero anche che egli non ha invece poteri di indagine e di istruttoria sul singolo caso”, in quanto, in tali ipotesi, egli deve rivolgersi “alle istituzioni specificamente competenti in materia, quali il Tribunale per i minorenni e, se del caso, il Pubblico Ministero”.

Di conseguenza, secondo la Corte, il Sindaco, rilevata una situazione di presunto disagio della minore in questione, non poteva far intervenire direttamente i Servizi sociali, ma doveva interpellare il Tribunale per i minorenni ed, eventualmente il Pubblico Ministero, i quali, svolte le opportune indagini del caso, avrebbero adottato i provvedimenti ritenuti più opportuni.


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