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È reato puntare con insistenza la fotocamera del cellulare contro qualcuno?

È reato puntare con insistenza la fotocamera del cellulare contro qualcuno?
Per la Cassazione il reato di molestie può essere integrato a prescindere dall’effettivo utilizzo del dispositivo per registrare o scattare foto.

Il reato di molestie, previsto dall’art. 660 c.p., è integrato quando taluno, in un luogo pubblico o aperto al pubblico ovvero con il mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca ad un altro soggetto molestia o disturbo. La previsione della contravvenzione in esame è diretta a tutelare l'ordine pubblico, preservando nello specifico la sicurezza e la tranquillità dei consociati.
La costante giurisprudenza della Cassazione ha già chiarito che per petulanza si intende ogni contegno di “arrogante invadenza e di intromissione continua ed inopportuna nell'altrui sfera di libertà” (cfr., a riguardo, Cass. c.d. Girone n. 6064/2018; Cass. c.d. Zigrino n. 6908 del 24/2012; Cass. c.d. Gerli n. 17308/2008).

Tanto introduttivamente chiarito, è possibile porsi degli interrogativi ulteriori:la condotta di un soggetto che continua a rivolgere verso un altro il cellulare munito di videocamera può essere definita petulante? E, in caso positivo, perché il reato sia integrato è necessario che il telefono effettivamente stia registrando?

Ebbene, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 6245 del 22 febbraio 2022, ha affrontato proprio il tema degli elementi costitutivi della contravvenzione di molestia ex art. 660 c.p.
Con tale pronuncia, nello specifico, la Suprema Corte ha affermato che la semplice azione di rivolgere con insistenza un cellulare munito di fotocamera è sicuramente idonea ad ingenerare nella persona offesa la paura di subire una sgradita invasione della propria sfera privata e, quindi, a pregiudicare la sua serenità d'animo e ad arrecarle un turbamento effettivo e significativo.
E ciò, come espressamente evidenziato dai Giudici di legittimità, è sufficiente per configurare il reato di molestie a prescindere dall'effettuazione di videoriprese.

Il caso concretamente giunto all’attenzione della Corte, in particolare, riguardava il presidente di un’associazione imputato del reato di molestie per aver più volte, nel corso di vari eventi pubblici, rivolto la telecamera del proprio cellulare verso la tesoriera dell’associazione al fine di farle credere di essere ripresa.
Il Tribunale aveva condannato l’imputato, reputando il comportamento di quest’ultimo senz’altro petulante e ritenendo irrilevante l'effettivo utilizzo del telefono e a scopo di registrazione.
Avverso tale sentenza l’imputato aveva dunque proposto ricorso, deducendo – limitatamente a quanto di rilievo in questo contesto – il vizio di violazione di legge per avere il Tribunale affermato la penale responsabilità in assenza della prova che l’uomo abbia mai utilizzato il proprio telefono per effettuare riprese della persona offesa. Nel ritenere tale censura infondata, dunque, la Cassazione ha chiarito quanto sopra esposto circa l’elemento oggettivo del reato di molestie.


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