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Reato penale rivelare alla moglie del proprio amante la relazione extraconiugale in corso

Famiglia - -
Reato penale rivelare alla moglie del proprio amante la relazione extraconiugale in corso
Attenzione a rivelare alla moglie del vostro amante di avere una relazione con lei, in quanto questo comportamento potrebbe costituire un reato e, in particolare, il reato di molestie, di cui all’art. 600 codice penale.

Questo, infatti, è quanto statuito dalla Corte di Cassazione penale, che, con la sentenza n. 28493 del 2015, si è occupata proprio di questa fattispecie.

Nel caso esaminato dalla Corte, il Tribunale aveva condannato l’amante in questione per il reato di molestie di cui alla norma sopra citata, per aver effettuato “tre chiamate telefoniche verso l'utenza fissa di [...], parlandole di presunte relazioni extraconiugali intrattenute dal di lei marito con la stessa [...] e con altre donne, recandole disturbo e molestia”.

Giunti, in ultima, dinanzi alla Corte di Cassazione, l’imputata evidenziava come la sentenza di condanna fosse ingiusta e dovesse essere riformata, in quanto, in primo luogo, due sole telefonate non potevano essere considerate “un’intromissione continua” e, inoltre, il giudice aveva motivato la decisione di condanna sulla base della forma anonima delle telefonate, senza considerare che la stessa non poteva avere alcuna certezza di non essere identificata successivamente, come, effettivamente, poi era avvenuto.

Secondo l’imputata, inoltre, le telefonate non erano state affatto “minatorie”, né “abituali” e, peraltro, le conversazioni in questione “erano state di una certa durata, a dimostrazione che la persona offesa era disposta ad ascoltare e non aveva affatto posto fine ad esse”.

Osserva la ricorrente, infatti, in proposito, che “la mancata interruzione della conversazione era un dato significativo e dimostrava che la persona offesa voleva avere ulteriori informazioni: del tutto illogicamente, il giudice aveva ritenuto che tale atteggiamento non incidesse sul dolo dell'imputata, mentre faceva dubitare della consapevolezza della [...] di turbare la sua interlocutrice”.

In altri termini, secondo l’imputata, il fatto che la moglie dell’amante non avesse interrotto la telefonata, dimostrava che la stessa voleva ulteriori informazioni e aveva fatto credere alla donna di non recare alcun turbamento con la telefonata stessa.

La Corte di Cassazione, tuttavia, non ritiene di dover aderire alle argomentazioni svolte dall’amante-imputata del reato di molestie, rigettando il relativo ricorso e confermando la sentenza di condanna resa nei suoi confronti.

Secondo la Corte, infatti, il giudice aveva rilevato come il numero limitato delle telefonate non avesse alcuna rilevanza in ordine alla configurabilità del reato di molestie, di cui all’art. 660 codice penale, fornendo adeguata e precisa motivazione delle conclusioni a cui era giunto.

Inoltre, il Giudice aveva altresì motivato la circostanza secondo cui non poteva darsi rilevanza alla “osservazione secondo cui la mancata interruzione delle conversazioni da parte della persona offesa dimostrerebbe che essa non era disturbata dalle chiamate perché voleva avere ulteriori informazioni”, in quanto detto atteggiamento non poteva essere così interpretato, “tenuto conto della importanza delle rivelazioni che le erano state fatte”.

Peraltro, secondo la Cassazione, “la natura molesta e petulante delle chiamate viene giustamente ricavata dalla forma anonima delle stesse”, nonché “dal contenuto delle informazioni riferite” e da alcuni passaggi che il giudice aveva ritenuto, motivando tale asserzione, “velatamente minatori o comunque tali da prospettare alla persona offesa futuri inconvenienti”.

Pertanto, secondo la Corte di Cassazione, la decisione del giudice di procedere alla condanna dell’imputata per il reato di molestie era stata, del tutto adeguatamente, motivata, con la conseguenza che non si poteva procedere ad un riesame della questione.

La Corte, dunque, ritiene di dover rigettare il ricorso, confermando la suddetta sentenza di condanna.


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