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La web radio che non paga i diritti d'autore non commette reato

La web radio che non paga i diritti d'autore non commette reato
La web radio gestita da neolaureati che trasmette musica pagando solo in parte i diritti SIAE e per nulla quelli al consorzio dei fonografici non viola la normativa sul diritto d'autore qualora manchi il fine di lucro e le uniche inserzioni pubblicitarie riguardino enti no-profit e non diano un ritorno economico.
Una nuova pronuncia della Terza sezione penale della Corte di Cassazione (n. 1652/2019) definisce ulteriormente i contorni della disciplina della raccolta collettiva dei diritti d'autore.

A oggetto della sentenza sono gli obblighi gravanti sugli emittenti radiofonici in relazione al pagamento dei contributi, non solo nei confronti di SIAE, ma anche della Società Consorzio Fonografici (SCF). Quest'ultima è una società consortile avente come oggetto l'amministrazione e la gestione collettiva dei diritti spettanti ai produttori fonografici.

L'imputato, gestore di una web radio, era stato assolto dal reato di riproduzione e diffusione di opere protette dal diritto d'autore in assenza del pagamento di quanto spettante alla SIAE e alla SCF.
I giudici sono giunti all'assoluzione non perché il mancato versamento a SCF non costituisse reato, bensì in ragione della mancanza dell'elemento soggettivo, ossia la incolpevole incoscienza di commettere un crimine.

È stata valutata la rilevanza dell'assenza dello scopo di lucro dell'emittente radiofonica in questione. Tale emittente si limitava, per l'appunto, a trasmettere, a titolo gratuito, messaggi pubblicitari di organizzazioni non governative (ONG). L'unica forma di pubblicità poteva al massimo essere ravvisata nella presenza di un banner che richiamava la testata giornalistica e proprietaria della stessa emittente.
La Cassazione richiama quanto stabilito dall'art. 171-ter della legge 22 aprile 1941, n. 633, sulla protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio sottolineando come il fine di lucro costituisca carattere essenziale dell'ipotesi delittuosa di cui al primo comma, che quindi richiede tale elemento per la sua configurabilità.

La radio si sosteneva mediante le donazioni di una associazione no profit, la quale, a propria volta, era alimentata quasi interamente da donazioni dell'imputato. Pertanto, era apparsa evidente l'insussistenza di un fine di lucro nella gestione della radio da parte dell'imputato, che, anzi, ne era il finanziatore senza ritrarne alcun utile.

La Cassazione, confermando l'insussistenza del fine di lucro, ha altresì escluso la configurabilità di altre ipotesi delittuose, quale conseguenza della diffusione di brani musicali in assenza del pagamento dei dovuti diritti alla SCF, stante la mancanza del relativo elemento soggettivo e la buona fede dell'imputato che, privo di conoscenze tecniche in materia, prima di avviare la diffusione dei brani musicali attraverso la radio, aveva chiesto alla SIAE quali fossero gli adempimenti necessari e aveva seguito le indicazioni da questa fornite.


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