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Il periodo di congedo per maternità va computato ai fini della progressione in carriera?

Lavoro - -
Il periodo di congedo per maternità va computato ai fini della progressione in carriera?
I periodi di congedo di maternità devono essere computati nell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia e alle ferie.
La Corte d’appello di Venezia, con la sentenza n. 841 del 2018, si è occupata di un interessante caso in materia di diritto del lavoro.

Il caso sottoposto all’esame del Tribunale ha visto come protagonista una dipendente dell’Aeroporto, che aveva agito in giudizio nei confronti della società datrice di lavoro, in quanto la stessa non le aveva conteggiato, ai fini dell’acquisizione di una superiore categoria di inquadramento contrattuale, i periodi di congedo di maternità e di congedo parentale di cui la stessa aveva fruito.

La lavoratrice aveva chiesto, dunque, che il Tribunale accertasse il suo diritto “a vedersi computati i periodi di assenza per congedo di maternità e congedo parentale ai fini della progressione di carriera”.

Il Tribunale, pronunciatosi in primo grado, aveva accolto la domanda proposta dalla donna, accertando la natura discriminatoria della condotta tenuta dalla società datrice di lavoro.

Evidenziava il Tribunale, in proposito, che, non computare i suddetti periodi di congedo ai fini della progressione in carrierafinirebbe per limitare e rallentare la carriera di una donna rispetto a quella di un uomo e delle altre donne che non hanno figli, in ragione della propria maternità , senza alcuna giustificazione”.

Ritenendo la decisione ingiusta, la società datrice di lavoro aveva deciso di impugnare la sentenza sfavorevole, rilevando come il contratto collettivo di categoria fosse chiaro “nel far riferimento al ‘servizio effettuato’ dal lavoratore nei vari livelli in cui è collocata la sua posizione lavorativa”.

La Corte d’appello, tuttavia, non riteneva di poter aderire alle considerazioni svolte dalla società datrice di lavoro, rigettando il relativo appello, in quanto infondato.

Precisava la Corte, in proposito, che, ai sensi dell’art. 22 del T.U. 151/2001, “i periodi di congedo di maternità devono essere computati nell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia e alle ferie”.

Evidenziava il giudice d’appello, inoltre, che, ai sensi del comma 5 della stessa disposizione, tali periodi “sono considerati, ai fini della progressione nella carriera, come attività lavorativa, quando i contratti collettivi non richiedano a tale scopo particolari requisiti”.

Nel caso di specie, poi, secondo la Corte, il contratto collettivo di categoria non richiedeva “l’effettiva presenza in servizio del lavoratore quale presupposto per il decorso dei periodi di attestazione, ai fini della progressione nella carriera”.

Il contratto stesso, infatti, nello stabilire i diversi livelli di inquadramento e le varie progressioni di carriera, non prevedeva la necessità della “presenza effettiva del lavoratore, limitandosi a valorizzare il mero decorso del tempo quale criterio presuntivo convenzionale circa l’avvenuto raggiungimento della professionalità richiesta per il superiore livello”.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte d’appello rigettava l’impugnazione proposta dalla datrice di lavoro, confermando integralmente la sentenza di primo grado.


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