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Perdita di capacità lavorativa specifica e quantificazione del danno

Perdita di capacità lavorativa specifica e quantificazione del danno
Nel caso in cui dall'illecito derivi un danno alla propria capacità professionale, quali fattori vanno tenuti in considerazione ai fini del risarcimento?
Una recentissima sentenza della Corte di Cassazione, la n. 16913 del 25 giugno 2019, si è occupata dela problematica quantificazione del danno patrimoniale derivante dalla lesione della capacità lavorativa specifica.

L'evento dannoso, nel caso di specie un grave sinistro stradale, avrebbe cagionato al danneggiato, che al tempo del fatto era un giovane professionista, un serio pregiudizio alla propria capacità di guadagno futura.
Tale professione, che in quel momento era solo agli esordi, prefigurava un'importante carriera, che avrebbe assicurato alla vittima del sinistro l'acquisizione graduale di redditi sempre maggiori.

La Corte di Cassazione afferma che, allo stato dell'arte, il danno permanente da incapacità di guadagno non può più essere liquidato, come avevano provveduto a fare i giudici di prime cure, facendo riferimento ai coefficienti di capitalizzazione contenuti nel R.D. n. 1043 del 1922, poichè essi non sono più idonei a garantire un equo ed integrale ristoro dei danni subiti.
Da allora, infatti, sono notevolmente mutati alcuni importanti parametri, tra cui l'aumento della durata media della vita e la diminuzione dei saggi d'interesse, che inevitabilmente influiscono sulla corretta quantificazione del danno da liquidare.

L'art. 1223 c.c. espressamente afferma che il risarcimento del danno deve comprendere tanto il danno emergente quanto il lucro cessante, in quanto siano conseguenza immediata e diretta del fatto lesivo. Il risarcimento, quindi, deve tendere ad una compensazione integrale e completa del danno, riportando il danneggiato nello status quo ante.

L'insegnamento nomofilattico più recente afferma che il giudice di merito è libero di adottare i coefficienti di capitalizzazione che ritiene più idonei a ristorare il danneggiato dal danno subito, a condizione che gli stessi siano corretti e attendibili.
I coefficienti indicati dal R.D. 1043 del 1922 appaiono in tal senso del tutto obsoleti e superati.

Nell'individuare un corretto metodo di quantificazione del danno patrimoniale da perdita di capacità lavorativa, la Corte passa in rassegna diversi parametri, riconducibili a due macro-categorie:
  • retribuzione media dell'intera vita lavorativa della categoria di appartenenza, desunta non solo da parametri di carattere normativo, ma anche da valutazioni equitative;
  • coefficienti di capitalizzazione affidabili, aggiornati e scientificamente corretti, quali ad esempio quelli utilizzati per la capitalizzazione delle rendite previdenziali o assistenziali, o quali quelli elaborati in materia di danno aquiliano.

Una volta individuati i parametri corretti per la quantificazione del danno in relazione al caso di specie, occorre procedere alla moltiplicazione del reddito perduto per il coefficiente di capitalizzazione ricavato da tali parametri.


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