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Pensione anticipata, arriva la nuova riforma, andrai 4 anni più tardi: contributi laurea dimezzati e accesso ritardato

Pensione anticipata, arriva la nuova riforma, andrai 4 anni più tardi: contributi laurea dimezzati e accesso ritardato
Il Governo introduce nuove modifiche al sistema previdenziale che ritardano l'accesso alla pensione e riducono drasticamente il valore del riscatto della laurea. Il sindacato attacca: "È una norma che viola la Costituzione". Ecco cosa cambia dal 2032 in poi e perché migliaia di lavoratori potrebbero dover aspettare mesi in più prima di ricevere il primo assegno
Attraverso un emendamento inserito nella Manovra di bilancio, l'esecutivo ha deciso di intervenire su due fronti del sistema pensionistico italiano. Da un lato si allungano le cosiddette finestre mobili, ovvero il periodo di attesa tra il raggiungimento dei requisiti contributivi e l'effettivo pagamento della prima mensilità di pensione. Dall'altro si dimezza progressivamente il valore degli anni universitari riscattati ai fini previdenziali. Le modifiche entreranno in vigore gradualmente a partire dal 2032 e raggiungeranno la loro piena applicazione nel 2035, interessando tutti coloro che matureranno i requisiti per la pensione anticipata in questo arco temporale.
La particolarità di questo intervento normativo sta nel fatto che non modifica formalmente l'età pensionabile, ma ne ritarda comunque l'accesso attraverso meccanismi indiretti. La pensione anticipata - che oggi richiede 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne - continuerà ad avere gli stessi requisiti contributivi sulla carta, ma nella pratica i lavoratori dovranno attendere più a lungo prima di ricevere il denaro. Attualmente la finestra mobile per questa forma di pensionamento è di soli tre mesi, un periodo relativamente breve che consente un accesso abbastanza rapido alla previdenza, una volta raggiunti i requisiti necessari. Con le nuove disposizioni, questo intervallo temporale crescerà progressivamente, fino a raddoppiare nell'arco di un decennio.
Le finestre mobili: da tre a sei mesi di attesa in più
Il meccanismo previsto dall'emendamento governativo stabilisce un incremento graduale delle finestre mobili secondo una tabella di marcia ben precisa. Nel 2032, il periodo di attesa passerà dagli attuali tre mesi a quattro mesi, rappresentando un primo allungamento di 30 giorni. Due anni dopo, nel 2034, si aggiungerà un ulteriore mese, portando l'attesa complessiva a cinque mesi. Infine, nel 2035, la finestra mobile raggiungerà i sei mesi, raddoppiando di fatto il tempo che i lavoratori dovranno attendere dopo aver maturato i requisiti contributivi.
Questo significa che un lavoratore che raggiungerà i 42 anni e 10 mesi di contributi nel 2035 dovrà aspettare mezzo anno prima di ricevere il suo primo assegno pensionistico, contro i tre mesi previsti dalla normativa attuale. L'impatto economico e psicologico di questa misura non è trascurabile: si tratta di sei mesi durante i quali il lavoratore, pur avendo formalmente diritto alla pensione, continuerà a non percepirla o dovrà continuare a lavorare. La misura interessa esclusivamente la pensione anticipata, mentre per altre forme pensionistiche e per i dipendenti pubblici le regole potrebbero differire. L'obiettivo dichiarato del Governo è quello di generare risparmi sulla spesa previdenziale attraverso il posticipo dell'erogazione delle prestazioni, senza tuttavia modificare formalmente i parametri anagrafici o contributivi che danno diritto al pensionamento.
Il riscatto della laurea dimezzato: solo sei mesi per la triennale
Il secondo aspetto dell'emendamento riguarda il valore contributivo del riscatto della laurea, uno strumento che consente ai lavoratori di valorizzare gli anni di studio universitario ai fini del calcolo pensionistico. Anche in questo caso, la riduzione del valore avverrà in modo progressivo attraverso detrazioni crescenti che inizieranno nel 2031. Chi maturerà i requisiti pensionistici in quell'anno vedrà sottrarsi sei mesi dagli anni riscattati. L'anno successivo, nel 2032, la detrazione salirà a dodici mesi. Nel 2034 si arriverà a detrarre 18 mesi, per culminare nel 2035 con una penalizzazione di ben 30 mesi, ovvero due anni e mezzo.
Le conseguenze pratiche di questa norma sono particolarmente pesanti per chi ha investito nel riscatto della laurea. Un lavoratore che abbia riscattato una laurea triennale e vada in pensione nel 2035 vedrà riconosciuti solo sei mesi di contributi invece dei tre anni effettivi. Chi ha riscattato una laurea magistrale, che normalmente corrisponde a cinque anni di studio, ne vedrà riconosciuti soltanto due e mezzo. Il paradosso è che il costo del riscatto rimarrà invariato: i lavoratori continueranno a pagare per l'intero periodo di studi universitari, ma riceveranno in cambio un valore contributivo drasticamente ridotto. In pratica, chi ha già versato migliaia di euro per riscattare gli anni di università scoprirà che il beneficio previdenziale ottenuto sarà dimezzato, senza alcun rimborso o compensazione economica.
La Cgil: "Una norma incostituzionale che nega il diritto alla pensione"
La reazione della Cgil all'emendamento governativo è stata durissima. La segretaria confederale Lara Giglione ha accusato l'esecutivo di voler rafforzare la legge Fornero attraverso stratagemmi indiretti, contraddicendo le promesse elettorali di superamento di quella riforma. Secondo il sindacato, dopo aver eliminato qualsiasi forma di flessibilità in uscita dal lavoro, il Governo introduce ulteriori peggioramenti che si sommano a un requisito pensionistico già destinato a crescere nel tempo, per effetto dell'adeguamento all'aspettativa di vita. La Cgil definisce questa scelta come consapevole e volta a spostare sempre più in là il traguardo pensionistico per tutti i lavoratori, negando il diritto a una pensione dignitosa dopo una vita di lavoro.
Il sindacato ha sollevato anche dubbi di legittimità costituzionale sulla norma relativa al riscatto della laurea, sostenendo che violi principi fondamentali dell'ordinamento. Giglione ha evidenziato come, a partire dal 2035, un lavoratore che abbia riscattato una laurea magistrale dovrebbe, di fatto, versare 46 anni e 3 mesi di contributi per poter accedere alla pensione anticipata: i 42 anni e 10 mesi richiesti dalla legge, più i tre anni e mezzo che vengono di fatto "persi" a causa della penalizzazione sul riscatto laurea (5 anni riscattati meno 2,5 anni riconosciuti), più i sei mesi di finestra mobile. Una combinazione di norme che, secondo la Cgil, trasforma il sistema previdenziale in un labirinto sempre più complesso e penalizzante per chi ha investito nella propria formazione universitaria, creando una disparità di trattamento rispetto a chi non ha riscattato la laurea.


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