Nel panorama previdenziale italiano, il 2026 si presenta come un anno di sostanziale continuità, nel quale il legislatore sceglie di non intervenire con una riforma strutturale del sistema previdenziale, ma di mantenere in vita una serie di strumenti che consentono, a determinate condizioni, di anticipare l’uscita dal lavoro rispetto ai requisiti ordinari.
Le regole di base restano quelle consolidate. La pensione di vecchiaia è accessibile al compimento dei 67 anni di età, a condizione che il lavoratore abbia maturato almeno 20 anni di contribuzione. Accanto a questa, c’è la pensione anticipata ordinaria, che prescinde dall’età anagrafica e si fonda esclusivamente sul requisito contributivo, pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e a 41 anni e 10 mesi per le donne. Queste due modalità continuano a rappresentare l’asse portante del sistema, ma non saranno le uniche strade percorribili.
Una prima forma di anticipo riguarda i lavoratori addetti ad attività considerate particolarmente gravose. Per queste categorie, anche nel 2026 è previsto un accesso anticipato alla pensione di vecchiaia, fissato a 66 anni e 7 mesi, in deroga al requisito ordinario dei 67 anni. A tale possibilità si accompagna il requisito contributivo minimo di 30 anni di versamenti. Si tratta di una deroga temporanea, legata al mancato adeguamento dei requisiti alla speranza di vita, destinata a esaurirsi a partire dal 2027, ma che nel 2026 continua a incidere concretamente sulle scelte di chi svolge lavori fisicamente usuranti.
Resta inoltre operativa una disciplina di favore che consente, in casi ben delimitati, di accedere alla pensione di vecchiaia con un requisito contributivo ridotto a 15 anni. Questa possibilità non è generalizzata, ma riguarda esclusivamente lavoratori che rientrano in specifiche condizioni storiche, come chi risultava già assicurato prima del 1992 o chi ha ottenuto l’autorizzazione ai versamenti volontari entro determinate date. Pur trattandosi di una platea sempre più ristretta, la norma continua a produrre effetti anche nel 2026, rappresentando una delle eccezioni più significative al principio dei 20 anni di contribuzione.
Un capitolo rilevante riguarda le lavoratrici madri inserite interamente nel sistema contributivo. Per il 2026 viene confermata la possibilità di beneficiare di uno sconto sull’età pensionabile in presenza di figli, con una riduzione che può arrivare fino a 16 mesi per chi ha avuto almeno quattro figli. In concreto, questo meccanismo consente di anticipare l’accesso alla pensione di vecchiaia rispetto ai 67 anni, riconoscendo un correttivo alle carriere lavorative segnate da interruzioni legate alla maternità. Si tratta di una misura che incide direttamente sul requisito anagrafico, senza modificare quello contributivo minimo, che resta fissato a 20 anni.
Ulteriori canali di anticipo sono previsti per i lavoratori con disabilità. In presenza di una riduzione della capacità lavorativa pari o superiore all’80%, il sistema consente l’accesso alla pensione di vecchiaia con un requisito anagrafico significativamente ridotto, fissato a 61 anni per gli uomini e a 56 anni per le donne, sempre a condizione che risultino maturati almeno 20 anni di contributi. A ciò si aggiunge un ulteriore vantaggio contributivo per chi ha un’invalidità pari almeno al 74%, consistente nel riconoscimento di una maggiorazione contributiva per ogni anno di lavoro svolto in tali condizioni, fino a un limite massimo complessivo.
Anche nel 2026 resta in vigore l’Ape sociale, che continua a rappresentare uno strumento di accompagnamento alla pensione per determinate categorie di lavoratori. L’accesso è subordinato al compimento di 63 anni e 5 mesi di età e al possesso di un’anzianità contributiva minima di 30 anni, che sale a 36 anni per chi svolge attività gravose. Per le lavoratrici sono previsti ulteriori sconti contributivi legati alla presenza di figli, che possono ridurre il requisito richiesto. L’Ape sociale non costituisce una pensione definitiva, ma un sostegno economico che accompagna il lavoratore fino al raggiungimento dei requisiti per il trattamento pensionistico ordinario.
Le regole di base restano quelle consolidate. La pensione di vecchiaia è accessibile al compimento dei 67 anni di età, a condizione che il lavoratore abbia maturato almeno 20 anni di contribuzione. Accanto a questa, c’è la pensione anticipata ordinaria, che prescinde dall’età anagrafica e si fonda esclusivamente sul requisito contributivo, pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e a 41 anni e 10 mesi per le donne. Queste due modalità continuano a rappresentare l’asse portante del sistema, ma non saranno le uniche strade percorribili.
Una prima forma di anticipo riguarda i lavoratori addetti ad attività considerate particolarmente gravose. Per queste categorie, anche nel 2026 è previsto un accesso anticipato alla pensione di vecchiaia, fissato a 66 anni e 7 mesi, in deroga al requisito ordinario dei 67 anni. A tale possibilità si accompagna il requisito contributivo minimo di 30 anni di versamenti. Si tratta di una deroga temporanea, legata al mancato adeguamento dei requisiti alla speranza di vita, destinata a esaurirsi a partire dal 2027, ma che nel 2026 continua a incidere concretamente sulle scelte di chi svolge lavori fisicamente usuranti.
Resta inoltre operativa una disciplina di favore che consente, in casi ben delimitati, di accedere alla pensione di vecchiaia con un requisito contributivo ridotto a 15 anni. Questa possibilità non è generalizzata, ma riguarda esclusivamente lavoratori che rientrano in specifiche condizioni storiche, come chi risultava già assicurato prima del 1992 o chi ha ottenuto l’autorizzazione ai versamenti volontari entro determinate date. Pur trattandosi di una platea sempre più ristretta, la norma continua a produrre effetti anche nel 2026, rappresentando una delle eccezioni più significative al principio dei 20 anni di contribuzione.
Un capitolo rilevante riguarda le lavoratrici madri inserite interamente nel sistema contributivo. Per il 2026 viene confermata la possibilità di beneficiare di uno sconto sull’età pensionabile in presenza di figli, con una riduzione che può arrivare fino a 16 mesi per chi ha avuto almeno quattro figli. In concreto, questo meccanismo consente di anticipare l’accesso alla pensione di vecchiaia rispetto ai 67 anni, riconoscendo un correttivo alle carriere lavorative segnate da interruzioni legate alla maternità. Si tratta di una misura che incide direttamente sul requisito anagrafico, senza modificare quello contributivo minimo, che resta fissato a 20 anni.
Ulteriori canali di anticipo sono previsti per i lavoratori con disabilità. In presenza di una riduzione della capacità lavorativa pari o superiore all’80%, il sistema consente l’accesso alla pensione di vecchiaia con un requisito anagrafico significativamente ridotto, fissato a 61 anni per gli uomini e a 56 anni per le donne, sempre a condizione che risultino maturati almeno 20 anni di contributi. A ciò si aggiunge un ulteriore vantaggio contributivo per chi ha un’invalidità pari almeno al 74%, consistente nel riconoscimento di una maggiorazione contributiva per ogni anno di lavoro svolto in tali condizioni, fino a un limite massimo complessivo.
Anche nel 2026 resta in vigore l’Ape sociale, che continua a rappresentare uno strumento di accompagnamento alla pensione per determinate categorie di lavoratori. L’accesso è subordinato al compimento di 63 anni e 5 mesi di età e al possesso di un’anzianità contributiva minima di 30 anni, che sale a 36 anni per chi svolge attività gravose. Per le lavoratrici sono previsti ulteriori sconti contributivi legati alla presenza di figli, che possono ridurre il requisito richiesto. L’Ape sociale non costituisce una pensione definitiva, ma un sostegno economico che accompagna il lavoratore fino al raggiungimento dei requisiti per il trattamento pensionistico ordinario.