La recentissima circolare 9/E delle Entrate illustra i criteri aggiornati di accesso al concordato preventivo biennale, dettagliando le conseguenze per chi sarà fuori dall'accordo con il Fisco. Il documento è particolarmente utile perché è una sorta di vademecum sulle regole in vigore e contiene anche le risposte ai più ricorrenti quesiti sull'argomento, alla luce del decreto correttivo 81/2025.
Il concordato è previsto dalla legge come istituto mirato a favorire l'adempimento spontaneo degli obblighi dichiarativi. Possono accedervi i contribuenti esercenti attività d'impresa, arti o professioni che applicano i cc.dd. Indici sintetici di affidabilità (ISA) di cui all'art. 9-bis del D.L. 50/2017. Sostanzialmente, si tratta di un patto con il Fisco con cui - per un biennio - il contribuente può pagare le tasse non in relazione agli effettivi guadagni, bensì sulla scorta di quanto preventivato dalla stessa Amministrazione finanziaria. Ma attenzione, perché la legge impedisce l'accesso allo strumento agevolativo in presenza di debiti maturati in anni precedenti per tributi amministrati dall'Agenzia, o debiti di natura contributiva.
Ebbene - proprio in riferimento a questi temi - la citata circolare del 24 giugno scorso avverte che aumenteranno gli accertamenti sui conti correnti, investimenti e depositi delle partite Iva che non aderiscono, o che non hanno valutato positivamente la proposta del concordato (biennio 2025-2026), nonché nei confronti dei contribuenti che decadono dagli effetti dello strumento. Infatti, come si può leggere nel documento, le verifiche dell'Agenzia e della G.d.F. si avvarranno della "programmazione di una maggiore capacità operativa". Come già previsto dall'art. 34, comma 2 del D.Lgs. 13/2024, si tratterà di controlli incrociati grazie all'utilizzo di tutte le informazioni contenute nelle banche dati disponibili, anche attraverso interconnessione tra loro e con quelle di archivi e registri pubblici, comprese altresì quelle nell'Anagrafe dei conti finanziari.
In sintesi, chi non aderisce all'accordo vedrà salire le probabilità di divenire bersaglio di verifiche su possibili indicatori di pericolosità e di irregolarità fiscali. E proprio gli incroci tra i dati dichiarativi, i conti correnti e le informazioni già in possesso delle istituzioni permetteranno di ricostruire profili di rischio più accurati, agevolando l'attività di accertamento nel suo complesso. Invece, chi aderisce al concordato biennale potrà giovarsi di un alleggerimento o limitazione dell'attività accertativa, sotto il profilo qualitativo. Tuttavia, ciò non significherà totale immunità dai controlli, ma soltanto una riduzione del rischio di accertamenti fondati su presunzioni semplici.
Non solo. Come stabilito dalla legge 143/2024, a rendere più rigoroso lo scenario è altresì il dimezzamento delle soglie, da cui scattano le sanzioni accessorie in materia di imposte dirette e Iva, previste dall'art. 12 del D.Lgs. 471/1997. In particolare, chi sarà colto in violazione - oppure chi decadrà dal concordato dopo aver aderito - rischia adesso l'esclusione dagli appalti pubblici, l'interdizione dalle cariche societarie o la sospensione dall'esercizio dell'attività.
Il concordato è previsto dalla legge come istituto mirato a favorire l'adempimento spontaneo degli obblighi dichiarativi. Possono accedervi i contribuenti esercenti attività d'impresa, arti o professioni che applicano i cc.dd. Indici sintetici di affidabilità (ISA) di cui all'art. 9-bis del D.L. 50/2017. Sostanzialmente, si tratta di un patto con il Fisco con cui - per un biennio - il contribuente può pagare le tasse non in relazione agli effettivi guadagni, bensì sulla scorta di quanto preventivato dalla stessa Amministrazione finanziaria. Ma attenzione, perché la legge impedisce l'accesso allo strumento agevolativo in presenza di debiti maturati in anni precedenti per tributi amministrati dall'Agenzia, o debiti di natura contributiva.
Ebbene - proprio in riferimento a questi temi - la citata circolare del 24 giugno scorso avverte che aumenteranno gli accertamenti sui conti correnti, investimenti e depositi delle partite Iva che non aderiscono, o che non hanno valutato positivamente la proposta del concordato (biennio 2025-2026), nonché nei confronti dei contribuenti che decadono dagli effetti dello strumento. Infatti, come si può leggere nel documento, le verifiche dell'Agenzia e della G.d.F. si avvarranno della "programmazione di una maggiore capacità operativa". Come già previsto dall'art. 34, comma 2 del D.Lgs. 13/2024, si tratterà di controlli incrociati grazie all'utilizzo di tutte le informazioni contenute nelle banche dati disponibili, anche attraverso interconnessione tra loro e con quelle di archivi e registri pubblici, comprese altresì quelle nell'Anagrafe dei conti finanziari.
In sintesi, chi non aderisce all'accordo vedrà salire le probabilità di divenire bersaglio di verifiche su possibili indicatori di pericolosità e di irregolarità fiscali. E proprio gli incroci tra i dati dichiarativi, i conti correnti e le informazioni già in possesso delle istituzioni permetteranno di ricostruire profili di rischio più accurati, agevolando l'attività di accertamento nel suo complesso. Invece, chi aderisce al concordato biennale potrà giovarsi di un alleggerimento o limitazione dell'attività accertativa, sotto il profilo qualitativo. Tuttavia, ciò non significherà totale immunità dai controlli, ma soltanto una riduzione del rischio di accertamenti fondati su presunzioni semplici.
Non solo. Come stabilito dalla legge 143/2024, a rendere più rigoroso lo scenario è altresì il dimezzamento delle soglie, da cui scattano le sanzioni accessorie in materia di imposte dirette e Iva, previste dall'art. 12 del D.Lgs. 471/1997. In particolare, chi sarà colto in violazione - oppure chi decadrà dal concordato dopo aver aderito - rischia adesso l'esclusione dagli appalti pubblici, l'interdizione dalle cariche societarie o la sospensione dall'esercizio dell'attività.