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Partite IVA, ecco tutte le novità 2026 del regime forfettario: gli aggiornamenti e le nuove modifiche

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Partite IVA, ecco tutte le novità 2026 del regime forfettario: gli aggiornamenti e le nuove modifiche
Quali novità attendono i lavoratori dipendenti che intendono avviare nel 2026 un’attività con il regime forfettario? Scopriamole insieme
In via generale il regime forfettario è un regime fiscale agevolato, destinato alle persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni con ricavi/compensi annui incassati non superiori a 85.000 euro.
La Legge 30 dicembre 2024, n. 207 - Legge di bilancio 2025 - ha introdotto novità importanti per chi opera in regime forfettario, offrendo diverse opportunità con vantaggi fiscali e una maggiore accessibilità per i lavoratori dipendenti e i neoimprenditori.

Una delle principali novità riguarda il limite di reddito per i lavoratori dipendenti che intendono avviare un’attività con il regime forfettario. La soglia di reddito per lavoro dipendente o assimilato è stata alzata a 35.000 euro lordi annui.
Il legislatore, in particolare, era intervenuto sull'articolo 1, comma 57, della legge n. 190 del 2014, modificando la formulazione originaria, la quale stabiliva che non potessero accedere al regime forfettario i soggetti che, nell’anno precedente, avessero percepito redditi da lavoro dipendente e da redditi assimilati (come pensioni, cassa integrazione, collaborazioni coordinate e continuative, compensi agli amministratori di società) superiori a 30.000 euro.
Per chi avvia una nuova attività, la normativa prevede un’ulteriore agevolazione: il cosiddetto regime forfettario start up, che consente di applicare un’imposta sostitutiva ridotta al 5% per i primi cinque anni. Per beneficiarne è necessario non aver svolto attività d’impresa o professionale nei tre anni precedenti e che la nuova attività non rappresenti una prosecuzione sostanziale di un lavoro già svolto come dipendente o autonomo.
Oltre alla tassazione, un altro elemento centrale riguarda i contributi previdenziali, che variano in base alla tipologia di attività. I professionisti senza cassa previdenziale sono iscritti alla Gestione Separata INPS, dove i contributi sono calcolati esclusivamente sul reddito prodotto e non prevedono minimi fissi. Chi, invece, appartiene a una categoria con cassa autonoma segue le regole del proprio ente previdenziale.
Diverso è il discorso per artigiani e commercianti, iscritti alla gestione INPS dedicata. In questo caso sono previsti contributi fissi annuali, a cui si aggiungono eventuali contributi eccedenti se il reddito supera il minimale. Per chi aderisce al regime forfettario è, però, possibile richiedere una riduzione del 35% dei contributi, con un alleggerimento significativo dei versamenti, pur tenendo conto dell’impatto sulla futura pensione.

Negli ultimi anni il regime forfettario non ha subito modifiche rilevanti e, salvo sorprese legate alla legge di bilancio, le regole dovrebbero restare sostanzialmente invariate anche per il 2026.

Per chi opera in regime forfettario, il mese di dicembre è un passaggio decisivo. È il momento in cui fare il punto della situazione e verificare se, anche nel 2026, sarà possibile continuare a beneficiare della flat tax. I controlli di fine anno riguardano diversi aspetti: l’ammontare dei ricavi e dei compensi, eventuali redditi da lavoro dipendente o da pensione, le spese sostenute per dipendenti e collaboratori e, non da ultimo, la presenza di cause ostative che potrebbero far decadere il regime agevolato.
Un’analisi accurata dei dati entro il 31 dicembre consente di evitare errori che possono rivelarsi costosi, come l’uscita forzata dal regime forfettario e il conseguente passaggio al regime ordinario, spesso molto più oneroso per professionisti e piccole imprese. Il primo controllo da effettuare riguarda il fatturato complessivo realizzato tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2025. Per poter applicare il regime forfettario nel 2026 è necessario non superare la soglia di 85.000 euro di ricavi o compensi.
Se questo limite viene oltrepassato, si possono verificare due situazioni differenti. Nel caso in cui i ricavi superino gli 85.000 euro ma restino sotto i 100.000 euro, il contribuente potrà continuare ad applicare il forfettario per il 2025, ma dal 1° gennaio 2026 passerà automaticamente al regime ordinario. Se, invece, durante l’anno viene superata la soglia dei 100.000 euro, la fuoriuscita dal regime agevolato è immediata e la flat tax cessa di applicarsi già nello stesso anno.

Per questo motivo è fondamentale monitorare con attenzione l’andamento degli incassi durante tutto l’anno, con un controllo puntuale a dicembre, così da non superare involontariamente le soglie che determinano la permanenza o l’uscita dal regime forfettario. Nel regime forfettario vale il criterio di cassa. Ai fini del calcolo del limite di 85.000 euro, contano esclusivamente i ricavi e i compensi effettivamente incassati, indipendentemente dalla data di emissione della fattura.
Una fattura emessa a dicembre 2025 ma incassata nel 2026, ad esempio, non rileva per il conteggio dei ricavi 2025, ma inciderà sul limite dell’anno successivo. Al contrario, una fattura emessa nel 2024 e incassata nel 2025 rientra nel calcolo del fatturato 2025. Comprendere bene questo meccanismo è essenziale per stimare correttamente i ricavi e non commettere errori nella verifica dei requisiti.
Oltre ai ricavi della partita IVA, è necessario controllare anche la presenza di redditi da lavoro dipendente o di pensione. Per mantenere il regime forfettario nel 2026, tali redditi non devono superare i 35.000 euro annui, soglia confermata anche per il prossimo anno.

Il limite va verificato considerando i redditi percepiti nell’anno, al netto degli oneri deducibili, ma senza includere le somme soggette a tassazione separata. La verifica non è richiesta solo nel caso in cui il rapporto di lavoro dipendente sia cessato nel corso del 2025 e, nello stesso anno, non siano stati percepiti altri redditi di lavoro o pensione. In tutti gli altri casi, il superamento della soglia comporta la perdita del regime forfettario.
Un altro aspetto cruciale riguarda le spese per il personale. Il regime forfettario prevede un limite massimo di 20.000 euro annui per le somme corrisposte a dipendenti, collaboratori, lavoratori a progetto e figure assimilabili. Il superamento di questa soglia comporta l’uscita dal regime agevolato a partire dall’anno successivo.

Questa regola serve a mantenere il forfettario come strumento destinato a professionisti e micro imprese con una struttura organizzativa semplice, escludendo realtà con costi del personale elevati.

Attenzione anche a rapporti e partecipazioni: è necessario verificare anche l’assenza delle cause ostative previste dalla normativa. Tra le principali rientrano la prevalenza dei compensi fatturati verso un ex datore di lavoro degli ultimi due anni, la partecipazione in società di persone o imprese familiari.
Anche in presenza di ricavi e spese nei limiti, questi elementi possono determinare l’esclusione dal regime forfettario. Trascurare queste verifiche può avere conseguenze rilevanti: recupero delle imposte non versate, applicazione della tassazione ordinaria, sanzioni e interessi. L’Agenzia delle Entrate può inoltre effettuare controlli incrociati su fatturato, rapporti di lavoro, partecipazioni societarie e movimenti bancari.

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