Chiariamo subito che, in Italia, la prostituzione in sé non è reato, ma esistono norme molto severe contro chi sfrutta, organizza o favorisce tale attività.
Il riferimento normativo principale resta la legge Merlin del 1958, che punisce l’induzione e il favoreggiamento alla prostituzione, il reclutamento di soggetti per finalità sessuali e la gestione di case chiuse.
Ed è proprio a causa di tale substrato normativo che il nuovo codice Ateco suscita perplessità: la descrizione, infatti, include espressamente la “fornitura o organizzazione di servizi sessuali”, oltre alla gestione di locali e incontri legati alla prostituzione. Secondo alcuni, questo linguaggio rischia di entrare in collisione con i divieti esistenti in tema di induzione e favoreggiamento.
L’inquadramento fiscale: partita Iva, regime forfettario e obblighi contributivi
Il Codice Ateco è formato da una combinazione alfanumerica che identifica l'attività economica svolta dall'impresa: le lettere individuano il macro-settore economico di appartenenza; i numeri invece rappresentano categorie e sottocategorie dei settori di riferimento. Secondo la definizione datane dall’ISTAT, l’Ateco è la “classificazione delle attività economiche adottata dall’Istat per finalità statistiche cioè per la produzione e la diffusione di dati statistici ufficiali”.
Ebbene, con l’introduzione del codice 96.99.22, i lavoratori del settore possono ora regolarizzare la propria posizione fiscale, con conseguente possibilità di aprire una partita Iva, optare per il regime ordinario o forfettario, emettere fattura e adempiere agli obblighi contributivi previsti da INPS e Agenzia delle Entrate.
La misura si inserisce in un più ampio disegno di equità fiscale, volto a includere anche i settori storicamente sommersi. Ma rimane aperta una questione: la privacy dei clienti. Così come accade per i professionisti sanitari, è lecito domandarsi se, anche per questo tipo di prestazioni, si dovrà evitare l’invio delle fatture elettroniche tramite Sistema di Interscambio, al fine di garantire la riservatezza dei dati personali.
L’Istat risponde
La replica dell’Istat non si è fatta attendere. L’ente ha chiarito che il nuovo codice Ateco recepisce la classificazione NACE Rev. 2.1 adottata a livello comunitario, che include anche le attività legate all’offerta di servizi sessuali, per assicurare uniformità e comparabilità dei dati statistici tra i Paesi membri.
Va ricordato, tuttavia, che l’adeguamento alla classificazione UE non implica alcuna legittimazione automatica delle attività vietate dalla legge italiana. Il codice serve solo per fini statistici, fiscali e previdenziali e non modifica in alcun modo il quadro normativo vigente.