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Offese sui social alla ex moglie? È diffamazione

Famiglia - -
Offese sui social alla ex moglie? È diffamazione
L'offesa sui social rivolto alla ex non può essere giustificata dallo stato d'ira.
La diffamazione è disciplinata dall'art. 595 c.p.. Il reato punisce chiunque offenda la reputazione di un'altra persona.
Il bene giuridico tutelato è quindi la reputazione, vista come la stima che gli altri hanno della sfera morale di una persona, nell'ambiente in cui essa vive, la quale riceve tutela dalla legge come interesse del soggetto alla sua conservazione e al suo rispetto da parte dei consociati.

I presupposti per la configurazione del reato di diffamazione sono l'offesa dell'altrui reputazione, l'impossibilità, per il soggetto passivo, di percepire fisicamente l'offesa arrecatagli ed, infine, la presenza di almeno due persone.

Partendo da questi presupposti, la Cassazione si è interrogata se delle frasi offensive pubblicate dall'ex marito sulla pagina Facebook della ex moglie possano essere considerate diffamazione o se sia un comportamento giustificabile dallo stato d'ira.

Nel caso di specie, la Suprema Corte ha confermato la configurazione del reato di diffamazione. Rileva, infatti, la mancanza del nesso di causalità tra la reazione dell'imputato e il fatto asseritamente ingiusto. La Corte non ha, quindi, ritenuto condivisibile la richiesta di applicazione dell'esimente dell'art. 599, comma 2, c.p., che prevede una vera e propria causa di esclusione della punibilità, qualora le parole diffamatorie siano pronunciato immediatamente dopo aver subito un fatto ingiusto ed in conseguenza di esso.
Secondo l'orientamento maggioritario, "nel reato di diffamazione, ai fini della configurabilità dell'esimente di cui all'art. 599 c.p., pur non rilevando la proporzione tra la reazione e il fatto ingiusto altrui, è tuttavia necessario che sussista un decisivo nesso di causalità tra il fatto provocatorio e il fatto provocato, non essendo sufficiente il legame di mera occasionalità (Cass. civ., n. 39508 del 11/05/2012)".

La Corte ha, in conclusione, dichiarato inammissibile il ricorso, rigettando l'ipotesi che lo stato d’ira per una separazione complicata possa costituire un’esimente per l’ex marito che insulta l’ex moglie sui social media.


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