È notizia di questi giorni che il Governo si accinge a portare in Consiglio dei ministri la riforma del Testo unico dell’edilizia, un provvedimento che punta a riordinare l’intero settore: dalle norme sulle costruzioni alle procedure per sanare gli abusi edilizi più datati, fino alla revisione delle sanzioni e alla razionalizzazione delle agevolazioni.
Il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini respinge le critiche arrivate nelle ultime ore: “Non è una sanatoria. Vogliamo regole più chiare, semplici e non ambigue, per evitare continui contenziosi”. A smentire l’ipotesi di condono è intervenuto anche il ministero con una nota ufficiale, spiegando che l’intento della delega è quello di fornire al settore un Codice dell’edilizia unitario e facile da applicare, così da ridurre le interpretazioni controverse come quelle che, oggi, coinvolgono ad esempio il Comune di Milano.
Diversa la posizione del centrosinistra, che accusa l’esecutivo di voler introdurre un nuovo condono mascherato. Il leader dei Verdi Angelo Bonelli arriva a definire le misure “criminogene”, convinto che facilitino la regolarizzazione di abusi già compiuti.
Ma quali sono le novità in arrivo?
La bozza di delega si compone di cinque articoli e fissa i principi che guideranno i decreti attuativi da adottare entro dodici mesi. Il testo prevede la razionalizzazione e semplificazione della normativa esistente, con l’obiettivo di riunire in un corpus omogeneo tutte le disposizioni in materia edilizia e tecnica delle costruzioni. Il riordino dovrà tenere conto anche delle norme su tutela paesaggistica e idrogeologica, sicurezza, barriere architettoniche, beni culturali e profili fiscali.
Un capitolo centrale è quello delle semplificazioni, che mira a fissare standard procedurali minimi e uniformi su tutto il territorio nazionale. La riforma punta, inoltre, a stabilire una classificazione chiara delle diverse forme di difformità edilizia e a individuare quali irregolarità possano essere sanate, in coerenza con le norme già in vigore.
Per quanto riguarda gli abusi realizzati prima del 6 agosto 1967, considerati “storici”, la delega prevede procedure più snelle per ottenere i titoli in sanatoria, fissando termini perentori per la presentazione delle domande, da inoltrare comunque prima dell’applicazione delle sanzioni.
Sul fronte punitivo, l’obiettivo è rendere le sanzioni più proporzionate alla gravità dell’abuso e al valore delle opere, con particolare attenzione agli immobili soggetti a vincoli. Dove la sanatoria non è possibile, saranno previsti percorsi semplificati per il ripristino dello stato originario, responsabilizzando maggiormente proprietari e aventi diritto.
Il Governo intende mettere ordine anche nel complesso sistema delle agevolazioni pubbliche: contributi, incentivi e benefici fiscali non potranno più essere concessi quando esistono difformità edilizie non sanabili, così da evitare che risorse statali o enti pubblici finiscano su opere irregolari.
Il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini respinge le critiche arrivate nelle ultime ore: “Non è una sanatoria. Vogliamo regole più chiare, semplici e non ambigue, per evitare continui contenziosi”. A smentire l’ipotesi di condono è intervenuto anche il ministero con una nota ufficiale, spiegando che l’intento della delega è quello di fornire al settore un Codice dell’edilizia unitario e facile da applicare, così da ridurre le interpretazioni controverse come quelle che, oggi, coinvolgono ad esempio il Comune di Milano.
Diversa la posizione del centrosinistra, che accusa l’esecutivo di voler introdurre un nuovo condono mascherato. Il leader dei Verdi Angelo Bonelli arriva a definire le misure “criminogene”, convinto che facilitino la regolarizzazione di abusi già compiuti.
Ma quali sono le novità in arrivo?
La bozza di delega si compone di cinque articoli e fissa i principi che guideranno i decreti attuativi da adottare entro dodici mesi. Il testo prevede la razionalizzazione e semplificazione della normativa esistente, con l’obiettivo di riunire in un corpus omogeneo tutte le disposizioni in materia edilizia e tecnica delle costruzioni. Il riordino dovrà tenere conto anche delle norme su tutela paesaggistica e idrogeologica, sicurezza, barriere architettoniche, beni culturali e profili fiscali.
Un capitolo centrale è quello delle semplificazioni, che mira a fissare standard procedurali minimi e uniformi su tutto il territorio nazionale. La riforma punta, inoltre, a stabilire una classificazione chiara delle diverse forme di difformità edilizia e a individuare quali irregolarità possano essere sanate, in coerenza con le norme già in vigore.
Per quanto riguarda gli abusi realizzati prima del 6 agosto 1967, considerati “storici”, la delega prevede procedure più snelle per ottenere i titoli in sanatoria, fissando termini perentori per la presentazione delle domande, da inoltrare comunque prima dell’applicazione delle sanzioni.
Sul fronte punitivo, l’obiettivo è rendere le sanzioni più proporzionate alla gravità dell’abuso e al valore delle opere, con particolare attenzione agli immobili soggetti a vincoli. Dove la sanatoria non è possibile, saranno previsti percorsi semplificati per il ripristino dello stato originario, responsabilizzando maggiormente proprietari e aventi diritto.
Il Governo intende mettere ordine anche nel complesso sistema delle agevolazioni pubbliche: contributi, incentivi e benefici fiscali non potranno più essere concessi quando esistono difformità edilizie non sanabili, così da evitare che risorse statali o enti pubblici finiscano su opere irregolari.
Infine, non può trascurarsi di menzionare il recente intervento del legislatore nell'ordito della L. 2 dicembre 2025, n. 182 su uno degli aspetti più sensibili dell’edilizia: l’applicazione del silenzio-assenso quando l’intervento riguarda immobili sottoposti a vincolo. Sul punto la versione originaria del comma 8 dell’art. 20 del D.P.R. n. 380 del 2001 escludeva in modo assoluto che il silenzio potesse formarsi quando l’intervento insisteva su beni vincolati sotto il profilo idrogeologico, ambientale, paesaggistico o culturale.
Di conseguenza, anche qualora il progetto avesse già ottenuto valutazioni favorevoli dagli enti competenti, il solo fatto che l’area fosse vincolata era sufficiente a impedire la formazione del silenzio-assenso. Adesso la presenza del vincolo non rappresenta più un ostacolo automatico: lo diventa solo nel caso in cui manchino gli atti di assenso delle amministrazioni competenti. In altre parole, il vincolo non è più una barriera di per sé, ma lo diventa soltanto se l’autorità preposta non si è espressa.