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Minaccia l'allievo con un coltello

Minaccia l'allievo con un coltello
Condannato l'insegnante che minaccia l'allievo con un coltello a serramanico.
La Corte di Cassazione penale, con la sentenza n. 35018 del 18 agosto 2016, si è pronunciata in ordine ad un interessante caso in cui un insegnante era stato ritenuto colpevole del reato di “minaccia di morte” (art. 612 cod. pen.).

Nel caso di specie, l’imputato era stato accusato di aver minacciato un allievo, dicendogli “stai zitto o ti squarcio”, mediante l’uso di un coltello a serramanico.

L’imputato si era difeso, affermando “da un lato di non aver detto 'ti squarcio', ma 'ti sguincio', dall'altro che la sua reazione di estrarre il coltello, sollecitata dall'alunno, era stata di tipo scherzoso sicchè nessuno si era spaventato e la cosa si era risolta in una risata generale”.

A seguito della condanna in primo e secondo grado, l’insegnante proponeva ricorso per Cassazione, evidenziando come la condotta posta in essere fosse del tutto inoffensiva, in quanto la frase pronunciata era scherzosa e diversa da quella ritenuta dai Giudici.

Inoltre, “il coltello era stato mostrato non contemporaneamente, ma dopo la richiesta dell'alunno, per nulla intimorito”.

La Corte di Cassazione, tuttavia, riteneva di dover confermare la decisione dei giudici dei precedenti gradi di giudizio.

Secondo la Corte, infatti, la questione dell’applicabilità, al caso di specie, dell’art. 612 cod. pen. e “dell'idoneità intimidatrice della condotta dell'imputato”, era stata “correttamente affrontata e motivatamente risolta in senso positivo dai giudici di merito”, i quali avevano fatto riferimento alle dichiarazioni della persona offesa, che erano state confermate “da quelle, convergenti, degli altri ragazzi presenti e riscontrate da quelle, de relato, della dirigente scolastica, secondo le quali l'insegnante, infastidito (a suo stesso dire 'seccato') dal comportamento del C. durante l'interrogazione di una compagna, gli aveva detto ti squarcio e poi, quando il ragazzo gli aveva risposto se ha il coltello lo faccia, aveva estratto il coltello, lo aveva aperto ed esibito all'allievo”.

Di conseguenza, dalla ricostruzione dei fatti era emersa “una minaccia seria che aveva spaventato il ragazzo”, con la conseguenza che la decisione di condanna dell’imputato doveva ritenersi del tutto corretta.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.


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