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Marito picchia la moglie ma la crisi coniugale c'era già da prima

Famiglia - -
Marito picchia la moglie ma la crisi coniugale c'era già da prima
Niente addebito della separazione per il marito che picchia la moglie, se i comportamenti violenti sono cominciati dopo l'inizio della crisi coniugale.
Il Tribunale di Trento, con la sentenza n. 394 del 19 aprile 2016, ha fornito alcune interessanti indicazioni in merito all’addebitabilità della separazione (art. 151 codice civile) e alla quantificazione dell’assegno di mantenimento (art. 155 codice civile), disposto in sede di separazione personale fra i coniugi.

Nel caso di specie, il marito aveva chiesto al giudice la pronuncia della separazione e la moglie aveva chiesto che la separazione medesima fosse addebitata al marito, il quale, nel 2010, avrebbe instaurato una relazione extraconiugale e avrebbe tenuto nei confronti della moglie, comportamentiirrispettosi, ingiuriosi, minatori e violenti”.

Il Tribunale, tuttavia, non riteneva di poter accogliere la domanda di addebito in relazione all’asserita relazione extraconiugale, che non aveva trovato riscontro nell’istruttoria effettuata, dalla quale non erano emersi “oggettivi elementi di fatto da cui desumere l’effettiva sussistenza della dedotta violazione, da parte del ricorrente, dell’obbligo di fedeltà coniugale”.

Per quanto riguarda, invece, il secondo motivo di addebito, il Tribunale osservava come il Comandante dei Carabinieri, interrogato sul punto, avesse affermato di essersi recato nel marzo 2012 presso l’abitazione dei coniugi , su richiesta della moglie, “la quale, nella circostanza gli riferì di essere stata colpita con un pugno dal marito”.

Il Comandante, inoltre, aveva dichiarato di aver notato che la moglie aveva un livido sul naso e che il marito gli aveva confermato di “aver realmente colpito la moglie in un momento di nervosismo”.

Peraltro, la moglie aveva provveduto, altresì, a presentare denuncia–querela contro il marito, proprio con riferimento a quest’episodio, il quale trovava conferma anche nell’allegata certificazione medica, da cui risulta “un trauma contusivo al naso”.

Nonostante ciò, tuttavia, secondo il giudice non sussistevano le condizioni per l’accoglimento della domanda di addebito, in quanto, stando a quanto dichiarato dalla moglie ai Carabinieri, in occasione della querela presentata contro il marito, “le pregresse condotte violente di quest’ultimo (…) si collocano in un periodo in cui i due coniugi avevano già deciso di separarsi”.

Di conseguenza, doveva ritenersi che “all’epoca della prima lesione oggetto di denuncia fosse già deflagrata la crisi matrimoniale, come peraltro può desumersi anche dalla deposizione della teste Be.Do. (figlia della coppia), la quale ha riferito “molto spesso ho avuto modo di assistere a litigi fra i miei genitori. Sono anni che litigano, almeno da sette – otto. Litigano anche per ragioni futili, probabilmente non hanno caratteri compatibili”.

Pertanto, secondo il giudice, le condotte aggressive del marito, poste a fondamento della domanda di addebito, “seppure effettivamente provate (…) e ovviamente riprovevoli, in quanto lesive di beni e diritti fondamentali della persona, non appaiono però valorizzabili ai fini per cui si procede, in quanto – essendo, come detto, temporalmente collocabili in un periodo in cui i due coniugi avevano già iniziato “le pratiche della separazione”, dunque quando verosimilmente la convivenza era, di fatto, già divenuta intollerabile, non appaiono in grado di assurgere a causa efficiente della compromissione del rapporto matrimoniale e, quindi, della separazione”.

In proposito, occorre, infatti, ricordare che, ai sensi dell’art. 151 codice civile, l’addebito della separazione può essere chiesto laddove la separazione sia riconducibile alla violazione dei doveri coniugali da parte di un coniuge, il quale, con il suo comportamento, deve aver determinato la decisione di addivenire alla separazione.

Di conseguenza, non è sufficiente una qualsiasi violazione per potersi pronunciare l’addebito, essendo necessario che la violazione stessa sia stata la causa della fine del matrimonio.

Nel caso di specie, dunque, poiché le aggressioni erano intervenute quando il matrimonio era già in crisi, la decisione di separarsi non poteva ricondursi ai comportamenti violenti del marito, con la conseguenza che non poteva essere accolta la relativa domanda di addebito.

Per quanto riguardava, invece, le questioni patrimoniali, il giudice, dopo aver rilevato che il marito era “titolare di ditta individuale dedita al commercio di bestiame” e dopo aver valutato il reddito maturato negli anni precedenti, osservava che, nei primi due anni di causa, il marito aveva donato alle due figlie dei beni immobili, e al figlio un’ingente somma di denaro.

Alla luce degli ulteriori dati reddituali a disposizione, il giudice giungeva a poter presumere che “la potenziale redditività della ditta individuale del ricorrente, seppure attenuatasi rispetto al recente passato, allo stato non sia certo significativamente e irrimediabilmente compromessa (…) e che la flessione registrata nell’anno di imposta 2014 in relazione al reddito sia stata del tutto episodica, si da non assurgere a elemento sintomatico di una irreversibile crisi economico – finanziaria”.

Pertanto, secondo il Tribunale, prendendo in considerazione i redditi del marito, doveva ritenersi sussistente “un’apprezzabile disparità patrimoniale fra i due coniugi”, in favore del marito, visto che la moglie non risultava aver “mai tratto significative risorse pecuniarie dall’attività di coadiuvante dell’azienda agricola del figlio”.

I mezzi economici di cui disponeva la moglie, dunque, non risultavano “tali da consentirle di godere di un tenore di vita analogo a quello che avrebbe potuto avere in caso di prosecuzione della convivenza coniugale”, con la conseguenza che veniva ritenuto congruo quantificare il contributo mensile dovuto dal marito per il mantenimento della moglie nella somma di Euro 850,00.


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