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Licenziato perché pigro sul lavoro: se ti impegni poco e hai scarsa produttività puoi essere licenziato, la Cassazione

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Licenziato perché pigro sul lavoro: se ti impegni poco e hai scarsa produttività puoi essere licenziato, la Cassazione
Chiarimenti della Cassazione: se si sfora il parametro minimo di impegno e diligenza è legittimo il licenziamento
La locuzione “scarso rendimento” designa un inadempimento del lavoratore alla sua obbligazione principale, che è quella di svolgere la prestazione lavorativa,
In merito, con l’ ordinanza n. 10640/2024 del 19 aprile, la Corte di Cassazione ha ribadito l’indirizzo - già espresso in più occasioni - secondo cui lo “scarso rendimento”, in quanto indice di una prestazione inadeguata in termini quantitativi e qualitativi, costituisce un’ipotesi di recesso del datore per notevole inosservanza degli obblighi contrattuali del prestatore, che, a sua volta, si pone come specie della risoluzione per inadempimento, prevista dagli artt. 1453 e seguenti del codice civile.

In particolare la Cassazione evidenzia che, nel contratto di lavoro subordinato:
  • il lavoratore non è obbligato al raggiungimento di un risultato prefissato;
  • il lavoratore è obbligato alla messa a disposizione del datore di tutte le proprie competenze, conoscenze, energie, nei modi e nei tempi stabiliti dal contratto collettivo (CCNL);
  • il mancato raggiungimento del risultato stabilito non costituisce di per sé inadempimento, dato che si tratta di lavoro subordinato e non dell’obbligazione di compiere un’opera, un servizio o la realizzazione/compimento di un progetto (tipico del lavoro autonomo).

Tuttavia, qualora siano individuabili dei parametri per accertare che la prestazione sia eseguita con la diligenza, accortezza e professionalità medie, proprie delle mansioni affidate al lavoratore e delle declaratorie previste dai vari contratti collettivi, il discostamento dai detti parametri può costituire segno o indice di non esatta esecuzione della prestazione lavorativa. Ebbene in questo caso lo scarso rendimento è caratterizzato da colpa del lavoratore (Cass. civ. n. 16472/2015; Cass. civ. n. 17436/ 2015).

La Cassazione distingue ulteriormente:
  • le ipotesi in cui ci si dolga della condotta del lavoratore cui si addebitano forme di inadempimento rispetto alla prestazione attesa dal datore di lavoro, comunque ascrivibili alla sfera volitiva del dipendente, dando luogo al licenziamento c.d. “ontologicamente disciplinare”;
  • i casi riferibili alle ragioni organizzative dell’impresa e alle condizioni attinenti alla persona del lavoratore, quali la sopravvenuta inidoneità alla mansione per infermità fisica, la carcerazione, il ritiro della patente o la sospensione delle autorizzazioni amministrative, la mancanza del titolo professionale abilitante.

Deve cioè trattarsi di circostanze oggettive idonee a determinare la perdita d’interesse del datore di lavoro alla prestazione e che siano estranee alla sfera volitiva del soggetto, tali da non poter configurare, nella sostanza, un inadempimento imputabile.

Quando, poi, il recesso del datore di lavoro è collegato ad assenze per malattia del lavoratore, tanto nel caso di una sola affezione continuata che in quello del susseguirsi di diversi episodi morbosi, c.d. eccessiva morbilità, lo stesso è soggetto alle regole dettate dall’art. 2110 c.c., che prevalgono, per la loro specialità, sia sulla disciplina generale della risoluzione del contratto per sopravvenuta impossibilità parziale della prestazione lavorativa, sia sulla disciplina limitativa dei licenziamenti individuali. Ne consegue che il datore di lavoro non può recedere dal rapporto prima del superamento del periodo di comporto, il quale è predeterminato per legge dalla disciplina collettiva.

In definitiva, per poter legittimamente licenziare un lavoratore per scarso rendimento, è necessaria la contemporanea sussistenza di due presupposti che, in caso di contestazione, devono essere dimostrati in giudizio dal datore di lavoro:
  • Il licenziamento deve, innanzitutto, fondarsi su un elemento di carattere oggettivo, vale a dire l’esistenza di una notevole sproporzione tra i risultati conseguiti e gli obiettivi assegnati. Tuttavia, la valutazione di tale aspetto non deve essere effettuata in astratto, bensì utilizzando quale parametro un rendimento concretamente esigibile, che tenga conto del rendimento medio registrato da altri dipendenti in analoghe funzioni.
  • È necessario che la sproporzione tra i risultati attesi e quelli conseguiti sia imputabile al lavoratore, ovvero frutto di un colpevole e negligente inadempimento degli obblighi contrattuali gravanti sul lavoratore e non sia, invece, ascrivibile all’organizzazione del lavoro o ad altri fattori (Cass. 19 settembre 2016, n. 18317).


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