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Legge 104, da oggi il caregiver ha (quasi) gli stessi diritti del disabile come orari, turni e mansioni sul lavoro: CGUE

Legge 104, da oggi il caregiver ha (quasi) gli stessi diritti del disabile come orari, turni e mansioni sul lavoro: CGUE
Sino ad oggi, la normativa europea in materia di accomodamenti ragionevoli si è focalizzata principalmente sulla tutela dei lavoratori con disabilità, imponendo ai datori di lavoro l'obbligo di adottare misure organizzative, strumenti o modifiche delle mansioni per prevenire forme di discriminazione. Tuttavia, con una recente sentenza, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha esteso il principio di inclusione anche ai dipendenti con responsabilità di cura familiare. Secondo la Corte, il ruolo di caregiver può avere un impatto significativo sulla vita professionale, rendendo necessaria una maggiore flessibilità per conciliare lavoro e assistenza. Il messaggio è chiaro: conciliare lavoro e cura non è più una richiesta personale, ma un diritto da rispettare
Assistere una persona cara non autosufficiente ed esserle di aiuto nelle difficoltà di gestione della vita quotidiana costituisce una funzione cardine delle relazioni di convivenza, basate sulla libera scelta e alimentate da motivazioni affettive e sentimentali.
Con il termine «caregiver familiare» si designa proprio colui che si prende cura di una persona cara in condizioni di non autosufficienza. Il caregiver familiare deve farsi carico dell'organizzazione delle cure e dell'assistenza, nonché di ogni altro atto, anche amministrativo, che la persona assistita non è più in grado di compiere; può trovarsi, dunque, in una condizione di sofferenza e di disagio riconducibile ad affaticamento fisico e psicologico, solitudine, consapevolezza di non potersi ammalare per le conseguenze che la sua assenza potrebbe provocare.

Ci sono situazioni in cui questa funzione di aiuto assume connotati di impegno tali da rendere necessarie ed opportune misure di adattamento personalizzate a favore delle persone – lavoratori e lavoratrici – che si trovano nella condizione di assistere una persona cui sono legati per motivi affettivi o di parentela, quale che sia la loro età, perché affette da patologie invalidanti, anche croniche o degenerative.

Adesso, con la sentenza C-38/24 dell'11 settembre 2025, la Corte di Giustizia dell'Unione europea ha precisato i confini applicativi della normativa antidiscriminatoria, estendendo gli “accomodamenti ragionevoli” anche a lavoratori e lavoratrici caregiver, ovvero a coloro che, pur non presentando una disabilità personale, prestano assistenza a un familiare disabile. Si tratta di una lettura estensiva del principio di non discriminazione sancito dall'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in connessione con la direttiva 2000/78/CE e in ossequio al "modello sociale della disabilità".

Il caso: una lavoratrice e madre caregiver
La vicenda trae origine in Italia e coinvolge una lavoratrice impiegata nella vigilanza, madre di un bambino con grave disabilità. La donna aveva chiesto di essere assegnata a un turno di lavoro mattutino per poter garantire l'assistenza pomeridiana al figlio. La questione è giunta alla Corte di Cassazione, che ha deciso di interpellare la CGUE per chiarire se tale richiesta rientrasse nel perimetro delle tutele antidiscriminatorie previste per i lavoratori.

Cosa sono gli accomodamenti ragionevoli?
Il concetto di soluzione/accomodamento ragionevole trova fondamento nell'articolo 2 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. Si tratta di quelle modifiche o adattamenti necessari, appropriati e non eccessivamente onerosi, adottati nei singoli casi per consentire alle persone con disabilità il pieno godimento dei propri diritti su base di uguaglianza.
Il principio ha progressivamente influenzato la normativa europea e nazionale, trasformandosi in uno strumento centrale per l'inclusione nel mondo del lavoro, non solo delle persone direttamente interessate dalla disabilità, ma – come chiarito ora dalla CGUE – anche dei familiari che se ne prendono cura.

In Italia, il Decreto Legislativo n. 62/2024 rappresenta un tassello fondamentale per l'attuazione di questi principi. Il decreto mira a rimuovere gli ostacoli che impediscono l'esercizio effettivo dei diritti civili e sociali da parte delle persone con disabilità, anche attraverso il riconoscimento di accomodamenti ragionevoli per i contesti lavorativi.

In particolare, l'art. 5 bis della L. n. 104 del 1992, introdotto dallo stesso decreto, definisce l'accomodamento come l'insieme di misure necessarie, pertinenti, appropriate e adeguate, da valutare rispetto all'entità della tutela richiesta, al contesto specifico e alle risorse disponibili.

Le tre direttrici della Corte
La sentenza della Corte di Giustizia segna un significativo cambio di paradigma, tracciando tre principi fondamentali che guideranno l'applicazione futura del diritto antidiscriminatorio in ambito lavorativo:
  1. estensione della discriminazione indiretta ai caregiver: non solo i lavoratori con disabilità devono essere protetti, ma anche chi, pur essendo in buona salute, subisce un pregiudizio legato alla necessità di fornire cure costanti a un familiare disabile. La Corte valorizza un approccio sostanziale all'uguaglianza, superando una visione formale del concetto di discriminazione;
  2. previsione di soluzioni/accomodamenti ragionevoli anche per i non disabili: la direttiva 2000/78/CE, all'articolo 5, impone al datore di lavoro di prendere in considerazione soluzioni organizzative flessibili, come la modulazione dell'orario, la modifica dei turni o l'assegnazione a mansioni diverse. Ciò consente ai caregiver di conciliare l'attività lavorativa con i compiti di cura, evitando discriminazioni indirette;
  3. l'obbligo di accomodamento non è assoluto: le misure richieste devono essere proporzionate e non comportare un onere eccessivo per l'organizzazione. In questa valutazione entrano in gioco fattori come la dimensione dell'azienda, le risorse economiche disponibili e l'eventuale presenza di supporti pubblici.

La pronuncia della CGUE rappresenta un avanzamento significativo verso un modello di lavoro più inclusivo e sostenibile. Per le imprese, ciò implica l'esigenza di ripensare le politiche interne di gestione del personale, includendo procedure chiare per l'analisi e l'eventuale accoglimento delle richieste di accomodamento da parte dei lavoratori caregiver.
Non si tratta solo di adempiere a un obbligo normativo, ma anche di promuovere una cultura del lavoro che riconosca il valore della cura, della flessibilità e dell'inclusione. In un contesto demografico e sociale in continua evoluzione, questa sentenza offre una bussola preziosa per costruire ambienti di lavoro più equi e rispettosi della complessità della vita dei lavoratori.

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