L'ondata di calore che sta interessando, in questi giorni, il territorio nazionale impatta in modo significativo sul regolare svolgimento delle attività lavorative. È riconosciuto dal Ministero della Salute che temperature più elevate, per periodi di tempo prolungati, concorrano ad aumentare il rischio di incidenti dovuti ad affaticamento, mancanza di concentrazione, scarsa capacità decisionale e altri fattori.
L'esposizione dei lavoratori ai rischi per la salute e la sicurezza si presenta particolarmente elevata nelle giornate in cui si registra un elevato tasso di umidità, che concorre significativamente a determinare una temperatura “percepita” superiore a quella reale.
Quali sono i settori di attività particolarmente coinvolti?
Lo stress da calore è un rischio significativo per i lavoratori che svolgono un intenso lavoro fisico all'aperto, con esposizione diretta alla luce solare e al calore in settori come l'agricoltura, la silvicoltura, la pesca, l'edilizia, l'estrazione mineraria, i trasporti e la manutenzione e la fornitura di servizi pubblici. L'esposizione diretta alla radiazione solare è suscettibile di compromettere le prestazioni motorio-cognitive e aumentare, quindi, il rischio di lesioni.
Ma anche nei luoghi di lavoro al chiuso, dove non sia possibile coniugare la produzione con un sistema di ventilazione o di areazione condizionata (panificazione industriale, macellazione, cartiere), il rischio di lesioni può aumentare durante le ondate di caldo.
Quali le tutele previste per i lavoratori?
Sono previste dal nostro ordinamento tutele normative ed economiche.
A livello normativo occorre fare riferimento all'art. 2087 del codice civile e al Testo unico sulla sicurezza sul lavoro, di cui D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, che fornisce il quadro normativo organico per la protezione dei lavoratori. Si impone ai datori di lavoro di effettuare una valutazione dei rischi sul luogo di lavoro e di stabilire misure preventive per proteggere i lavoratori da qualsiasi rischio sul luogo di lavoro, ivi compreso il rischio da stress termico.
Inoltre, con specifiche ordinanze, gli enti territoriali possono prevedere la sospensione delle attività in alcune fasce orarie critiche. Si riporta il caso della Regione Lazio che ha già disposto, con efficacia immediata, lo stop dalle 12.30 alle 16.00 per chi lavora in condizioni di prolungata esposizione al sole. Anche la Regione Calabria ha emesso una nuova ordinanza per tutelare i lavoratori esposti al caldo estremo: dal 10 giugno e fino al 31 agosto 2025, sarà vietato svolgere attività lavorativa all’aperto tra le 12:30 e le 16:00 nei settori agricolo, florovivaistico ed edile, ma solo nei giorni in cui il rischio termico è indicato come “ALTO” dal portale Worklimate, progetto sviluppato da INAIL.
Quanto alle tutele di natura economica, è prevista la possibilità per le aziende, nel caso di temperatura elevata registrata dai bollettini meteo o “percepita” in ragione della particolare tipologia di lavorazioni in atto, di richiedere la Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria (CIGO), indicando la causale “eventi meteo”. Il contributo è erogabile per 13 settimane, prorogabili fino a 52 settimane (12 mesi) o, eccezionalmente e in determinate aree territoriali, fino a 24 mesi.
A tal proposito l'Inps, con il messaggio 20 luglio 2023, n. 2729, ha chiarito che, in caso di sospensione o riduzione dell'attività lavorativa in conseguenza delle temperature elevate, il ricorso al trattamento di integrazione salariale con la causale “eventi meteo” è invocabile dal datore di lavoro laddove le suddette temperature non risultino superiori a 35 gradi centigradi. Inoltre, l'Istituto previdenziale riconosce che anche temperature inferiori a 35 gradi centigradi possono determinare l'accoglimento della domanda di accesso al trattamento ordinario, qualora entri in considerazione la valutazione anche della temperatura “percepita”, che è più elevata di quella reale. Ad esempio, influiscono sulla temperatura percepita attività come quelle di rifacimento di tetti o facciate o di stesura del manto stradale.
Nel messaggio si chiarisce altresì che, indipendentemente dalle temperature rilevate, il trattamento di integrazione salariale è riconoscibile, comunque, in tutti i casi in cui il datore di lavoro, su indicazione del responsabile della sicurezza dell'azienda, disponga la sospensione/riduzione delle attività in quanto sussistono rischi o pericoli per la sicurezza e la salute dei lavoratori, purché le cause che hanno determinato detta sospensione/riduzione non siano imputabili al medesimo datore di lavoro o ai lavoratori.
Inoltre, è specificato che, ai fini di una più puntuale valutazione degli elementi a supporto della richiesta di accesso al trattamento di integrazione salariale, non deve farsi riferimento solo al gradiente termico, ma anche ai seguenti ulteriori parametri:
L'esposizione dei lavoratori ai rischi per la salute e la sicurezza si presenta particolarmente elevata nelle giornate in cui si registra un elevato tasso di umidità, che concorre significativamente a determinare una temperatura “percepita” superiore a quella reale.
Quali sono i settori di attività particolarmente coinvolti?
Lo stress da calore è un rischio significativo per i lavoratori che svolgono un intenso lavoro fisico all'aperto, con esposizione diretta alla luce solare e al calore in settori come l'agricoltura, la silvicoltura, la pesca, l'edilizia, l'estrazione mineraria, i trasporti e la manutenzione e la fornitura di servizi pubblici. L'esposizione diretta alla radiazione solare è suscettibile di compromettere le prestazioni motorio-cognitive e aumentare, quindi, il rischio di lesioni.
Ma anche nei luoghi di lavoro al chiuso, dove non sia possibile coniugare la produzione con un sistema di ventilazione o di areazione condizionata (panificazione industriale, macellazione, cartiere), il rischio di lesioni può aumentare durante le ondate di caldo.
Quali le tutele previste per i lavoratori?
Sono previste dal nostro ordinamento tutele normative ed economiche.
A livello normativo occorre fare riferimento all'art. 2087 del codice civile e al Testo unico sulla sicurezza sul lavoro, di cui D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, che fornisce il quadro normativo organico per la protezione dei lavoratori. Si impone ai datori di lavoro di effettuare una valutazione dei rischi sul luogo di lavoro e di stabilire misure preventive per proteggere i lavoratori da qualsiasi rischio sul luogo di lavoro, ivi compreso il rischio da stress termico.
Inoltre, con specifiche ordinanze, gli enti territoriali possono prevedere la sospensione delle attività in alcune fasce orarie critiche. Si riporta il caso della Regione Lazio che ha già disposto, con efficacia immediata, lo stop dalle 12.30 alle 16.00 per chi lavora in condizioni di prolungata esposizione al sole. Anche la Regione Calabria ha emesso una nuova ordinanza per tutelare i lavoratori esposti al caldo estremo: dal 10 giugno e fino al 31 agosto 2025, sarà vietato svolgere attività lavorativa all’aperto tra le 12:30 e le 16:00 nei settori agricolo, florovivaistico ed edile, ma solo nei giorni in cui il rischio termico è indicato come “ALTO” dal portale Worklimate, progetto sviluppato da INAIL.
Quanto alle tutele di natura economica, è prevista la possibilità per le aziende, nel caso di temperatura elevata registrata dai bollettini meteo o “percepita” in ragione della particolare tipologia di lavorazioni in atto, di richiedere la Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria (CIGO), indicando la causale “eventi meteo”. Il contributo è erogabile per 13 settimane, prorogabili fino a 52 settimane (12 mesi) o, eccezionalmente e in determinate aree territoriali, fino a 24 mesi.
A tal proposito l'Inps, con il messaggio 20 luglio 2023, n. 2729, ha chiarito che, in caso di sospensione o riduzione dell'attività lavorativa in conseguenza delle temperature elevate, il ricorso al trattamento di integrazione salariale con la causale “eventi meteo” è invocabile dal datore di lavoro laddove le suddette temperature non risultino superiori a 35 gradi centigradi. Inoltre, l'Istituto previdenziale riconosce che anche temperature inferiori a 35 gradi centigradi possono determinare l'accoglimento della domanda di accesso al trattamento ordinario, qualora entri in considerazione la valutazione anche della temperatura “percepita”, che è più elevata di quella reale. Ad esempio, influiscono sulla temperatura percepita attività come quelle di rifacimento di tetti o facciate o di stesura del manto stradale.
Nel messaggio si chiarisce altresì che, indipendentemente dalle temperature rilevate, il trattamento di integrazione salariale è riconoscibile, comunque, in tutti i casi in cui il datore di lavoro, su indicazione del responsabile della sicurezza dell'azienda, disponga la sospensione/riduzione delle attività in quanto sussistono rischi o pericoli per la sicurezza e la salute dei lavoratori, purché le cause che hanno determinato detta sospensione/riduzione non siano imputabili al medesimo datore di lavoro o ai lavoratori.
Inoltre, è specificato che, ai fini di una più puntuale valutazione degli elementi a supporto della richiesta di accesso al trattamento di integrazione salariale, non deve farsi riferimento solo al gradiente termico, ma anche ai seguenti ulteriori parametri:
- la tipologia di attività svolta;
- le condizioni nelle quali si trovano a operare i lavoratori;
- le documentazioni o le pubblicazioni su dati relativi agli indici di calore da parte dei vari dipartimenti meteoclimatici o della protezione.
Infine si segnala la sentenza n. 836/2016, con cui la Corte di Cassazione ha affermato che, se il datore di lavoro viola l'obbligo di sicurezza di cui all'art. 2087 c.c. non solo è legittimo, a fronte dell'inadempimento altrui, il rifiuto del lavoratore di eseguire la propria prestazione, ma costui conserva, al contempo, il diritto alla retribuzione in quanto non possono derivargli conseguenze sfavorevoli in ragione della condotta inadempiente del datore.