Questa pronuncia offre lo spunto per riflettere su come i giudici interpretino i codici disciplinari collettivi e, soprattutto, su quali siano i limiti entro cui il datore di lavoro può arrivare a licenziare.
Il fatto: un gesto vandalico nel parcheggio aziendale
La vicenda nasce da un episodio piuttosto singolare. Un lavoratore, giunto nel parcheggio aziendale a bordo di un’auto guidata da un terzo, scende dal veicolo, sputa sulla macchina di un collega e colpisce con un calcio lo specchietto, rompendolo e portandolo via. Il gesto violento ha indotto il datore di lavoro ad avviare un procedimento disciplinare, conclusosi con il licenziamento per giusta causa.
Il dipendente, però, impugna il provvedimento: in primo grado il giudice gli dà ragione, ritenendo che la sanzione espulsiva sia eccessiva e che il comportamento debba rientrare tra le mancanze punibili con una semplice misura conservativa (multa o sospensione), come previsto dall’art. 53, lett. h) del Contratto collettivo del settore gomma-plastica.
La decisione della Corte d’Appello
In appello, però, la decisione cambia completamente: per i giudici di secondo grado, l’atto vandalico costituisce una grave violazione delle regole aziendali e rientra tra le ipotesi che il contratto collettivo sanziona con l’espulsione immediata. Un comportamento definito incivile e contrario ai principi di correttezza, tanto più se avvenuto all’interno degli spazi riservati ai dipendenti.
Il riferimento normativo richiamato è l’art. 54 del CCNL, che consente il licenziamento senza preavviso in caso di infrazioni particolarmente gravi o di azioni delittuose in connessione con il rapporto di lavoro.
La Cassazione sorprende: licenziamento annullato
La controversia giunge dinanzi alla Corte di Cassazione, che smentisce la pronuncia della Corte d’Appello. Secondo i giudici di piazza Cavour, l’episodio non era direttamente legato all’attività lavorativa, essendo avvenuto fuori dall’orario di servizio. Questo elemento diventa decisivo: non potendosi dimostrare un collegamento con le mansioni svolte, il comportamento non giustificava la sanzione espulsiva.
La Corte chiarisce che il contratto collettivo di riferimento distingue tra infrazioni punibili con misure conservative e quelle che possono portare alla risoluzione del rapporto. In questo caso, l’atto di vandalismo non rientra tra le condotte espulsive. Al massimo, spiega la Cassazione, sarebbe stata legittima una multa o una sospensione.
Quali conseguenze per aziende e lavoratori?
La decisione lascia aperti interrogativi rilevanti. Da un lato, il datore di lavoro vede ridotti gli strumenti di tutela contro comportamenti che, pur non avendo un legame diretto con le mansioni, possono comunque minare la serenità aziendale e la fiducia reciproca. Dall’altro, c’è il rischio concreto che i dipendenti possano percepire un margine di tolleranza più ampio rispetto a condotte aggressive o scorrette.