Una situazione che, oltre a rappresentare un problema per moltissimi cittadini, specialmente i più fragili, costituisce una non trascurabile fonte di pericolo per tutti quei lavoratori che sono costretti a svolgere all’esterno la propria prestazione lavorativa, con rilevanti rischi per la propria salute.
Proprio per questo, in data 2 luglio 2025, il Governo e le principali sigle sindacali hanno sottoscritto un nuovo Protocollo nazionale per tutelare chi lavora in condizioni ambientali critiche, introducendo una serie di raccomandazioni operative per affrontare gli effetti delle ondate di calore nei contesti occupazionali più esposti.
Il piano, che sarà formalizzato tramite decreto ministeriale, definisce un quadro di azione condiviso con l’obiettivo di prevenire infortuni e patologie professionali legate allo stress termico. Il focus è soprattutto su edilizia, agricoltura, logistica e altri comparti dove l’attività si svolge all’aperto o in ambienti non climatizzati.
Di seguito una parte del testo del Protocollo: “Il protocollo, il primo dopo il Covid-19 ha l’obiettivo di scongiurare infortuni e malattie professionali connessi al clima estremo. L’obiettivo è coniugare la prosecuzione delle attività produttive con la garanzia di condizioni di salubrità e sicurezza degli ambienti di lavoro e delle modalità lavorative. Allo stesso tempo si propone di valorizzare le iniziative, anche contrattuali, di categoria, territorio o azienda, già assunte in sede nazionale e di diventare un punto di riferimento per gli eventuali provvedimenti adottati dalle amministrazioni locali”.
Lavorare in sicurezza sotto il sole: ecco le soluzioni previste
È bene precisare che le misure proposte non hanno valore vincolante: esse, infatti, offrono una serie di indicazioni utili alle imprese per la corretta gestione delle situazioni critiche legate al caldo. Tra le azioni suggerite rilevano:
- riprogrammazione dei turni di lavoro per evitare le ore centrali della giornata;
- allestimento di zone d’ombra o spazi climatizzati per le pause;
- distribuzione di acqua, integratori e frutta fresca;
- utilizzo di indumenti e dispositivi di protezione adeguati al clima;
- attività formative su prevenzione e gestione dei rischi dovuti al caldo;
- monitoraggio sanitario mirato, soprattutto per i lavoratori più vulnerabili;
- ricorso allo smart working, ove compatibile con le mansioni;
- pianificazione più efficiente delle ferie nei periodi più caldi.
Oltre alle buone pratiche, il protocollo richiama alcuni strumenti già previsti dalla normativa in caso di eventi meteo eccezionali. In particolare, si ribadisce che le ore di cassa integrazione ordinaria utilizzate per sospensioni dovute a caldo intenso (superiore ai 35°C effettivi o percepiti) non concorrono al conteggio del monte ore complessivo.
Un’ulteriore novità attiene ai tempi di consegna dei lavori. Secondo il Protocollo, qualora i ritardi siano dovuti a condizioni di caldo estremo, le aziende saranno esenti da responsabilità, purché abbiano adottato tutte le misure di prevenzione previste.
Rischio microclimatico e documentazione obbligatoria
Le aziende inoltre dovranno includere formalmente, all’interno del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR), il rischio microclimatico, del quale si dovrà tenere conto anche nella stesura dei Piani di sicurezza e coordinamento, al fine di predisporre interventi specifici atti a garantire la tutela della salute durante l’attività lavorativa, come l’organizzazione di pause rigeneranti e la flessibilità oraria.