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Evitare controlli dell'Agenzia delle Entrate, ecco tutti i trucchi legali, ce li dice la Cassazione

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Evitare controlli dell'Agenzia delle Entrate, ecco tutti i trucchi legali, ce li dice la Cassazione
La Cassazione precisa come il contribuente può difendersi dai controlli effettuati dall’Agenzia delle Entrate
Può accadere che l’Agenzia delle Entrate compia controlli sui contribuenti, facendo verifiche sulla base del c.d. redditometro e sulla disponibilità di determinati beni e servizi.

Quali sono le conseguenze di questa verifica e come ci si può difendere dai controlli dell’Agenzia delle Entrate?

Innanzitutto, secondo quanto stabilito dalla normativa (l’art. 38, comma 4 del D.P.R. n. 600 del 1973), il redditometro è uno strumento di accertamento sintetico con il quale l’Amministrazione finanziaria riesce a determinare, in maniera induttiva, il reddito complessivo del contribuente. Ma che significa “in maniera induttiva”? Vuol dire che, da elementi noti indicatori della capacità di spesa di un individuo, si risale all’esistenza di un reddito non dichiarato o di un reddito maggiore a quello dichiarato.

Lo scopo è quello di individuare le posizioni con il più alto rischio di evasione.

A seguito di questo controllo, se gli elementi indicativi della capacità contributiva sono ritenuti come rappresentativi di un reddito superiore a quello dichiarato, l’Agenzia delle Entrate potrebbe muoverti una contestazione e inviarti un avviso di accertamento.

Come ci si può difendere dal redditometro e dagli accertamenti dell’Agenzia delle Entrate? La Corte di Cassazione, con una sua recente pronuncia (ord. n. 31844/2023), ci dà una serie di utili indicazioni.

La Suprema Corte precisa che, una volta che si è verificata l’esistenza di una determinata circostanza, il contribuente ha la possibilità di difendersi, facendo valere i propri diritti. Come?

Il contribuente deve dare la prova contraria, dimostrando che l’operazione è sbagliata.

Quindi, l’accertamento sintetico sul reddito si ha andando a guardare e sommare i vari elementi di reddito, spese, risparmio ed investimento. Tuttavia, il contribuente può difendersi.

Infatti, la Cassazione ha precisato che, sulla base della normativa (sempre l’art. 38, comma 4 del D.P.R. n. 600 del 1973), il redditometro ha una natura presuntiva: cioè, in presenza di servizi o beni che rientrano nelle tabelle stabilite dalla legge, vanno applicati gli adeguati indici e coefficienti moltiplicatori previsti nei decreti ministeriali attuativi.

In termini più semplici, significa che l’applicazione del redditometro comporta una presunzione legale relativa: ossia, una presunzione che può essere superata, appunto, con la prova contraria.

Ma prova contraria di che cosa?

In via generale, il contribuente dovrà dare la prova che il presunto reddito non esiste o esista in misura inferiore rispetto a quanto presuntivamente accertato. Ciò per dimostrare che il maggiore reddito, accertato con il redditometro, non è disponibile o comunque è superiore a quello realmente maturato.

In concreto, ad esempio, il contribuente potrebbe dare la prova che i pagamenti effettuati sono stati eseguiti da terze persone (parenti, per esempio) o derivano da una donazione. Ancora, il contribuente può dimostrare l’impiego per l’acquisto dei risparmi accumulati durante gli anni passati e non in quello che è stato preso in considerazione nell’accertamento fiscale da parte dell’Agenzia.

Questa è la strada da percorrere. Difatti, devi anche sapere che la presunzione, che viene determinata con l’accertamento sintetico, non può essere resa priva di valore da parte del giudice. Il giudice tributario (che è l’organo competente per tali questioni) può soltanto valutare il valore della prova contraria avanzata dal contribuente, ma non può escludere l’efficacia probatoria del calcolo del reddito avuto mediante il redditometro.

In pratica, l’Agenzia inizia e poi sta al contribuente continuare.

E bisogna fare attenzione. È il contribuente che deve direttamente dare la prova contraria e questa prova deve essere supportata da una sufficiente documentazione.

In sintesi, se ricevi un avviso di accertamento per questo motivo dall’Agenzia delle Entrate e decidi di impugnarlo davanti al giudice tributario, dovrai agire provando adeguatamente il contrario di quanto sostenuto dall’Agenzia.


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