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Chi esibisce la falsa fotocopia di un documento commette il reato di "falso materiale"?

Chi esibisce la falsa fotocopia di un documento commette il reato di "falso materiale"?
Secondo la Cassazione, non integra il delitto di falsità materiale la condotta di colui che esibisca la falsa fotocopia di un documento (esistente o meno in originale) al fine di conseguire un qualche vantaggio, qualora si tratti di fotocopia esibita ed usata come tale dall’imputato.
Se invio, a mezzo fax, a una banca un falso certificato, posso essere accusato di “falso materiale”?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2297 del 19 gennaio 2018, si è occupata proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.

Il caso sottoposto all’esame della Cassazione ha visto come protagonista un soggetto, condannato, sia in primo che in secondo grado, per “avere, al fine di ottenere un finanziamento di 60.000 Euro”, inviato, tramite fax, ad una banca, “un falso certificato di pagamento” (artt. 476489 c.p.), apparentemente emesso dal Comune e attestante il pagamento di una fattura.

Ritenendo la decisione ingiusta, l’imputato aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.

Secondo il ricorrente, in particolare, “la fotocopia di un documento non integra il reato di falso quando, nell’intenzione dell’agente e nella valenza oggettiva, l’atto sia presentato come fotocopia”.


A detta del ricorrente, peraltro, la Corte d’appello non avrebbe tenuto in adeguata considerazione il fatto che potrebbe essere stata un’altra persona a inviare alla banca la fotocopia del certificato in questione e che l’imputato “non aveva la rappresentanza legale della società a nome della quale l’atto fu inviato”.

La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di dover aderire alle considerazioni svolte dall’imputato, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.

Osservava la Cassazione, in proposito, che, secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza, “non integra il delitto di falsità materiale la condotta di colui che esibisca la falsa fotocopia di un documento (esistente o meno in originale) al fine di conseguire un qualche vantaggio, qualora si tratti di fotocopia esibita ed usata come tale dall’imputato”.

In questo caso, infatti, secondo la Corte, “la fotocopia è priva dei requisiti di forma e di sostanza capaci di farla sembrare un provvedimento originale o la copia conforme di esso ed è da escludere che sia comunque documentativa dell’esistenza di un atto corrispondente”.

Precisava la Cassazione, inoltre, che le norme sulla falsità materiale si riferiscono alla contraffazione o alterazione di “documenti originali” e hanno lo scopo fondamentale di “reprimere la condotta di colui che ne crei l’apparenza” e non quella di “colui che utilizzi le riproduzioni di un documento, quando, per le modalità e le circostanze dell’uso, sia chiaro che si tratti di una copia (comunque realizzata) dello stesso”.

In quest’ultimo caso, dunque, secondo la Corte, potrebbe, al più, configurarsi il reato di “truffa”, ma non certamente quello di cui agli artt. 476 e ss. c.p.

Ebbene, nel caso di specie, poiché l’imputato aveva inviato un fax alla banca, con cui aveva fatto “figurare l’avvenuta emissione, a suo favore, di un certificato di pagamento (in realtà mai emesso)”, doveva ritenersi che egli avesse posto in essere “un artifizio per ingannare la banca” ma non una contraffazione di un atto o di un certificato pubblico.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto dall’imputato, annullando la sentenza impugnata “perché il fatto non sussiste”.


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