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L’esecuzione spontanea della sentenza non preclude l’impugnazione

L’esecuzione spontanea della sentenza non preclude l’impugnazione
Il volontario adempimento di una sentenza immediatamente esecutiva, anche in mancanza di espressa riserva, non costituisce di per sé acquiescenza, tale da impedire l’impugnazione.
Con l’ordinanza n. 6258/2019, depositata il 4 marzo, la Cassazione ha deciso sul ricorso proposto dall’I.N.P.S., il quale, rimasto soccombente nel giudizio di primo grado, e dopo aver pagato le somme di cui relativa sentenza, si era visto respingere l’appello sul presupposto dell’avvenuta cessazione della materia del contendere.
La Suprema Corte ha ritenuto fondata l’impugnazione proposta avverso la sentenza della Corte d’Appello, in quanto dagli atti non risultava che l'I.N.P.S., dopo aver proposto appello avverso la sentenza di primo grado, avesse manifestato una rinunzia, espressa o tacita, all'impugnazione di tale sentenza.
Infatti, la spontanea esecuzione della sentenza immediatamente esecutiva, pur se non accompagnata da specifica riserva, non può considerarsi "atto assolutamente incompatibile" con la volontà di avvalersi dell'impugnazione.
In proposito, la c.d. acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell'impugnazione ai sensi dell'art. 329 del c.p.c. (e configurabile solo anteriormente alla proposizione del gravame, giacché successivamente allo stesso è possibile solo una rinunzia espressa all'impugnazione da compiersi nella forma prescritta dalla legge), consiste nell'accettazione della sentenza, cioè nella manifestazione, da parte del soccombente, della volontà di non impugnare.
Tale manifestazione di volontà può essere compiuta sia in forma espressa che tacita: in quest'ultimo caso, però, “l'acquiescenza può ritenersi sussistente soltanto quando l'interessato abbia posto in essere atti dai quali sia possibile desumere, in maniera precisa ed univoca, il proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia”. In altre parole, deve trattarsi di atti “assolutamente incompatibili” con la volontà di avvalersi dell'impugnazione.
Tale non è, di per sé, la spontanea esecuzione della pronunzia di primo grado, sia pure in assenza di esplicita riserva di impugnazione, trattandosi di un comportamento che può risultare fondato anche sulla mera volontà di evitare le eventuali ulteriori spese di precetto e dei successivi atti di esecuzione.


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