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Esami di maturità, stop alla scena muta, adesso si rischia la bocciatura: ecco cosa cambia con la nuova riforma scolastica

Esami di maturità, stop alla scena muta, adesso si rischia la bocciatura: ecco cosa cambia con la nuova riforma scolastica
Il Consiglio dei Ministri approva la riforma della Maturità: nuove regole per prove scritte e orali, criteri di valutazione, gestione dei punteggi, didattica, sicurezza nelle gite e risorse aggiuntive per docenti e scuole
Via libera dal Consiglio dei Ministri alla riforma della maturità. La prima novità riguarda il nome: non si chiamerà più “esame di stato”, ma esame di maturità. La riforma, però, modifica diversi aspetti dell’esame finale e della vita scolastica in generale. Dal numero dei commissari ridotto da sette a cinque, fino a nuove regole sull’orale e a una diversa impostazione delle prove, il quadro si presenta profondamente rinnovato.

Una delle novità più attese riguarda proprio il colloquio: sparisce la discussione sul famoso documento conclusivo, spesso fonte di tensioni e preoccupazioni. L’orale si svolgerà in modo più snello e sarà incentrato su quattro discipline individuate ogni anno a gennaio. Non sarà, però, consentito il “silenzio strategico”. Qualora lo studente rifiutasse “deliberatamente di discutere le tematiche o di rispondere alle domande poste dalla commissione esaminatrice, adottando un comportamento volto a compromettere lo svolgimento e l'esito della prova stessa”, verrebbe escluso dall’esame.

Sul fronte scritto, invece, restano confermate due prove.

Il ministro Valditara ha sottolineato come la valutazione non si limiterà a misurare conoscenze e competenze, ma terrà conto anche della crescita personale dello studente e in particolare dell’autonomia, del senso di responsabilità, di esperienze sportive, culturali o iniziative sociali che abbiano dimostrato impegno e maturità.

I commissari, due interni e due esterni per ciascuna coppia di classi abbinate (oltre al presidente esterno), seguiranno una formazione dedicata e avranno la possibilità di aggiungere fino a 3 punti bonus a chi raggiunge un punteggio massimo di 97, con una logica simile a quella delle lauree universitarie.

Altra novità riguarda la gestione dei punteggi. D’ora in avanti, i risultati delle prove scritte non saranno più resi noti subito dopo la correzione: la comunicazione arriverà soltanto al termine del colloquio orale.
La scelta è stata introdotta dal decreto all’articolo 18, comma 3, con una motivazione precisa: preservare la tranquillità del candidato nella fase conclusiva dell’esame. In questo modo si evita che il giudizio già espresso sugli scritti influenzi, nel bene o nel male, l’atteggiamento e le risposte dello studente di fronte alla commissione.

Infine, i risultati delle prove Invalsi non saranno più comunicati con formule numeriche immediate, ma entreranno nel curriculum dello studente soltanto dopo la conclusione dell’esame di Maturità.

La riforma tocca anche altri ambiti dell’anno scolastico.
Chi deciderà di cambiare indirizzo di studi dovrà sostenere un esame integrativo prima dell’inizio delle lezioni, mentre nel biennio iniziale saranno previsti percorsi di supporto mirati.
Spazio, inoltre, a un elaborato critico sul tema della cittadinanza attiva per gli studenti che avranno riportato almeno la sufficienza nella condotta: il lavoro entrerà a pieno titolo nello scrutinio finale.

Nuove denominazioni interessano pure la didattica: i Pcto, noti finora come percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento, diventeranno “formazione scuola-lavoro”.
La sperimentazione del modello 4+2 nella filiera tecnologico-professionale si trasforma, invece, in ordinamento stabile.

Un’attenzione particolare arriva anche sul fronte delle gite scolastiche: i mezzi utilizzati dovranno garantire standard di sicurezza più elevati, come la frenata assistita, per evitare tragedie come quella che ha coinvolto una docente lo scorso maggio.
Non mancano risorse aggiuntive per il personale scolastico: lo stanziamento prevede 240 milioni di euro una tantum per il rinnovo contrattuale e ulteriori 15 milioni destinati a estendere l’assicurazione sanitaria integrativa anche ai docenti precari.


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