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Donazione fittizia tra coniugi: puņ essere impugnata?

Donazione fittizia tra coniugi: puņ essere impugnata?
Durante il matrimonio, anche in regime di separazione dei beni, i coniugi possono decidere di spostare la titolarità di un bene al partner per sfuggire da eventuali creditori.
Secondo quanto riportato all’interno del nostro ordinamento non vi sarebbe alcuna limitazione alla possibilità di effettuare una donazione al coniuge, con il semplice spostamento della titolarità del bene qualora la coppia abbia optato per il regime della separazione dei beni.
In questo modo il bene viene rapidamente sottratto dalle mani del creditore che non potrebbe più soddisfarsi su di esso con il pignoramento.

La disciplina in materia si presenta tale a partire dal 1973, anno di abrogazione dell’articolo 781 del Codice civile da parte della Corte costituzionale, che vietava le donazioni tra i coniugi.

Ad oggi, quindi, i coniugi possono intestare i beni l’uno all’altro, sia che essi abbiano scelto la separazione dei beni che la comunione, e anche limitatamente ad alcuni beni determinati.
Si tratta di beni di cui il coniuge era proprietario prima del matrimonio, quindi non rientranti nella comunione, beni ricevuti dopo il matrimonio in donazione o testamento, beni personali per l’esercizio dell’attività lavorativa, risarcimenti del danno ricevuti o beni acquistati con il ricavato dalla vendita dei già menzionati beni.

Sul tema si pone, però, il problema del ricorso all’intestazione fittizia all’altro coniuge simulando la stipula di un contratto senza la realizzazione di alcun effetto, dal momento che il proprietario rimane a tutti gli effetti l’amministratore del bene.

Anche se la legge consente di compiere questo atto, tutela coloro che ne potrebbero essere danneggiati, quali creditori o figli di prime nozze, con la sua impugnazione nel termine massimo di dieci anni dalla stipula.

Nell’ipotesi in cui il coniuge donante abbia cambiato idea e voglia far valere l’azione di simulazione, revocando la donazione, ha l’onere di dimostrare con prova scritta l’avvenuto accordo.

I controinteressati, invece, possono fornire la prova con qualsiasi mezzo, appellandosi al modo in cui è stato gestito il bene e verificando che l’uso sia rimasto inalterato anche dopo la donazione.

Di solito, insieme all’intestazione fittizia degli immobili, viene avviato il procedimento di separazione consensualedinanzi al giudice, durante il quale i due sostengono di aver chiuso degli accordi per la donazione dell’immobile.

Il tribunale omologa la separazione trasferendo di fatto la proprietà da un ex coniuge all’altro senza la necessità che venga compiuto alcun altro atto.
L’omologa può essere impugnata dai creditori attraverso l’azione revocatoria o di simulazione, rispettivamente nel termine di cinque e dieci anni, dando comunque prova dell’intento reale dei due.

Gli accordi per il pagamento del mutuo stipulati in banca non subiscono alcuna variazione con la donazione della casa al coniuge, quindi questa può essere effettuata in ogni momento.

Qualora, invece, dopo la separazione, il coniuge donante pretenda la restituzione del bene oggetto della fittizia intestazione, dovrà presentare la prova della simulazione dinanzi all’autorità giudiziaria.
Il carattere della prova richiesta è quello documentale, quindi, una dichiarazione scritta in cui le parti attestano la finzione dell’accordo intercorso fra di esse.

La prova si deve presentare come una dichiarazione scritta e sottoscritta da ambedue le parti, in cui si attesta che la donazione che ha avuto luogo non è reale, ma fittizia.
Altrimenti, l’unica possibilità di recuperare il bene è dimostrare l’indegnità del partner, per comportamenti posti in essere nei suoi confronti, come un tradimento avvenuto in circostanze particolarmente offensive ed umilianti.


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