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Distacco da impianto centralizzato

Distacco da impianto centralizzato
E' illegittimo il distacco dall'impianto centralizzato di riscaldamento se esso reca pregiudizio agli altri condomini.
Il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 8906 del 4 maggio 2016, è tornato sull’argomento relativo alla possibilità di distacco di un condomino dall’impianto di riscaldamento centralizzato.

Nel caso esaminato dal Tribunale, due condomini avevano agito in giudizio nei confronti del condominio affinchè fosse accertato e dichiarato che altri tre condomini avevano “illegittimamente operato il distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato, in violazione degli artt. 1117 e 1120 codice civile”.

Secondo gli attori, infatti, a causa di tale distacco, i medesimi avevano subito un notevole pregiudizio, dal momento che i lavori effettuati a tal scopo avevano accentuato le lesioni presenti sul pianerottolo dell’edificio, causando una nuova fenditura sulle mura del piano rialzato.

Gli attori rilevavano, inoltre, come la quota di 10% del consumo totale, dovuta dai condomini distaccatisi, era iniqua e illegittima, chiedendo, dunque, che la medesima fosse rideterminata.

In proposito, il Tribunale osservava come la Corte di Cassazione avesse precisato che “la rinuncia unilaterale al riscaldamento condominiale da parte del singolo condomino, mediante il distacco del proprio impianto dalle diramazioni dell’impianto centralizzato, è da ritenersi pienamente legittima, purchè l’interessato dimostri che dal suo operato non derivino né aggravi di spese per coloro che continuano a fruire dell’impianto, né tanto meno squilibri termici pregiudizievoli della regolare erogazione del servizio” (Cass., sentenza 5974/2004).

Di conseguenza, deve ritenersi che il condomino sia pienamente legittimato a staccarsi dall’impianto centralizzato ma a condizione che “il distacco non danneggi il funzionamento dell’impianto centralizzato” e che eventuali aumenti di spese derivanti dal distacco siano sopportati dai condomini distaccatisi.

Precisava il Tribunale, inoltre, come sia possibile che il regolamento condominiale preveda dei limiti alle possibilità di distacco, vietandolo o imponendo un contributo alle spese.

Nel caso di specie, secondo il Giudice, occorreva valutare, innanzitutto, se, a seguito del distacco da parte dei condomini convenuti in giudizio, si fosse realizzato uno squilibrio termico pregiudizievole per gli altri condomini.

Ebbene, in base alla consulenza tecnica espletata, era stato accertato che si era considerevolmente ridotto il volume servito, con la conseguenza che il sistema di produzione del calore aveva presentato un significativo calo di efficienza, con “aggravio di spesa per i condomini non distaccatisi”.

Tale aggravio, secondo il giudice, poteva essere compensato solo ponendo a carico dei condomini distaccatisi una quota di contribuzione molto più alta del 10% (pari a, rispettivamente, il 62,1%, il 52,1% e il 46%).

Di conseguenza, le delibere assembleari che avevano autorizzato semplicemente il distacco e che avevano confermato la quota contributiva del 10%, dovevano dichiararsi nulle, avendo le medesime consentito “un intervento pregiudizievole per l’impianto comune e che ha aggravato, senza il consenso unanime dei condomini, la posizione di alcuni di essi (ossia dei condomini che continuano a fruire del sistema condominiale ai quali sono stati accollati, di fatto, i maggiori oneri derivanti dal calo di efficienza e del maggior consumo di combustibile per compensare le dispersioni di calore)”.

Pertanto, il distacco dall’impianto centralizzato, secondo la Corte, poteva considerarsi legittimo e, dunque, mantenuto, a condizione che i condomini distaccatisi “contribuiscano nelle percentuali indicate dal consulente nella redazione


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