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Dipendenti pubblici, dal 2026 scatta il pignoramento dello stipendio in caso di debiti col Fisco: ecco le soglie previste

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Dipendenti pubblici, dal 2026 scatta il pignoramento dello stipendio in caso di debiti col Fisco: ecco le soglie previste
Dipendenti statali morosi? A partire dal 2026 si prevede il blocco (o pignoramento parziale) dello stipendio per i dipendenti pubblici che risultano morosi nei confronti del Fisco. Ecco cosa cambia
Le pubbliche amministrazioni e le società a partecipazione pubblica, prima di erogare stipendi o emolumenti superiori ai 2.500 euro, devono verificare l'esistenza di debiti fiscali non saldati superiori ai 5.000 euro. A prevederlo è la L. 207/2024, legge di bilancio 2025, ai commi 84 e 86 dell'articolo unico; il nuovo regime entrerà in vigore nel 2026, così consentendo alle amministrazioni pubbliche il tempo necessario per adeguare i sistemi informatici ai nuovi controlli.

Quale sarà l'impatto sulle casse erariali?

Secondo i dati del Ministero delle Finanze, circa 250.000 dipendenti pubblici hanno debiti superiori a 5.000 euro e 30.000 dipendenti percepiscono stipendi medi di 3.500 euro mensili, sui quali verrà applicato il pignoramento. L'introduzione della misura dovrebbe, dunque, garantire un gettito di 36 milioni di euro nel 2026 e 90 milioni di euro annui a regime.

Ma vediamo, più nel dettaglio, le implicazioni connesse al dettato normativo e cosa, in concreto, può fare il dipendente per mettersi in regola.

In sostanza, per effetto delle citate disposizioni normative, se il dipendente della pubblica amministrazione risulta debitore, l'erogazione della somma - da effettuare a titolo di stipendio o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o d'impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento - viene bloccata e segnalata all'agente della riscossione.

In particolare bisogna prestare attenzione ai seguenti parametri:
  • soglia del debito. I lavoratori pubblici che hanno cartelle per un importo di almeno 5 mila euro troveranno automaticamente bloccato il pagamento di una parte dello stipendio;
  • soglia dello stipendio. Il blocco si applicherà, però, soltanto ai lavoratori che hanno uno stipendio maggiore di 2.500 euro lordi al mese;
  • limite di pignorabilità. L'entità del blocco varierà in base allo stipendio percepito. Per gli stipendi superiori a 2.500 euro si applica il settimo, mentre per emolumenti una tantum, come la tredicesima, il decimo.

Più chiaramente: per gli statali che guadagnano mensilmente più di 3.500 euro, il blocco sarà pari a 500 euro al mese fino al saldo completo del debito. Al contrario, per i dipendenti pubblici che percepiscono 1.500 euro e superano la quota dei 2.500 euro solo tramite la tredicesima, il pignoramento dovrebbe corrispondere a un decimo dello stipendio, pari a una media di 150 euro al mese.

Come si anticipava, il nuovo regime sanzionatorio sarà operativo non prima del 2026, per consentire all'Agenzia delle Entrate – Riscossione (AdER) di aggiornare le piattaforme di controllo e a tutte le amministrazioni pubbliche di perfezionare il meccanismo di verifica.

Sebbene la notizia desti preoccupazione, tuttavia non bisogna cedere al panico: piuttosto, cogliere l'occasione per rivedere la propria posizione fiscale e affrontare eventuali errori nelle cartelle ricevute, che spesso sono alla base di procedimenti di pignoramento.

Per gli statali inadempienti lo slittamento dell'entrata in vigore si traduce, infatti, in più tempo a disposizione per sanare il dovuto senza effetti sulla busta paga.

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