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Se un condomino vende il proprio appartamento, chi deve pagare i lavori di manutenzione straordinaria dell'immobile?

Se un condomino vende il proprio appartamento, chi deve pagare i lavori di manutenzione straordinaria dell'immobile?
Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente e, per individuare il momento in cui sorge l’obbligo di partecipazione alle spese condominiali, deve farsi riferimento alla data di approvazione della delibera assembleare che ha disposto l'esecuzione di tale intervento.
Se un condomino vende il proprio appartamento, egli è comunque tenuto a contribuire ai lavori di manutenzione straordinaria eseguiti sull’immobile quando egli era ancora proprietario?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 15547 del 22 giugno 2017, si è occupata proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, l’ex proprietario di un appartamento sito all’interno di un condominio aveva proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo che il condominio stesso gli aveva notificato, e con il quale era stato richiesto il pagamento di una somma di oltre Euro 15.000, a titolo di contributo per i lavori di manutenzione straordinaria dell’immobile.

L’ex condomino aveva evidenziato, in sede di opposizione, di non essere tenuto al pagamento della suddetta somma, in quanto egli aveva venduto l’appartamento nel 2003 e la ripartizione delle spese di manutenzione era stata deliberata dall’assemblea condominiale solo nel 2006 (anche se i lavori erano stati eseguiti tra il 2000 e il 2002).

L’opposizione a decreto ingiuntivo, tuttavia, veniva dichiarata infondata sia in primo che in secondo grado, con la conseguenza che l’ex condomino aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione.

La Corte d’appello, in particolare, aveva osservato che il soggetto in questione era ancora proprietario dell’appartamento quando era stata deliberata l’esecuzione dei lavori e, perciò, egli doveva ritenersi obbligato a contribuire alla relativa spesa, nonostante egli non fosse più condomino all’epoca dell’approvazione della delibera di ripartizione del 2006.

Come detto, l’ex condomino, ritenendo la decisione ingiusta, aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.

Secondo il ricorrente, infatti, la pretesa creditoria fatta valere dal condominio doveva ritenersi infondata, in quanto la stessa si basava su una delibera di ripartizione delle spese intervenuta nel 2006, quando egli aveva venduto la propria unità immobiliare e, quindi, non aveva potuto né partecipare all’assemblea, né impugnarne la decisione.

La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter dar ragione al ricorrente, rigettando il relativo ricorso.

Osservava la Cassazione, in proposito, che, ai sensi dell’art. 63 delle disposizioni di attuazione del cod. civ., “chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente”.

Precisava la Cassazione, poi, che per individuare quando sorga l’obbligo di partecipazione alle spese condominiali per l’esecuzione di lavori di straordinaria amministrazione sulle parti comuni dell’edificio, “deve farsi riferimento alla data di approvazione della delibera assembleare che ha disposto l'esecuzione di tale intervento, avendo la stessa delibera valore costitutivo della relativa obbligazione”.

Evidenziava la Cassazione, inoltre, che la vendita dell’unità immobiliare prima che sia stata approvata la ripartizione della spesa inerente l’esecuzione dei lavori, non estingue il debito originario dell’ex condomino, che può essere fatto valere anche davanti al Tribunale.

Ciò considerato, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dall’ex condomino, confermando integralmente la sentenza resa dalla Corte d’appello e condannando il ricorrente anche al pagamento delle spese processuali.


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