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Condominio, se rimuovi un tramezzo durante i lavori di ristrutturazione, rischi di pagare i danni: la Cassazione

Condominio, se rimuovi un tramezzo durante i lavori di ristrutturazione, rischi di pagare i danni: la Cassazione
La Corte di Cassazione ha confermato un principio significativo: anche un tramezzo originariamente non portante, se rimosso senza le dovute verifiche, può causare danni strutturali agli elementi sovrastanti e comportare responsabilità per chi lo ha demolito
Un tramezzo è una parete interna non portante, usata per suddividere gli spazi interni. La sua rimozione, in teoria, non compromette la struttura dell’edificio. Tuttavia, ci sono eccezioni importanti.

Quando può causare danni strutturali?
La rimozione di un tramezzo può provocare danni se:
  • la parete è erroneamente considerata non portante, ma in realtà contribuisce alla stabilità (es. pareti in muratura portante o semi-portante);
  • il tramezzo sostiene controsoffitti, impianti pesanti o travi secondarie;
  • vengono alterate distribuzioni di carico, specialmente in edifici vecchi o con struttura mista.

In questi casi, agire senza verifica può causare:
  • fessurazioni nei muri adiacenti;
  • cedimenti locali;
  • compromissione della staticità;
  • danni irreversibili alla struttura portante.

Nella prassi può accadere - soprattutto negli edifici più datati e realizzati in muratura - che i muri divisori diventino, nel tempo, elementi fondamentali per la stabilità complessiva e per la distribuzione delle sollecitazioni strutturali. Ciò comporta che la loro rimozione non sia del tutto irrilevante, in quanto potrebbe causare lesioni o crepe nei muri e nei solai sovrastanti.
Tale aspetto diventa fondamentale in un contesto condominiale, in quanto la loro rimozione può avere conseguenze significative, specie - per l'appunto - quando questi muri, nel tempo, abbiano assunto una funzione di supporto non originariamente prevista.

In materia si richiama l’ordinanza n. 4867 del 25 febbraio 2025, con cui la Corte di Cassazione ha confermato un principio significativo: anche un tramezzo originariamente non portante, se rimosso senza le dovute verifiche, può causare danni strutturali agli elementi sovrastanti e comportare responsabilità per chi lo ha demolito.

La vicenda
Un proprietario aveva rimosso un tramezzo del piano terra. Sebbene originariamente non concepito con funzione strutturale, con il tempo quel tramezzo aveva finito per sostenere una parte del solaio soprastante. Così, a seguito della demolizione del tramezzo, la controparte segnalava la presenza di gravi lesioni e danni strutturali nel proprio appartamento (posto al piano superiore), ritenendo che tali danni fossero diretta conseguenza dell’intervento effettuato nei locali sottostanti.

Le argomentazioni della Cassazione
Nel pronunciarsi sul ricorso, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio consolidato: il nesso di causalità è elemento costitutivo dell’illecito civile e spetta al giudice di merito individuare, tra le eventuali concause, quelle effettivamente rilevanti nella produzione del danno.

A tal fine, il giudice è chiamato ad applicare un criterio selettivo che consenta di isolare la cosiddetta “causa prossima di rilievo”, ossia quella che, da sola, risulta sufficiente a determinare l’evento dannoso.
Pertanto, ad avviso della Suprema Corte, la Corte d’Appello si è correttamente attenuta a tali principi, ritenendo la demolizione della parete interna come unica causa delle lesioni riscontrate nell’immobile sovrastante.

In particolare, il giudice d’appello ha fondato la propria decisione su un duplice accertamento tecnico:
  • la rimozione del tramezzo è stata la condicio sine qua non dell’insorgenza delle lesioni;
  • il preesistente deterioramento del solaio non ha avuto alcuna incidenza causale, poiché lo stesso risultava stabilizzato proprio grazie all’appoggio sul tramezzo sottostante, condizione di equilibrio venuta meno unicamente per effetto della demolizione.
Questa interpretazione evidenzia, invero, come - anche in presenza di elementi preesistenti (es. vetustà o degrado) - sia possibile attribuire piena responsabilità al soggetto che ha provocato l’alterazione dell’equilibrio statico, laddove tale intervento si riveli idoneo, da solo, a determinare il danno.

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