Una nuova stagione si apre per i concorsi pubblici italiani. Con la
sentenza n. 15825/2025, il
TAR Lazio ha stabilito un principio destinato a ridisegnare le modalità di reclutamento nella
Pubblica Amministrazione:
attribuire un punteggio doppio ai candidati che hanno conseguito la laurea di recente è non solo legittimo, ma rappresenta uno strumento fondamentale per garantire equità nelle selezioni. Questa decisione non riguarda un singolo bando isolato, ma introduce una regola generale applicabile a tutte le future procedure concorsuali, segnando una svolta rispetto al passato.
Per i giudici amministrativi, la "freschezza" del titolo di studio non costituisce una discriminazione nei confronti dei candidati più maturi, ma al contrario serve a riconoscere il valore del sapere aggiornato e di quel potenziale che può essere immediatamente messo a frutto nell'amministrazione pubblica moderna. L'obiettivo dichiarato è, quindi, quello di riequilibrare le opportunità di partenza tra le diverse generazioni che si affacciano alle selezioni pubbliche, garantendo che il merito venga valutato in tutte le sue dimensioni, dalla preparazione accademica recente all'esperienza consolidata nel tempo.
Compensare gli svantaggi strutturali
Il TAR Lazio ha chiarito che questo meccanismo premiale non è una scelta arbitraria dell'amministrazione, ma risponde a una logica precisa e profondamente coerente con i
principi costituzionali di uguaglianza sostanziale e di buon andamento della Pubblica Amministrazione. Il cuore della questione risiede nella necessità di garantire a tutti i partecipanti le stesse possibilità effettive di successo, andando oltre la mera uguaglianza formale.
Offrire un riconoscimento aggiuntivo a chi ha completato il proprio percorso universitario in tempi recenti - rispetto alla pubblicazione del bando - risponde a una logica di compensazione strutturale. Si tratta, in termini concreti, di
riequilibrare il punto di partenza tra due categorie di candidati che si trovano in posizioni oggettivamente differenti. Da una parte ci sono i
neolaureati, appena usciti dall'
università e alla loro prima esperienza nel mondo del lavoro pubblico. Dall'altra parte si collocano i
candidati che hanno concluso gli studi da diversi anni e che hanno avuto a disposizione un tempo prezioso per costruire un
curriculum solido, accumulando esperienze professionali significative, conseguendo
master, dottorati di ricerca e altre specializzazioni che nei concorsi pubblici tradizionali garantiscono punteggi aggiuntivi considerevoli.
Senza un correttivo come quello della valutazione temporale del titolo, i giovani laureati partirebbero inevitabilmente svantaggiati rispetto a colleghi più anziani che hanno potuto stratificare competenze e qualificazioni nel corso degli anni. Il raddoppio del punteggio per la laurea recente diventa quindi lo strumento tecnico attraverso cui ridurre questi svantaggi strutturali, permettendo ai candidati più giovani di competere su un piano di maggiore equità sostanziale.
Competitività effettiva, non privilegi immotivati
La logica sottesa a questo meccanismo non è quella di concedere agevolazioni ingiustificate o di abbassare l'asticella del merito. L'intento è diametralmente opposto: si tratta di
rafforzare la competitività effettiva dei candidati più giovani, che altrimenti si troverebbero penalizzati già ai nastri di partenza della selezione. Il ragionamento del TAR si fonda su un'idea moderna e dinamica di
funzione pubblica, nella quale il
ricambio generazionale non rappresenta uno
slogan politico, ma si traduce in misure concrete e misurabili.
In una Pubblica Amministrazione sempre più chiamata a rinnovarsi, digitalizzarsi e adeguarsi alle sfide contemporanee, l'incentivo all'ingresso di giovani professionisti diventa una forma di selezione coerente con l'interesse pubblico primario: il reclutamento di risorse umane fresche, portatrici di un sapere aggiornato e in grado di integrarsi rapidamente nei processi organizzativi moderni. La sentenza del TAR traccia una linea interpretativa significativa riguardo al concetto stesso di competenza: premiare i titoli più recenti è legittimo proprio perché valorizza un patrimonio di conoscenze allineate con le ultime evoluzioni normative, tecnologiche e metodologiche.
Il candidato che ha appena concluso gli studi porta con sé nozioni fresche, approcci di studio contemporanei e una preparazione accademica che riflette gli sviluppi più recenti della disciplina. Questo "potenziale immediatamente spendibile" rappresenta un valore che la Pubblica Amministrazione ha tutto l'interesse a incamerare, per migliorare la propria efficienza e capacità di risposta alle esigenze dei cittadini. Il sistema delineato dalla sentenza crea un bilanciamento perfetto: chi ha avuto più tempo per conseguire titoli post-universitari mantiene il suo vantaggio competitivo derivante da master, specializzazioni e dottorati, mentre chi si affaccia ora al mercato del lavoro pubblico può contare sul proprio rendimento accademico e sulla recente acquisizione del titolo per entrare effettivamente in competizione.
Una nuova strategia di reclutamento per la P.A. del futuro
Dal punto di vista giuridico, la pronuncia sottolinea un aspetto rilevante per tutte le amministrazioni che indicono concorsi pubblici. L'inserimento di questa clausola nei bandi si colloca all'interno di una cornice normativa che riconosce all'amministrazione un ampio margine di discrezionalità nei criteri di valutazione. Non esiste un obbligo rigido di valutare esclusivamente l'anzianità di servizio o il voto di laurea, ma sussiste la libertà di modellare i criteri in base alle esigenze specifiche dell'ente e agli obiettivi strategici che si intendono perseguire.
Il principio affermato dal TAR Lazio è, quindi, duplice e rafforza significativamente la posizione degli enti pubblici: da un lato la misura viene giudicata equilibrata e non lesiva dei diritti di alcuna categoria di candidati; dall'altro viene riconosciuta come legittimamente prevista quale componente di una strategia di selezione orientata all'efficienza organizzativa e all'equità sostanziale. Le amministrazioni hanno il diritto di disegnare i propri bandi in modo da attrarre le professionalità che ritengono più utili in un determinato momento storico, e i giovani neolaureati rientrano pienamente in questa categoria.