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Cibo conservato in pessime condizioni

Cibo conservato in pessime condizioni
Condanna per i venditori ambulanti che non conservano gli alimenti in adeguate condizioni igieniche.
Il Tribunale penale di Aosta, con la sentenza n. 345 del 30 giugno 2016, si è pronunciato su di un interessante caso avente ad oggetto la vendita di alimenti da parte dei venditori ambulanti.

Nel caso esaminato dal Tribunale, dei venditori ambulanti erano stati imputati del reato di cui all’art. 5 della legge n. 283 del 1962, in quanto “detenevano per la vendita prodotti alimentari in cattivo stato di conservazione”.

Nel caso di specie, gli ambulanti in questione erano stati accusati di aver detenuto “salumi e formaggi esposti a temperature elevate che ne causavano il deterioramento ed in alcuni casi il compenetramento tra l’etichetta e la crosta esterna”, di aver mantenuto “in scarse condizioni igieniche sia gli alimenti sia i coltelli da taglio, a causa dell’indisponibilità di acqua corrente”, nonché di non aver impedito, “anche a causa della mancanza di un piano di autocontrollo aziendale – che a contatto con gli alimenti entrassero agenti infestanti quali mosche ed altri insetti”.

Il Tribunale, nel pronunciarsi sulla questione, evidenziava come, dai controlli effettuati sul banco di vendita, fosse emerso che una parte dei formaggi venduti dagli ambulanti “si trovava in cattivo stato di conservazione, atteso che essa si presentava con anomala colorazione brunita e con “spanciature” (anomali rigonfiamenti e venature delle croste), dovuta all’eccessiva temperatura alla quale era esposta”.

Inoltre, erano state rilevate “carenze igieniche sia in relazione al mancato lavaggio dei coltelli adoprato per il taglio dei formaggi, sia in relazione alle modalità di presentazione dei prodotti esposti, non protetti da agenti infestanti quali mosche ed altri insetti”.

Secondo il Tribunale, quindi, doveva ritenersi integrata la fattispecie di cui all’art. 5 della legge n. 283 del 1962, dal momento che, ai fini della configurabilità del reato, non è necessario “che il cattivo stato di conservazione si riferisca alle caratteristiche intrinseche delle sostanze alimentari, ma è sufficiente che esso riguardi le modalità estrinseche con cui si realizza, le quali devono uniformarsi alle prescrizioni normative, se sussistenti, o a norme di comune esperienza, poiché, attesa la natura di reato di pericolo presunto, non si esige per la sua configurabilità un previo accertamento sulla commestibilità dell’alimento, né il verificarsi di un danno per la salute del consumatore, ben potendo assumere rilievo penale le sole modalità estrinseche di conservazione del prodotto (cfr. sul punto specifico Cass. n. 35234/2007) o lo stoccaggio dei prodotti in locali sporchi o insalubri e quindi igienicamente inidonei alla conservazione (cfr. Cass. n. 9477/2005)”.

Nel caso in esame, osservava il Tribunale, “l’esposizione prolungata per la vendita (per diversi giorni e per molte ore al giorno) di fontina o altri formaggi, anche in forme già tagliate, a temperature eccessive in ragione della stagione estiva e per di più senza adeguata protezione dagli agenti esterni, in tal modo lasciati liberi di posarsi su generi alimentari destinati al consumo umano diretto, anche senza previo trattamento di cottura”, non costituiva “modalità idonea alla conservazione di prodotti alimentari, trattandosi, in base a norme di comune esperienza, di generi soggetti a deterioramento se esposti a temperature estive”.

Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale condannava gli imputati per il reato loro ascritto, condannandoli, altresì, al pagamento delle spese processuali.


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