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Cannabis light, novità in arrivo, il Consiglio di Stato ferma tutto, ora decide l'Europa: può saltare il divieto italiano

Cannabis light, novità in arrivo, il Consiglio di Stato ferma tutto, ora decide l'Europa: può saltare il divieto italiano
Il massimo organo della giustizia amministrativa italiana si ferma e rimette la palla alla Corte di Giustizia UE. In gioco c'è il futuro di un intero settore: la decisione di Lussemburgo potrebbe obbligare il nostro Paese a riscrivere completamente le regole sulla canapa a basso THC. Ecco i dettagli
Con un'ordinanza datata 12 novembre 2025, la Sesta Sezione del Consiglio di Stato ha preso una decisione che potrebbe cambiare definitivamente le sorti della cannabis light in Italia. I giudici amministrativi hanno, infatti, sospeso il proprio giudizio e deciso di rivolgersi direttamente alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, attraverso un rinvio pregiudiziale. Si tratta di uno strumento giuridico che viene utilizzato quando un tribunale nazionale ha dei dubbi sull'interpretazione o sulla validità del diritto europeo. In questo caso specifico, il Consiglio di Stato ritiene che ci sia un conflitto evidente tra le norme italiane e quelle comunitarie in materia di coltivazione e commercio della canapa sativa con basso contenuto di THC.
La normativa italiana continua infatti a vietare l'utilizzo di foglie e infiorescenze di cannabis, anche quando il principio attivo stupefacente si mantiene al di sotto dei limiti stabiliti dall'Unione Europea. Questo divieto, secondo i ricorrenti, contrasterebbe con le disposizioni europee che, invece, permettono la libera circolazione e l'impiego delle varietà agricole regolarmente iscritte nel catalogo comune europeo.
Il ricorso che ha scatenato la questione europea
A sollevare la questione davanti al Consiglio di Stato è stata un'ampia rete di soggetti direttamente interessati al settore: Federcanapa, Canapa Sativa Italia e numerosi produttori e associazioni di categoria hanno presentato ricorso contro i Ministeri dell'Agricoltura, della Salute e dell'Ambiente. Il loro obiettivo è chiaro: contestare il sistema normativo italiano basato principalmente sul Testo unico stupefacenti (D.P.R. 309/1990) e sulla Legge 242/2016, che regolamenta la coltivazione e la filiera della canapa.
Secondo i ricorrenti, queste norme impediscono di fatto l'utilizzo legale anche delle parti della pianta che non hanno effetti stupefacenti, come foglie, infiorescenze, olio e resina, quando provengono da varietà certificate con THC nei limiti consentiti. Questa situazione crea un ostacolo insormontabile allo sviluppo di un comparto agricolo e industriale che, in molti altri Stati membri dell'Unione Europea, opera invece regolarmente e in piena legalità. Le imprese italiane si trovano così in una posizione di svantaggio competitivo rispetto ai loro colleghi europei, impossibilitate a sfruttare appieno le potenzialità economiche di una coltivazione che, altrove, genera posti di lavoro e innovazione.
I dubbi del Consiglio di Stato sul diritto europeo
Il Consiglio di Stato non ha preso la decisione di rivolgersi a Lussemburgo alla leggera. I giudici amministrativi hanno individuato profili di possibile incompatibilità tra il diritto nazionale e quello dell'Unione Europea, con particolare riferimento agli articoli da 34 a 38 del Trattato sul funzionamento dell'UE, che garantiscono la libera circolazione delle merci nel mercato interno europeo. Inoltre, sono stati chiamati in causa anche i regolamenti europei in materia agricola, che autorizzano espressamente la coltivazione di specifiche varietà di canapa con contenuto di THC entro determinate soglie.
La Corte di Giustizia dovrà, quindi, pronunciarsi su una questione fondamentale: le norme italiane violano i principi cardine dell'Unione Europea, come la libera circolazione delle merci e la concorrenza leale tra operatori economici? E, ancora, il divieto italiano rispetta le direttive agricole comunitarie che permettono la produzione di canapa legale? In attesa di queste risposte, il Consiglio di Stato ha disposto la sospensione del giudizio, seguendo peraltro la stessa linea già adottata in un altro procedimento parallelo catalogato con il numero 7267/2023, che affronta tematiche identiche.
Cosa potrebbe cambiare con la sentenza europea
La decisione della Corte di Giustizia UE potrebbe avere effetti dirompenti sull'intero sistema normativo italiano in materia di cannabis. Se i giudici di Lussemburgo dovessero riconoscere la prevalenza del diritto europeo su quello nazionale, l'Italia si troverebbe di fronte all'obbligo di rivedere completamente l'impianto legislativo che, attualmente, equipara la cannabis light a quella con effetti stupefacenti. Non si tratterebbe solo di una questione tecnico-giuridica, ma di una vera e propria rivoluzione normativa che riguarderebbe produzione, trasformazione, distribuzione e commercializzazione di tutti i derivati della canapa a basso THC.
Un intero settore economico, che da anni opera in una zona grigia tra legalità formale e divieti pratici, potrebbe finalmente ottenere regole certe e definitive. Le conseguenze si estenderebbero ben oltre il piano giuridico: migliaia di operatori economici, agricoltori, trasformatori e commercianti attendono questa pronuncia per poter pianificare investimenti, assunzioni e sviluppo di nuovi prodotti. La sentenza della Corte di Giustizia rappresenta, quindi, un passaggio storico che potrebbe finalmente portare chiarezza in un ambito caratterizzato da incertezze normative e interpretazioni contraddittorie, permettendo all'Italia di allinearsi agli standard europei e di sbloccare le potenzialità di un mercato ancora largamente inesplorato.


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