Quando il Fisco vuole battere cassa, non sempre la legge sta dalla sua parte. Una recente vicenda lo conferma e ricorda l'esistenza di una speciale procedura legale denominata "esdebitazione", grazie alla quale - se viene accertato che il contribuente non ha le risorse finanziarie per pagare l'Agenzia delle Entrate - il giudice ha il potere di cancellare il debito. Infatti, il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, riformato negli ultimi anni, non è rivolto esclusivamente alle aziende, ma anche alle persone fisiche sovraindebitate, cioè a tutti coloro che si trovano schiacciati da debiti non più sostenibili.
Nel caso concreto, giunto all'attenzione della magistratura siciliana, una contribuente era finita nel bersaglio dell'Amministrazione finanziaria, la quale affermava di essere creditrice - nei suoi confronti - di una somma pari a quasi 90mila euro. In particolare, la donna gestiva un'agenzia di scommesse e - nell'esercizio della sua attività lavorativa - non avrebbe ottemperato all'obbligo di pagare una specifica imposta, nel biennio 2013-2015. Più nel dettaglio, l'importo dovuto era legato al cosiddetto Prelievo erariale unico (Preu), quell'imposta che grava sulle somme giocate e sulle vincite relative ai giochi pubblici.
Nel corso del tempo, l'insoluto aveva generato sanzioni amministrative e interessi moratori, tanto che la somma era diventata così ingente da non poter più essere saldata. Nacque un complesso contenzioso con le Entrate, che ruotava su una questione principale: il Preu si applica soltanto ai soggetti titolari di una concessione statale. Ma la donna, in realtà, non era concessionaria diretta, gestendo l'attività - all'epoca - in altra forma. Nel frattempo, l'attività aveva subito un forte calo di fatturato e, infine, la chiusura nel 2015. Da allora, la donna non ha più percepito alcun reddito e ha potuto vivere solo grazie al costante aiuto economico dei familiari. Inoltre, i contrasti con il Fisco si sono rivelati particolarmente delicati, perché la donna non disponeva delle risorse necessarie per accedere a una definizione agevolata o a un piano di rateizzazione.
La sua condizione è stata - quindi - considerata di insolvenza irreversibile e di sovraindebitamento, cioè una situazione in cui una persona fisica non è più materialmente in grado di far fronte ai propri debiti, nemmeno in prospettiva futura. La sola soluzione, prevista dalla legge, era costituita - a quel punto - da quella che, all'art. 283 del codice della crisi d'impresa, è definita esdebitazione del debitore incapiente, da disporsi con apposita istanza e successivo decreto del giudice.
In sintesi, si tratta di una procedura straordinaria che consente, in casi particolari, la cancellazione totale dei debiti di chi:
Nel caso concreto, giunto all'attenzione della magistratura siciliana, una contribuente era finita nel bersaglio dell'Amministrazione finanziaria, la quale affermava di essere creditrice - nei suoi confronti - di una somma pari a quasi 90mila euro. In particolare, la donna gestiva un'agenzia di scommesse e - nell'esercizio della sua attività lavorativa - non avrebbe ottemperato all'obbligo di pagare una specifica imposta, nel biennio 2013-2015. Più nel dettaglio, l'importo dovuto era legato al cosiddetto Prelievo erariale unico (Preu), quell'imposta che grava sulle somme giocate e sulle vincite relative ai giochi pubblici.
Nel corso del tempo, l'insoluto aveva generato sanzioni amministrative e interessi moratori, tanto che la somma era diventata così ingente da non poter più essere saldata. Nacque un complesso contenzioso con le Entrate, che ruotava su una questione principale: il Preu si applica soltanto ai soggetti titolari di una concessione statale. Ma la donna, in realtà, non era concessionaria diretta, gestendo l'attività - all'epoca - in altra forma. Nel frattempo, l'attività aveva subito un forte calo di fatturato e, infine, la chiusura nel 2015. Da allora, la donna non ha più percepito alcun reddito e ha potuto vivere solo grazie al costante aiuto economico dei familiari. Inoltre, i contrasti con il Fisco si sono rivelati particolarmente delicati, perché la donna non disponeva delle risorse necessarie per accedere a una definizione agevolata o a un piano di rateizzazione.
La sua condizione è stata - quindi - considerata di insolvenza irreversibile e di sovraindebitamento, cioè una situazione in cui una persona fisica non è più materialmente in grado di far fronte ai propri debiti, nemmeno in prospettiva futura. La sola soluzione, prevista dalla legge, era costituita - a quel punto - da quella che, all'art. 283 del codice della crisi d'impresa, è definita esdebitazione del debitore incapiente, da disporsi con apposita istanza e successivo decreto del giudice.
In sintesi, si tratta di una procedura straordinaria che consente, in casi particolari, la cancellazione totale dei debiti di chi:
- si trova in una situazione di assoluta impossibilità di pagare;
- è considerato "meritevole", ossia non ha contratto debiti in modo fraudolento, in malafede o con colpa grave;
- collabora nello svolgimento della procedura fornendo tutte le informazioni e i documenti necessari;
- non possiede beni né redditi utili a soddisfare, nemmeno parzialmente, i creditori.
È importante ricordare che - per espressa disposizione normativa - l'esdebitazione del debitore incapiente può essere concessa una sola volta nella vita, proprio perché comporta la cancellazione definitiva e totale dei debiti residui. Nel caso concreto, alla donna costretta a suo tempo a chiudere l'attività è stata riconosciuta la mancanza di risorse economiche e di prospettive future di reddito. Con provvedimento giudiziario ne è conseguita, così, la cancellazione integrale del debito di quasi 90mila euro nei confronti dell'Agenzia delle Entrate.
C’è, tuttavia, una condizione da rispettare: il controllo triennale successivo. Infatti, nei tre anni successivi al provvedimento di esdebitazione, il debitore deve comunicare annualmente all'OCC (Organismo di Composizione della Crisi) eventuali nuove utilità o redditi sopravvenuti. Se entro quei tre anni ottiene risorse superiori al minimo vitale, cioè eccedenti quanto serve a un tenore di vita dignitoso, allora deve destinarle ai creditori, nei limiti del possibile. Altrimenti l'esdebitazione avrà piena applicazione.
Concludendo, la legge contiene sì rigide norme tributarie nei confronti dei contribuenti, ma - al contempo - riconosce che non tutti i debiti possono essere riscossi a ogni costo, soprattutto quando a contrarli è una persona onesta ma travolta da circostanze economiche sfavorevoli.
C’è, tuttavia, una condizione da rispettare: il controllo triennale successivo. Infatti, nei tre anni successivi al provvedimento di esdebitazione, il debitore deve comunicare annualmente all'OCC (Organismo di Composizione della Crisi) eventuali nuove utilità o redditi sopravvenuti. Se entro quei tre anni ottiene risorse superiori al minimo vitale, cioè eccedenti quanto serve a un tenore di vita dignitoso, allora deve destinarle ai creditori, nei limiti del possibile. Altrimenti l'esdebitazione avrà piena applicazione.
Concludendo, la legge contiene sì rigide norme tributarie nei confronti dei contribuenti, ma - al contempo - riconosce che non tutti i debiti possono essere riscossi a ogni costo, soprattutto quando a contrarli è una persona onesta ma travolta da circostanze economiche sfavorevoli.