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Caldaie a gas, stop al divieto dal 2029, marcia indietro dell'Europa: ecco la nuova proposta e qual'è la nuova data

Caldaie a gas, stop al divieto dal 2029, marcia indietro dell'Europa: ecco la nuova proposta e qual'è la nuova data
La Commissione europea elimina lo stop imminente alla vendita delle caldaie tradizionali, privilegiando un percorso più sostenibile sia per l’ambiente sia per le famiglie, mantenendo lo sguardo agli obiettivi del 2040
Negli ultimi anni l’Unione Europea ha intensificato il proprio impegno nella transizione energetica degli edifici, ponendo particolare attenzione ai sistemi di riscaldamento domestico, da sempre tra i maggiori responsabili del consumo energetico e delle emissioni di gas climalteranti. In questo scenario, le caldaie a gas sono diventate uno degli elementi più discussi: per mesi si è parlato del 2029 come data spartiacque, in cui sarebbe scattato un divieto generalizzato alla loro vendita e installazione. Questa prospettiva nasceva da versioni precedenti della revisione del Regolamento "Ecodesign" n. 813/2013/EU, che aveva previsto un indice minimo di efficienza stagionale così elevato da rendere, di fatto, impossibile l’immissione sul mercato delle caldaie tradizionali a gas dopo il 2029.

Tuttavia, l’ultima bozza della Commissione europea, oggi in fase di consultazione pubblica, ha marcato un cambio di rotta, eliminando quel divieto automatico e aprendo alla possibilità che le caldaie a gas continuino a essere commercializzate anche dopo il 2029. Questa decisione ha immediate ripercussioni pratiche e giuridiche, perché scongiurerà una scadenza che avrebbe comportato effetti economici particolarmente rilevanti: il bando netto avrebbe, infatti, determinato una sostituzione accelerata degli impianti in moltissime abitazioni, con costi significativi per famiglie, proprietari immobiliari e amministratori di condominio. Sul piano giuridico, comunque, resta l’obiettivo fissato dalla Direttiva EPBD 2024 (direttiva Case Green), che prevede l’eliminazione progressiva dell’uso di impianti alimentati a combustibili fossili nelle nuove costruzioni o negli edifici in ristrutturazione entro il 2040.

Un divieto rigido avrebbe, però, prodotto un duplice effetto economico:
  • da un lato, la forte domanda concentrata in un arco temporale limitato avrebbe verosimilmente fatto aumentare i prezzi di prodotti e installazioni, con un rischio concreto di rincari per carenza di offerta;
  • dall'altro, l’assenza di incentivi sulle caldaie a combustibile fossile, già eliminati dal 2025, avrebbe reso l’onere della sostituzione interamente a carico dei cittadini, in un momento in cui molti non sarebbero stati pronti a sostenere una spesa così significativa.

Il compromesso individuato dall’Unione Europea passa anche attraverso il riconoscimento e la valorizzazione di tecnologie intermedie, come le caldaie a compensazione. Questi modelli, più ecocompatibili rispetto alle caldaie tradizionali e capaci di integrare sistemi ibridi o soluzioni più efficienti, rappresentano una via di mezzo tra l’impianto totalmente fossile e la pompa di calore pura. Consentono agli utenti di ridurre l’impatto ambientale del proprio sistema di riscaldamento senza affrontare immediatamente investimenti molto onerosi, mantenendo al contempo una certa continuità con le abitudini e le infrastrutture domestiche esistenti.

L’apertura a queste soluzioni riflette la volontà europea di conciliare esigenze ambientali e sostenibilità economica. Non si rinuncia all’obiettivo di lungo periodo - che rimane l’eliminazione dei combustibili fossili nei nuovi impianti entro il 2040 - ma si consente un passaggio graduale, più compatibile con la realtà del patrimonio edilizio europeo. La gradualità, in particolare, è uno dei punti centrali della nuova impostazione normativa: concedere più tempo significa dare ai cittadini la possibilità di programmare la sostituzione in modo sostenibile, valutare con calma le soluzioni migliori, approfittare dell’evoluzione del mercato e dei prezzi delle tecnologie green e ridurre la pressione economica immediata.

Questa dilazione temporale ha un effetto positivo anche per l’industria del settore, che potrà adattarsi in modo meno traumatico, sviluppare prodotti più performanti e investire in ricerca senza la paura di scadenze troppo ravvicinate. Un mercato più stabile e meno “forzato” potrebbe, inoltre, favorire un calo dei prezzi delle tecnologie alternative, rendendo la transizione più accessibile per tutti.

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