L’incidente è avvenuto di notte in una zona turistica molto frequentata, dove ci si aspetterebbe la massima attenzione alla sicurezza. Il pedone ha messo il piede su uno scalino di circa 15 centimetri, completamente nascosto da un vero e proprio cono d’ombra creato dalla scarsa illuminazione. In quelle condizioni lo scalino non si vedeva: non era una distrazione del passante, ma una trappola visiva.
Il tribunale ha qualificato la situazione alla stregua di una trappola stradale, cioè un pericolo reale e concreto che deriva dall’assetto dell’ambiente urbano. Ciò è particolarmente pericoloso in aree turistiche, dove chi cammina può essere distratto, stanco o avere poca familiarità con i dislivelli del terreno. Dove manca la luce, insomma, qualsiasi piccolo difetto del marciapiede può diventare un rischio serio per chi passeggia la sera.
La base giuridica: perché il Comune è responsabile anche senza colpa
La decisione si fonda sul principio della
responsabilità da custodia, previsto dall’
art. 2051 del c.c.. In termini pratici significa che
chi ha la custodia di una cosa - in questo caso il Comune rispetto ai marciapiedi e alle strade pubbliche - risponde per i danni che quella cosa provoca, senza che sia necessario dimostrare una colpa specifica dell’ente.
La
sentenza n. 2380 del 31 luglio 2025 del Tribunale di Lecce ricorda che non basta provare la negligenza:
è sufficiente dimostrare il nesso causale tra il difetto della struttura e l’infortunio subito. L’unica scappatoia teorica per l’ente sarebbe stata dimostrare un
caso fortuito, cioè un evento imprevedibile e inevitabile, ma nel caso concreto non c’era nulla di simile: lo scalino c’era e la mancanza di luce lo rendeva pericoloso. Con questo ragionamento il tribunale ribadisce una regola chiara:
la sicurezza degli spazi pubblici è prioritaria e l’ente custode ne è responsabile.
La difesa del Comune bocciata: prove, foto e testimonianze hanno fatto la differenza
Il Comune ha provato a scaricare la colpa sulla vittima, invocando il concorso di colpa, in quanto sosteneva che la caduta fosse stata causata dalla disattenzione del pedone. Ma le foto scattate sul posto e le testimonianze oculari hanno mostrato che lo scalino era effettivamente invisibile anche a chi camminava con attenzione. Il giudice ha, quindi, escluso che la condotta del pedone sia stata determinante: la pericolosità del luogo non poteva essere percepita con la normale diligenza richiesta a una persona comune. La sentenza manda un segnale ai Comuni: non è sufficiente invocare la responsabilità individuale dei passanti quando l’ambiente pubblico è evidentemente pericoloso.
Il risarcimento e le conseguenze pratiche per l’amministrazione locale
Il giudice ha quantificato il danno complessivo in oltre 11.700 euro: circa 8.800 euro per il danno non patrimoniale, calcolato sulla base di una invalidità permanente del 4%, e circa 2.900 euro per il danno patrimoniale, che comprende spese mediche e altre spese sostenute dal pedone.
Dietro queste cifre c’è una procedura tecnico-giudiziaria: visite medico-legali che stimano l’invalidità, documentazione delle spese e un computo economico delle perdite. Ma il vero effetto pratico va oltre il risarcimento: la sentenza è un monito per tutte le amministrazioni locali a investire in manutenzione, a correggere dislivelli pericolosi, a progettare illuminazione che eviti zone d’ombra e - almeno temporaneamente - a posizionare segnaletica o barriere quando il rischio non può essere eliminato subito. In definitiva, trascurare marciapiedi e illuminazione non è solo una questione estetica: è un problema di sicurezza che può costare caro, in termini umani ed economici.