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Avvocato, scatta la sospensione di un anno se non emetti fattura, è una violazione del Codice Deontologico: Cassazione

Avvocato, scatta la sospensione di un anno se non emetti fattura, è una violazione del Codice Deontologico: Cassazione
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno confermato la legittimità della sanzione disciplinare inflitta a un avvocato, colpevole – tra le altre cose – di aver percepito ingenti somme a titolo di compenso professionale senza emettere alcuna ricevuta fiscale
Il procedimento disciplinare a carico dell’avvocato trae origine da un esposto presentato da una cliente verso il proprio legale, incolpato:
  • di non aver iscritto a ruolo 12 giudizi per i quali aveva ricevuto procura;
  • di aver incassato somme ingenti senza emettere fattura;
  • di aver richiesto compensi sproporzionati rispetto all’attività posta in essere;
  • di aver notificato un atto di precetto su assegni post-datati, malgrado l’inadempimento al mandato.

Il Consiglio Distrettuale di Disciplina di Roma ha ritenuto fondate le contestazioni, irrogando la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per un anno. Il Consiglio Nazionale Forense ha confermato la decisione.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 26232 del 26 settembre 2025, ha confermato la legittimità della sanzione disciplinare. La sentenza è chiara e inequivocabile: la mancata fatturazione non è una mera irregolarità contabile, ma un comportamento lesivo dei principi di lealtà, correttezza e solidarietà che devono sempre guidare l’operato di ogni avvocato. Ancora, il Supremo Collegio puntualizza che - nell'ambito del procedimento disciplinare a carico dell’avvocato - l’incolpazione deve essere sufficientemente specifica da consentire l’esercizio del diritto di difesa, ma non è richiesta una formulazione analitica come nel processo penale.

La vicenda
L’origine del procedimento disciplinare risale alla decisione del Consiglio Distrettuale di Disciplina Forense di Roma, che il 16 novembre 2023 ha disposto la sospensione dall’esercizio della professione per un anno nei confronti del legale, ritenendo fondate le accuse mosse da un ex cliente.
L’addebito principale riguarda l’incasso non tracciato di 33.000 euro, avvenuto nel corso di un anno, senza che fosse mai stata rilasciata alcuna fattura. Nello specifico, la sentenza elenca i seguenti pagamenti:
  • € 12.000,00 con assegno (19.09.2018)
  • € 2.000,00 con assegno (19.09.2018)
  • € 3.500,00 con assegno (28.11.2018)
  • € 5.500,00 con assegno (28.11.2018)
  • € 10.000,00 con bonifico bancario (20.09.2019).
Pagamenti effettuati in modo regolare dal cliente, ma mai accompagnati dall’emissione dei relativi documenti fiscali.

Secondo la Suprema Corte, il comportamento dell’avvocato integra una violazione palese di alcune disposizioni fondamentali del Codice Deontologico Forense. In particolare, vengono richiamati i seguenti articoli:
  • art. 9, comma 1: dovere di probità, dignità e decoro;
  • art. 16, comma 1: dovere di lealtà e correttezza;
  • art. 29, comma 3: obbligo di rilasciare tempestivamente la fattura per ogni pagamento ricevuto.
Proprio l’articolo 29 sancisce in modo chiaro l’obbligo di emissione della fattura contestualmente alla riscossione del compenso, indipendentemente dalla natura del pagamento, inclusi i compensi forfettari ("palmari").

Nella motivazione, la Corte di Cassazione evidenzia come l’obbligo di fatturazione non sia soltanto un adempimento fiscale, ma rappresenti un dovere deontologico con forti implicazioni etiche e sociali. Emettere una fattura, infatti, significa agire nel rispetto dei principi di trasparenza, correttezza fiscale e solidarietà sociale. È un atto che tutela l’immagine del singolo professionista e contribuisce a salvaguardare la fiducia della collettività nella classe forense nel suo complesso. La Corte definisce il rispetto delle regole fiscali come un “canone generale dell’agire di ogni avvocato”, da non intendersi circoscritto all’ambito tributario, ma parte integrante del patto fiduciario tra il legale e la società.

La mancata emissione della fattura non è dunque un’irregolarità formale, ma un atto che lede la fiducia pubblica e compromette il decoro della professione forense. In questo senso, la sospensione irrogata non ha solo una finalità sanzionatoria, ma serve a riaffermare con forza gli standard etici irrinunciabili che regolano l’esercizio dell’avvocatura.

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