È stato sospeso per 6 mesi un avvocato di Treviso che non pagava l’affitto. Il mancato pagamento del canone di locazione da parte dell’avvocato integra una condotta disciplinarmente rilevante, in quanto lesiva del decoro, della dignità e dell’immagine della professione forense: è quanto affermato dal Consiglio nazionale forense (CNF) con la sentenza n. 128/2025, che ha confermato la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per sei mesi nei confronti di un legale inadempiente.
Nel caso esaminato, il professionista era stato condannato dal Tribunale a rilasciare l’immobile condotto in locazione per occupazione senza titolo. A fronte di un precetto di poco più di 20mila euro, l’incolpato aveva inizialmente proposto un accordo transattivo con il locatore, mai formalizzato, e aveva infine restituito l’immobile in stato di degrado. A seguito dell’esposto presentato dal locatore, il Consiglio distrettuale di disciplina aveva inflitto una sospensione di diciotto mesi, ridotta dal CNF a sei mesi in assenza di aggravanti, quali la recidiva.
Il Consiglio ha sottolineato che l’avvocato avrebbe potuto evitare la sanzione soltanto dimostrando la presenza di cause di forza maggiore (ad esempio una grave malattia o un evento imprevedibile documentato) oppure l’avvenuto adempimento delle obbligazioni. La mera difficoltà economica, invece, non costituisce una giustificazione idonea a escludere la responsabilità disciplinare. In particolare è stata rilevata la violazione dei seguenti articoli del Codice deontologico forense:
Nel caso esaminato, il professionista era stato condannato dal Tribunale a rilasciare l’immobile condotto in locazione per occupazione senza titolo. A fronte di un precetto di poco più di 20mila euro, l’incolpato aveva inizialmente proposto un accordo transattivo con il locatore, mai formalizzato, e aveva infine restituito l’immobile in stato di degrado. A seguito dell’esposto presentato dal locatore, il Consiglio distrettuale di disciplina aveva inflitto una sospensione di diciotto mesi, ridotta dal CNF a sei mesi in assenza di aggravanti, quali la recidiva.
Il Consiglio ha sottolineato che l’avvocato avrebbe potuto evitare la sanzione soltanto dimostrando la presenza di cause di forza maggiore (ad esempio una grave malattia o un evento imprevedibile documentato) oppure l’avvenuto adempimento delle obbligazioni. La mera difficoltà economica, invece, non costituisce una giustificazione idonea a escludere la responsabilità disciplinare. In particolare è stata rilevata la violazione dei seguenti articoli del Codice deontologico forense:
- art. 26, comma 3, dal momento che «in difetto di un legittimo impedimento, ovvero di una comprovata strategia difensiva concordata con il cliente (con relativo onere probatorio a carico di chi intenda addurla), pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante il difensore che, per “non scusabile e rilevante trascuratezza” , non partecipi all’udienza né nomini un proprio sostituto processuale o di udienza, a nulla rilevando, peraltro, l’eventuale assenza di concrete conseguenze negative o addirittura la presenza di vantaggi per il proprio assistito giacché ciò non varrebbe a privare di disvalore il comportamento negligente del professionista, e tutto ciò a prescindere dall’eventuale irrilevanza penale della condotta ai fini del reato di abbandono di difesa»;
- art. 53, comma 1, poiché, premesso che «i rapporti con i magistrati devono essere improntati alla dignità e al rispetto quali si convengono alle reciproche funzioni» (CNF 16 luglio 2015 n. 100), «pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che ometta di espletare il mandato ricevuto non partecipando all’udienza per la difesa della parte assistita ed omettendo, altresì, di comunicare al giudice il proprio impedimento».
Infine, la decisione conferma l’orientamento consolidato, secondo cui l’inadempimento agli obblighi economici da parte dell’avvocato integra una violazione del dovere di probità e correttezza, incidendo negativamente sull'immagine dell'intera categoria professionale. Infatti, la misura adottata risulta coerente con gli orientamenti precedenti del Consiglio nazionale forense. In particolare, è stata disposta la sospensione per quattro mesi nei confronti di un avvocato che non aveva corrisposto il canone di locazione né le utenze dell’immobile (sentenza 3 aprile 2024, n. 118), e di sei mesi per un professionista che, sfrattato per morosità, non aveva restituito l’immobile al locatore (sentenza 24 marzo 2021, n. 50).