Il Tribunale di Bologna, con la sentenza n. 1816/2025, ha stabilito che una sanzione per eccesso di velocità resta valida anche se l’autovelox che ha rilevato l’infrazione è semplicemente approvato e non omologato.
Il caso specifico riguardava un automobilista sanzionato per aver percorso un tratto stradale, con limite di 50 km/h, a una velocità di 67 km/h. L’interessato aveva impugnato il verbale sostenendo che la sanzione fosse nulla, poiché il dispositivo non possedeva il certificato di omologazione.
Avverso il rigetto del ricorso da parte del Giudice di Pace di Bologna, l’automobilista presentava appello, basando l’intero ricorso sulla presunta invalidità del rilevamento a causa della mancata omologazione.
Questa vicenda, apparentemente semplice, si colloca in un contesto complesso, caratterizzato da due orientamenti giurisprudenziali contrastanti: quello prevalente fino a poco tempo fa, che considerava equivalenti approvazione e omologazione e quello più recente, consolidato dalla Cassazione con l’ordinanza n. 10505/2024, che distingue le due procedure e attribuisce rilevanza solo all’omologazione.
Il Tribunale di Bologna ha rigettato l’appello, confermando integralmente la sentenza del Giudice di Pace e stabilendo che anche l’approvazione dell’autovelox costituisce base legittima per l’accertamento della violazione dei limiti di velocità.
L’analisi del giudice parte dall’art. 142 del Codice della strada, comma 6, secondo cui per accertare l’osservanza dei limiti di velocità “sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate, anche per il calcolo della velocità media di percorrenza su tratti determinati, nonché le registrazioni del cronotachigrafo e i documenti relativi ai percorsi autostradali”.
Tuttavia, tale norma va letta in combinato disposto con l’art. 201 del Codice della strada, comma 1-ter, il quale dispone che “non è necessaria la presenza degli organi di polizia stradale qualora l'accertamento avvenga mediante rilievo con dispositivi o apparecchiature che sono stati omologati ovvero approvati per il funzionamento in modo completamente automatico”.
La formulazione “omologati ovvero approvati” indica, per il Tribunale, la volontà del legislatore di porre le due procedure sullo stesso piano, attribuendo loro la stessa efficacia.
La decisione del giudice bolognese si discosta quindi dall’orientamento recente della Cassazione (ord. n. 10505/2024), che richiede invece l’omologazione.
In secondo luogo, il Tribunale sottolinea un principio fondamentale: anche qualora si volesse accettare la distinzione tra omologazione e approvazione, l’onere probatorio grava comunque sull’automobilista. È necessario dimostrare concretamente malfunzionamenti o irregolarità dello strumento. Nel caso in esame, l’appellante non ha contestato né la funzionalità dell’autovelox, né la reale velocità raggiunta, limitandosi a una mera eccezione formale.
Il Tribunale ricorda, inoltre, il principio secondo cui la presunzione di prova derivante dall’autovelox costituisce una presunzione iuris tantum: il rilievo effettuato dallo strumento, se approvato e verificato, è sufficiente per formare il convincimento del giudice, salvo che il ricorrente ne dimostri il malfunzionamento.
Nel caso concreto, tutte le verifiche erano state regolarmente effettuate e l’appellante non ha sollevato contestazioni sui fatti materiali, confermando di fatto la validità del rilievo.
Il caso specifico riguardava un automobilista sanzionato per aver percorso un tratto stradale, con limite di 50 km/h, a una velocità di 67 km/h. L’interessato aveva impugnato il verbale sostenendo che la sanzione fosse nulla, poiché il dispositivo non possedeva il certificato di omologazione.
Avverso il rigetto del ricorso da parte del Giudice di Pace di Bologna, l’automobilista presentava appello, basando l’intero ricorso sulla presunta invalidità del rilevamento a causa della mancata omologazione.
Questa vicenda, apparentemente semplice, si colloca in un contesto complesso, caratterizzato da due orientamenti giurisprudenziali contrastanti: quello prevalente fino a poco tempo fa, che considerava equivalenti approvazione e omologazione e quello più recente, consolidato dalla Cassazione con l’ordinanza n. 10505/2024, che distingue le due procedure e attribuisce rilevanza solo all’omologazione.
Il Tribunale di Bologna ha rigettato l’appello, confermando integralmente la sentenza del Giudice di Pace e stabilendo che anche l’approvazione dell’autovelox costituisce base legittima per l’accertamento della violazione dei limiti di velocità.
L’analisi del giudice parte dall’art. 142 del Codice della strada, comma 6, secondo cui per accertare l’osservanza dei limiti di velocità “sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate, anche per il calcolo della velocità media di percorrenza su tratti determinati, nonché le registrazioni del cronotachigrafo e i documenti relativi ai percorsi autostradali”.
Tuttavia, tale norma va letta in combinato disposto con l’art. 201 del Codice della strada, comma 1-ter, il quale dispone che “non è necessaria la presenza degli organi di polizia stradale qualora l'accertamento avvenga mediante rilievo con dispositivi o apparecchiature che sono stati omologati ovvero approvati per il funzionamento in modo completamente automatico”.
La formulazione “omologati ovvero approvati” indica, per il Tribunale, la volontà del legislatore di porre le due procedure sullo stesso piano, attribuendo loro la stessa efficacia.
La decisione del giudice bolognese si discosta quindi dall’orientamento recente della Cassazione (ord. n. 10505/2024), che richiede invece l’omologazione.
In secondo luogo, il Tribunale sottolinea un principio fondamentale: anche qualora si volesse accettare la distinzione tra omologazione e approvazione, l’onere probatorio grava comunque sull’automobilista. È necessario dimostrare concretamente malfunzionamenti o irregolarità dello strumento. Nel caso in esame, l’appellante non ha contestato né la funzionalità dell’autovelox, né la reale velocità raggiunta, limitandosi a una mera eccezione formale.
Il Tribunale ricorda, inoltre, il principio secondo cui la presunzione di prova derivante dall’autovelox costituisce una presunzione iuris tantum: il rilievo effettuato dallo strumento, se approvato e verificato, è sufficiente per formare il convincimento del giudice, salvo che il ricorrente ne dimostri il malfunzionamento.
Nel caso concreto, tutte le verifiche erano state regolarmente effettuate e l’appellante non ha sollevato contestazioni sui fatti materiali, confermando di fatto la validità del rilievo.