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Anche un'emoticon puņ configurare il reato di diffamazione

Anche un'emoticon puņ configurare il reato di diffamazione
Il reato di diffamazione può essere integrato anche dall’uso di un’emoticon su Facebook.
Il Tribunale di Verona, con decreto del 27 gennaio 2020, si è pronunciata in merito alla possibilità o meno di ritenere configurato il delitto di diffamazione di fronte all’utilizzo di un’emoticon su Facebook.

Nel caso di specie un uomo era ricorso dinanzi al Tribunale lamentando il fatto che, attraverso l’uso di un’emoticon sul social network Facebook, gli fossero stati rivolti dei termini diffamatori e altamente lesivi della sua dignità, i quali, a suo parere, essendo meramente il frutto di una manifestazione d’odio, travalicavano il diritto di critica.

Il giudice adito, nell’accogliere le doglianze attoree, ha, preliminarmente, ribadito i presupposti necessari per poter considerare una condotta quale legittimo esercizio del diritto di critica e di cronaca. Il primo di tali presupposti consiste nella sussistenza di un interesse al racconto da parte dei soggetti a cui lo stesso sia indirizzato. È, poi, necessaria la continenza, ossia che i fatti siano esposti correttamente, sia dal punto di vista formale che da quello sostanziale, con la conseguenza che l’informazione non deve ledere l’immagine e il decoro dei protagonisti dei fatti narrati. Il racconto deve, infine, essere oggettivo, per cui i fatti narrati devono coincidere con la realtà, risultando tollerabili soltanto le inesattezze relative a particolari di scarso rilievo. Con riferimento a tale ultimo requisito, secondo costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, è necessario fare riferimento alla verità “ragionevolmente putativa”, in ossequio alla quale la scriminante del diritto di critica si deve ritenere escluso qualora si attribuisca a terzi un fatto oggettivamente falso.

Il Tribunale ha, pertanto, proceduto ad esaminare il caso di specie alla luce di tali elementi, ritenendo esistenti l’interesse al racconto per i suoi destinatari, la continenza dello stesso e la sua corrispondenza alla realtà. Non è, invece, risultato sussistere il diritto di critica nell’utilizzo dell’emoticon incriminata da parte del ricorrente, stante l'assenza di continenza in relazione a tale elemento.

Il giudice di primo grado ha, pertanto, ordinato alla parte resistente la rimozione immediata dell’emoticon considerata diffamante, accogliendo, così, quanto lamentato dal ricorrente.


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