La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da un amministratore di sostegno che chiedeva il rimborso delle somme anticipate per conto del proprio amministrato, confermando la decisione del giudice di primo grado che ne aveva disposto la sostituzione.
Il giudice di legittimità ha colto l’occasione per ribadire un principio generale: l’amministratore di sostegno non può anticipare somme di denaro per il beneficiario, poiché tale condotta lo pone in una situazione di conflitto di interessi, divenendo egli creditore del proprio assistito.
Principi di diritto
Secondo la Corte, l’amministratore di sostegno, come il tutore, non può rendersi cessionario di ragioni di credito verso il soggetto assistito (artt. 378, ult. comma, e 411 c.c.) e ciò perché l’anticipazione di somme a titolo personale determina la nascita di un rapporto obbligatorio, che contrappone l’amministratore al beneficiario, vanificando la funzione di tutela imparziale che caratterizza l’istituto.
A differenza della tutela, nell’amministrazione di sostegno non è prevista una figura equiparabile al protutore, che possa autorizzare o vigilare su tali operazioni, sicché il conflitto d’interessi comporta necessariamente la sostituzione dell’amministratore.
La Cassazione ha, inoltre, precisato che l’attività dell’amministratore è vincolata al decreto di nomina e alle autorizzazioni del giudice tutelare: ogni atto eccedente tali limiti, come l’assunzione di debiti o l’erogazione di anticipi personali, integra un comportamento non conforme al mandato pubblico ricevuto.
Il caso applicativo
Nel caso di specie, l’amministratore di sostegno aveva anticipato somme per oltre 40.000 euro al fratello beneficiario, per il pagamento delle badanti e altre spese di assistenza.
Il giudice tutelare aveva rigettato la richiesta di rimborso e revocato l’incarico, non approvando il rendiconto relativo all’anno 2021.
Il successivo reclamo al Tribunale era stato respinto: pur riconoscendo in parte le somme effettivamente documentate, il Tribunale aveva confermato la sostituzione dell’amministratore, ritenendo sussistente il conflitto d’interessi.
Investita del ricorso per cassazione, la Suprema Corte ha ritenuto inammissibili tutte le doglianze dell’ex amministratore, evidenziando che la valutazione delle prove è riservata al giudice del merito e che il procedimento non aveva natura contenziosa, essendo limitato alla gestione delle somme nell’ambito della volontaria giurisdizione.
Considerazioni conclusive
La pronuncia riafferma con chiarezza che l’amministratore di sostegno non può assumere il ruolo di finanziatore del beneficiario, nemmeno temporaneamente.
La funzione dell’istituto, ispirata a criteri di protezione e imparzialità, sarebbe infatti compromessa se il soggetto preposto alla cura degli interessi altrui diventasse, al contempo, suo creditore.
In assenza di una figura di controllo assimilabile al protutore, ogni situazione di potenziale conflitto determina l’obbligo di revoca o sostituzione dell’amministratore, a garanzia della trasparenza e dell’effettiva tutela del beneficiario.
Il giudice di legittimità ha colto l’occasione per ribadire un principio generale: l’amministratore di sostegno non può anticipare somme di denaro per il beneficiario, poiché tale condotta lo pone in una situazione di conflitto di interessi, divenendo egli creditore del proprio assistito.
Principi di diritto
Secondo la Corte, l’amministratore di sostegno, come il tutore, non può rendersi cessionario di ragioni di credito verso il soggetto assistito (artt. 378, ult. comma, e 411 c.c.) e ciò perché l’anticipazione di somme a titolo personale determina la nascita di un rapporto obbligatorio, che contrappone l’amministratore al beneficiario, vanificando la funzione di tutela imparziale che caratterizza l’istituto.
A differenza della tutela, nell’amministrazione di sostegno non è prevista una figura equiparabile al protutore, che possa autorizzare o vigilare su tali operazioni, sicché il conflitto d’interessi comporta necessariamente la sostituzione dell’amministratore.
La Cassazione ha, inoltre, precisato che l’attività dell’amministratore è vincolata al decreto di nomina e alle autorizzazioni del giudice tutelare: ogni atto eccedente tali limiti, come l’assunzione di debiti o l’erogazione di anticipi personali, integra un comportamento non conforme al mandato pubblico ricevuto.
Il caso applicativo
Nel caso di specie, l’amministratore di sostegno aveva anticipato somme per oltre 40.000 euro al fratello beneficiario, per il pagamento delle badanti e altre spese di assistenza.
Il giudice tutelare aveva rigettato la richiesta di rimborso e revocato l’incarico, non approvando il rendiconto relativo all’anno 2021.
Il successivo reclamo al Tribunale era stato respinto: pur riconoscendo in parte le somme effettivamente documentate, il Tribunale aveva confermato la sostituzione dell’amministratore, ritenendo sussistente il conflitto d’interessi.
Investita del ricorso per cassazione, la Suprema Corte ha ritenuto inammissibili tutte le doglianze dell’ex amministratore, evidenziando che la valutazione delle prove è riservata al giudice del merito e che il procedimento non aveva natura contenziosa, essendo limitato alla gestione delle somme nell’ambito della volontaria giurisdizione.
Considerazioni conclusive
La pronuncia riafferma con chiarezza che l’amministratore di sostegno non può assumere il ruolo di finanziatore del beneficiario, nemmeno temporaneamente.
La funzione dell’istituto, ispirata a criteri di protezione e imparzialità, sarebbe infatti compromessa se il soggetto preposto alla cura degli interessi altrui diventasse, al contempo, suo creditore.
In assenza di una figura di controllo assimilabile al protutore, ogni situazione di potenziale conflitto determina l’obbligo di revoca o sostituzione dell’amministratore, a garanzia della trasparenza e dell’effettiva tutela del beneficiario.