Ogni primavera, con l’arrivo della dichiarazione dei redditi, migliaia di contribuenti si ritrovano alle prese con ricevute, fatture e permessi edilizi necessari a ottenere le agevolazioni fiscali. Una domanda ricorrente – e spesso fonte di sorpresa – riguarda la frequenza con cui questa documentazione debba essere presentata ai centri di assistenza fiscale o ai professionisti abilitati. La risposta immediata potrebbe sembrare semplice: una sola volta, quando si sostengono le spese. Ma quando si parla di bonus edilizi e detrazioni ripartite in più anni, il quadro cambia radicalmente.
Facciamo allora il punto su obblighi, verifiche e conservazione.
Molti incentivi prevedono una detrazione diluita nel tempo, generalmente in dieci rate annuali.
È il caso del bonus ristrutturazioni, che dal 2022 impone la suddivisione decennale dell’agevolazione; dell’ecobonus, dove la ripartizione su dieci anni è da tempo una regola fissa; e del Superbonus, quando si tratta delle quote residue di crediti generati da cessioni o sconti in fattura comunicate entro il marzo 2023.
Allo stesso modo, sismabonus e bonus barriere architettoniche seguono lo stesso schema temporale per gli interventi avviati entro le scadenze previste.
Poiché le detrazioni si estendono nel tempo, anche il controllo documentale deve seguire lo stesso ritmo. I CAF e i professionisti incaricati dell’assistenza fiscale hanno, infatti, l’obbligo di verificare ogni anno la correttezza della documentazione relativa alla rata che si vuole detrarre. Questo perché il visto di conformità, che certifica la correttezza dei dati dichiarati, deve essere apposto annualmente e non può basarsi su un controllo effettuato anni prima.
Senza questo passaggio, il contribuente non può accedere allo stato di particolare affidabilità che permette di beneficiare delle detrazioni senza rischiare contestazioni future. Si tratta quindi di un passaggio essenziale, che ogni anno conferma la validità delle spese detratte.
La documentazione richiesta è ampia e articolata: fatture descrittive degli interventi, bonifici parlanti o ricevute dei pagamenti tracciabili, permessi edilizi o autocertificazioni in caso di edilizia libera, comunicazioni inviate agli enti competenti, fino a eventuali attestazioni energetiche o moduli specifici, come nel caso del Sismabonus. Tutti elementi che attestano sia la legittimità dei lavori, sia la tracciabilità delle spese.
Tuttavia, esistono casi in cui il contribuente non deve ripresentare tutto ogni anno. Se il CAF o il professionista ha già effettuato la verifica in una delle annualità precedenti e ha conservato copia dei documenti, è possibile evitare una nuova esibizione. Una semplificazione che, pur non essendo automatica, consente di ridurre la burocrazia per chi si affida sempre allo stesso intermediario e non ha modificato la documentazione nel frattempo.
È una possibilità prevista dalle istruzioni dell’Agenzia delle Entrate, che consente di semplificare il rapporto tra contribuente e intermediario, evitando duplicazioni inutili. Naturalmente la decisione finale spetta sempre al CAF, che deve valutare caso per caso se i documenti in suo possesso siano ancora validi e completi.
Resta comunque un obbligo fondamentale: conservare accuratamente tutti i documenti fino alla fine della detrazione e oltre. La regola pratica suggerisce di mantenere fatture, permessi e ricevute per l’intero arco dei dieci anni e per ulteriori cinque anni successivi, periodo in cui l’Agenzia delle Entrate può effettuare controlli. Ciò significa che, per lavori eseguiti nel 2024 con detrazione fino al 2035, la documentazione dovrà essere tenuta fino almeno al 2040.
Quindi, riepilogando, i contribuenti devono mantenere ciascun documento fino a quando non hanno fruito di tutte le rate della detrazione e per ulteriori cinque anni. Questo arco temporale serve a coprire sia le esigenze degli intermediari sia l’eventuale attività di controllo dell’Agenzia delle Entrate.
Un impegno lungo, ma indispensabile per non vanificare l’agevolazione. La gestione dei bonus edilizi, insomma, richiede attenzione e organizzazione.
Facciamo allora il punto su obblighi, verifiche e conservazione.
Molti incentivi prevedono una detrazione diluita nel tempo, generalmente in dieci rate annuali.
È il caso del bonus ristrutturazioni, che dal 2022 impone la suddivisione decennale dell’agevolazione; dell’ecobonus, dove la ripartizione su dieci anni è da tempo una regola fissa; e del Superbonus, quando si tratta delle quote residue di crediti generati da cessioni o sconti in fattura comunicate entro il marzo 2023.
Allo stesso modo, sismabonus e bonus barriere architettoniche seguono lo stesso schema temporale per gli interventi avviati entro le scadenze previste.
Poiché le detrazioni si estendono nel tempo, anche il controllo documentale deve seguire lo stesso ritmo. I CAF e i professionisti incaricati dell’assistenza fiscale hanno, infatti, l’obbligo di verificare ogni anno la correttezza della documentazione relativa alla rata che si vuole detrarre. Questo perché il visto di conformità, che certifica la correttezza dei dati dichiarati, deve essere apposto annualmente e non può basarsi su un controllo effettuato anni prima.
Senza questo passaggio, il contribuente non può accedere allo stato di particolare affidabilità che permette di beneficiare delle detrazioni senza rischiare contestazioni future. Si tratta quindi di un passaggio essenziale, che ogni anno conferma la validità delle spese detratte.
La documentazione richiesta è ampia e articolata: fatture descrittive degli interventi, bonifici parlanti o ricevute dei pagamenti tracciabili, permessi edilizi o autocertificazioni in caso di edilizia libera, comunicazioni inviate agli enti competenti, fino a eventuali attestazioni energetiche o moduli specifici, come nel caso del Sismabonus. Tutti elementi che attestano sia la legittimità dei lavori, sia la tracciabilità delle spese.
Tuttavia, esistono casi in cui il contribuente non deve ripresentare tutto ogni anno. Se il CAF o il professionista ha già effettuato la verifica in una delle annualità precedenti e ha conservato copia dei documenti, è possibile evitare una nuova esibizione. Una semplificazione che, pur non essendo automatica, consente di ridurre la burocrazia per chi si affida sempre allo stesso intermediario e non ha modificato la documentazione nel frattempo.
È una possibilità prevista dalle istruzioni dell’Agenzia delle Entrate, che consente di semplificare il rapporto tra contribuente e intermediario, evitando duplicazioni inutili. Naturalmente la decisione finale spetta sempre al CAF, che deve valutare caso per caso se i documenti in suo possesso siano ancora validi e completi.
Resta comunque un obbligo fondamentale: conservare accuratamente tutti i documenti fino alla fine della detrazione e oltre. La regola pratica suggerisce di mantenere fatture, permessi e ricevute per l’intero arco dei dieci anni e per ulteriori cinque anni successivi, periodo in cui l’Agenzia delle Entrate può effettuare controlli. Ciò significa che, per lavori eseguiti nel 2024 con detrazione fino al 2035, la documentazione dovrà essere tenuta fino almeno al 2040.
Quindi, riepilogando, i contribuenti devono mantenere ciascun documento fino a quando non hanno fruito di tutte le rate della detrazione e per ulteriori cinque anni. Questo arco temporale serve a coprire sia le esigenze degli intermediari sia l’eventuale attività di controllo dell’Agenzia delle Entrate.
Un impegno lungo, ma indispensabile per non vanificare l’agevolazione. La gestione dei bonus edilizi, insomma, richiede attenzione e organizzazione.