Il caso oggetto della pronuncia deriva da una cartella di pagamento, notificata ad un contribuente in data 28 febbraio 2012 e non onorata. Pertanto, al contribuente stesso veniva notificato un preavviso di fermo amministrativo per un credito erariale superiore a 90.000 euro. L’interessato impugnava l’atto, sostenendo di non aver mai ricevuto la cartella, in quanto notificata presso un precedente indirizzo di residenza, abbandonato pochi giorni prima.
Il contribuente lamentava quindi la decadenza della pretesa tributaria, fondata su un avviso di accertamento notificato nel 2010. I giudici di merito, sia in primo grado sia in appello, accoglievano le sue ragioni, tacciando di irregolarità la notifica della cartella, in quanto effettuata a un indirizzo non più attuale.
Contro tali decisioni l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione, sostenendo che la variazione di domicilio comunicata dal contribuente non fosse immediatamente opponibile all’Erario, ma solo dopo il decorso del termine di legge.
La Suprema Corte ha ribaltato le decisioni dei giudici territoriali e ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate.
La questione centrale era l’interpretazione dell’art. 60 delle disp. accert. imp. redditi, comma 3, che disciplina le notifiche degli avvisi di accertamento e quello che, in diritto tributario, viene definito “termine dilatorio”. Si tratta di un margine di 30 giorni, che garantisce al Fisco il tempo necessario per recepire la comunicazione e sincronizzare le proprie banche dati.
Secondo la norma, le variazioni e modificazioni dell’indirizzo del contribuente persona fisica hanno effetto nei confronti dell’Amministrazione finanziaria solo a partire dal 30° giorno successivo alla loro comunicazione.
Senza questa regola, il rischio sarebbe quello di creare un sistema caotico, in cui le notifiche verrebbero annullate di continuo per cambi di residenza comunicati da poco.
In questo quadro, la notifica della cartella esattoriale al vecchio indirizzo, effettuata entro il termine dei 30 giorni dalla variazione anagrafica, deve ritenersi valida ed efficace. È quindi onere del contribuente non solo comunicare tempestivamente il nuovo domicilio fiscale, ma anche attendere il decorso del termine prima che la modifica possa produrre effetti nei confronti dell’Erario. Se manca la comunicazione, il Fisco potrà continuare a notificare gli atti al vecchio indirizzo e, in caso di contestazioni, sarà il contribuente a dover dimostrare di aver adempiuto correttamente, utilizzando strumenti tracciabili come la PEC o la raccomandata con ricevuta di ritorno.