Il Parlamento si prepara a introdurre una svolta epocale nel mondo digitale, un disegno di legge mirato a tutelare sicurezza e salute dei giovanissimi e a tenerli lontani dai contenuti inappropriati e violenti del web. Una nuova proposta bipartisan, sostenuta anzitutto dai promotori di Fratelli d'Italia ma sottoscritta anche da esponenti dell'opposizione - in primis del Partito Democratico - mira, infatti, a limitare l'accesso ai social network, come i notissimi Instagram, TikTok e YouTube, ai minori di 15 anni.
Presentato recentemente in Senato, il ddl n. 1136 - avente l'esplicito titolo "Disposizioni per la tutela dei minori nella dimensione digitale" - potrebbe, quindi, registrare un ampio consenso e tradursi presto, forse a inizio 2026, in norme di legge vigenti. Regole concretizzanti l'affermazione - citata nella relazione tecnica al testo - per cui i social network non sono direttamente pensati per i bambini, ma sono concepiti e strutturati per un uso consapevole e "maturo". Anzi, l'evoluzione del web in chiave sempre più commerciale e algoritmica rende urgente un quadro normativo che riporti equilibrio tra libertà digitale e tutela dell'infanzia. Per questo, se approvata, la riforma introdurrebbe un cambiamento radicale nella concezione giuridica dell'età digitale in Italia.
Sono ambienti potenzialmente dannosi per i minori, sottoposti - oggigiorno - a rischi psicologici e relazionali sempre più diffusi, come dimostrano anche i dati relativi all'uso del bonus psicologo e all'aumento dei problemi di salute legati all'ansia, ai disturbi comportamentali e alla dipendenza dal digitale. Il mondo della medicina collega questi fenomeni proprio all'uso massiccio e incontrollato dei social media, che alimentano paragoni tossici, isolamento dagli altri e dipendenza da notifiche e like altrui, senza dimenticare i rischi dell'adescamento online.
Ben si comprende, allora, perché il disegno di legge di riforma dell'accesso al web intenda proteggere gli under 15 dalle possibili insidie e dai pericoli del digitale, in un'età in cui è ancora difficile distinguere tutte le minacce. In sintesi, le nuove regole andrebbero a imporre un controllo effettivo del requisito anagrafico - almeno 15 anni compiuti - e a richiedere l'autorizzazione esplicita e formale dei genitori per l'iscrizione.
Con le nuove norme si interromperebbe la prassi delle iscrizioni, sui social come Facebook, automatiche e con semplice autodichiarazione dei propri dati personali, falsificandoli per accedere a contenuti e piattaforme pensate per un pubblico più grande o adulto. Ricordiamo che, oggi, l'utilizzo dei social è, in sostanza, una libertà automatica a partire dai 13 anni (come stabilito dal Codice Privacy), ma le novità in oggetto intendono inquadrarlo - appunto - come facoltà soggetta a controllo, consenso e responsabilità genitoriale fino ai 15 anni. Dal compimento di questa età, invece, il giovanissimo potrà esprimere il consenso al trattamento dei propri dati personali, pur con una certificazione opportuna dell'identità.
L'iscrizione ai social sarà infatti vincolata a un sistema tecnico di controllo, che andrà opportunamente elaborato e articolato e che comporterà la gestione in collaborazione con due importanti autorità quali l'Agcom e il Garante per la Privacy. Si palesa - quindi - una virtuosa linea d'azione che escluderà ogni possibile verifica dei dati, tramite quei semplici clic o caselle da spuntare che agevolano la registrazione di account fake e con date di nascita inventate.
Secondo gli autori del disegno di legge, la misura più immediata e affidabile sarebbe la richiesta del documento d'identità all'atto dell'iscrizione al social network. Va da sé, però, che un minimo di collaborazione sarà richiesta anche alle stesse piattaforme, perché l'applicazione pratica di questa procedura non sarà agevole o sarà addirittura impossibile se i grandi siti del web non garantiranno l'effettività del controllo, senza riservare margini alle tradizionali elusioni informatiche.
Non solo. Il disegno di legge recentemente depositato a Palazzo Madama non si limita a vietare l'accesso ai social ai minori di 15 anni, perché affronta anche il fenomeno, sempre più rilevante, dei cosiddetti baby influencer. Ecco perché il testo in oggetto introduce nuove tutele economiche e patrimoniali per i minori che generano reddito tramite la loro attività online. In particolare, gli introiti derivanti da visualizzazioni, sponsorizzazioni e collaborazioni commerciali dovranno confluire su un conto vincolato intestato al minore, ma utilizzabile solo al compimento dei 18 anni. Per questa via, il legislatore eviterebbe lo sfruttamento economico dell'immagine dei figli da parte dei genitori, sempre più diffuso qualora in famiglia ci sia un giovanissimo talento, abile nell'attrarre centinaia di migliaia di followers sul web.
Concludendo, la proposta di legge rappresenta un passo importante, ma pone anche sfide operative e giuridiche. Da un lato, come accennato, l'efficacia del divieto dipenderà interamente dai sistemi informatici di verifica dell'età: finora, ogni tentativo di limitare l'accesso dei minori ai social si è scontrato con la facilità con cui i ragazzi riescono a eludere i controlli, a causa di autodichiarazioni che sono fragili scudi alle violazioni. Stabiliti i principi generali, il vero nodo sarà - inoltre - trovare un equilibrio tra tutela effettiva e rispetto della privacy, evitando di introdurre procedure troppo invasive o burocraticamente complesse.
Presentato recentemente in Senato, il ddl n. 1136 - avente l'esplicito titolo "Disposizioni per la tutela dei minori nella dimensione digitale" - potrebbe, quindi, registrare un ampio consenso e tradursi presto, forse a inizio 2026, in norme di legge vigenti. Regole concretizzanti l'affermazione - citata nella relazione tecnica al testo - per cui i social network non sono direttamente pensati per i bambini, ma sono concepiti e strutturati per un uso consapevole e "maturo". Anzi, l'evoluzione del web in chiave sempre più commerciale e algoritmica rende urgente un quadro normativo che riporti equilibrio tra libertà digitale e tutela dell'infanzia. Per questo, se approvata, la riforma introdurrebbe un cambiamento radicale nella concezione giuridica dell'età digitale in Italia.
Sono ambienti potenzialmente dannosi per i minori, sottoposti - oggigiorno - a rischi psicologici e relazionali sempre più diffusi, come dimostrano anche i dati relativi all'uso del bonus psicologo e all'aumento dei problemi di salute legati all'ansia, ai disturbi comportamentali e alla dipendenza dal digitale. Il mondo della medicina collega questi fenomeni proprio all'uso massiccio e incontrollato dei social media, che alimentano paragoni tossici, isolamento dagli altri e dipendenza da notifiche e like altrui, senza dimenticare i rischi dell'adescamento online.
Ben si comprende, allora, perché il disegno di legge di riforma dell'accesso al web intenda proteggere gli under 15 dalle possibili insidie e dai pericoli del digitale, in un'età in cui è ancora difficile distinguere tutte le minacce. In sintesi, le nuove regole andrebbero a imporre un controllo effettivo del requisito anagrafico - almeno 15 anni compiuti - e a richiedere l'autorizzazione esplicita e formale dei genitori per l'iscrizione.
Con le nuove norme si interromperebbe la prassi delle iscrizioni, sui social come Facebook, automatiche e con semplice autodichiarazione dei propri dati personali, falsificandoli per accedere a contenuti e piattaforme pensate per un pubblico più grande o adulto. Ricordiamo che, oggi, l'utilizzo dei social è, in sostanza, una libertà automatica a partire dai 13 anni (come stabilito dal Codice Privacy), ma le novità in oggetto intendono inquadrarlo - appunto - come facoltà soggetta a controllo, consenso e responsabilità genitoriale fino ai 15 anni. Dal compimento di questa età, invece, il giovanissimo potrà esprimere il consenso al trattamento dei propri dati personali, pur con una certificazione opportuna dell'identità.
L'iscrizione ai social sarà infatti vincolata a un sistema tecnico di controllo, che andrà opportunamente elaborato e articolato e che comporterà la gestione in collaborazione con due importanti autorità quali l'Agcom e il Garante per la Privacy. Si palesa - quindi - una virtuosa linea d'azione che escluderà ogni possibile verifica dei dati, tramite quei semplici clic o caselle da spuntare che agevolano la registrazione di account fake e con date di nascita inventate.
Secondo gli autori del disegno di legge, la misura più immediata e affidabile sarebbe la richiesta del documento d'identità all'atto dell'iscrizione al social network. Va da sé, però, che un minimo di collaborazione sarà richiesta anche alle stesse piattaforme, perché l'applicazione pratica di questa procedura non sarà agevole o sarà addirittura impossibile se i grandi siti del web non garantiranno l'effettività del controllo, senza riservare margini alle tradizionali elusioni informatiche.
Non solo. Il disegno di legge recentemente depositato a Palazzo Madama non si limita a vietare l'accesso ai social ai minori di 15 anni, perché affronta anche il fenomeno, sempre più rilevante, dei cosiddetti baby influencer. Ecco perché il testo in oggetto introduce nuove tutele economiche e patrimoniali per i minori che generano reddito tramite la loro attività online. In particolare, gli introiti derivanti da visualizzazioni, sponsorizzazioni e collaborazioni commerciali dovranno confluire su un conto vincolato intestato al minore, ma utilizzabile solo al compimento dei 18 anni. Per questa via, il legislatore eviterebbe lo sfruttamento economico dell'immagine dei figli da parte dei genitori, sempre più diffuso qualora in famiglia ci sia un giovanissimo talento, abile nell'attrarre centinaia di migliaia di followers sul web.
Concludendo, la proposta di legge rappresenta un passo importante, ma pone anche sfide operative e giuridiche. Da un lato, come accennato, l'efficacia del divieto dipenderà interamente dai sistemi informatici di verifica dell'età: finora, ogni tentativo di limitare l'accesso dei minori ai social si è scontrato con la facilità con cui i ragazzi riescono a eludere i controlli, a causa di autodichiarazioni che sono fragili scudi alle violazioni. Stabiliti i principi generali, il vero nodo sarà - inoltre - trovare un equilibrio tra tutela effettiva e rispetto della privacy, evitando di introdurre procedure troppo invasive o burocraticamente complesse.