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Acquisto per usucapione della servitù di passaggio: le precisazioni della Corte di Cassazione

Acquisto per usucapione della servitù di passaggio: le precisazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha fornito alcune precisazioni in tema di acquisto per usucapione del diritto di servitù di passaggio e di successione nel possesso.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11158 del 30 maggio 2016, ha fornito alcune interessanti precisazioni in tema di servitù di passaggio (art. 1027 c.c.).

Nel caso esaminato dalla Cassazione, un soggetto aveva agito in giudizio nei confronti di un altro soggetto, al fine di veder dichiarata l’acquisizione per usucapione del diritto di servitù di passaggio attraverso alcuni fondi, di proprietà del convenuto.

Il Tribunale di Pordenone, pronunciatosi in primo grado, aveva accolto la domanda dell’attore e la sentenza era stata confermata anche dalla Corte d’appello di Trieste.

Secondo la Corte d’appello, infatti, il diritto di servitù poteva dirsi acquisito per usucapione, in quanto lo stesso era stato esercitato dal convenuto e, prima di lui, dal soggetto che gli aveva venduto il terreno, da oltre vent’anni (si tratta della cosiddetta “successione nel possesso”, di cui all’art. 1146 c.c., in virtù della quale, ai fini dell’acquisto per usucapione, un soggetto può sommare al proprio possesso quello esercitato dal soggetto che gli ha trasmesso il bene in questione).

Ritenendo la decisione ingiusta, il convenuto in primo grado aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.

Secondo il ricorrente, in particolare, la Corte d’appello avrebbe erroneamente accolto la domanda di usucapione, applicando l’art. 1146 c.c. ma “senza che fossero stati dedotti e dimostrati i presupposti per l'applicazione di tale ultima disposizione”.

A detta del ricorrente, infatti, il titolo di acquisto del fondo dell’attore non sarebbe stato idoneo a trasferire anche il diritto di servitù di passaggio, in quanto il contratto di vendita “non conteneva menzione alcuna della servitù reclamata”.

Evidenziava il ricorrente, infine, che il giudice d’appello non avrebbe adeguatamente tenuto in considerazione il fatto che il vecchio proprietario del terreno che si giovava della servitù di passaggio aveva espressamente dichiarato di rinunciare al diritto di servitù stesso.

La Corte di Cassazione riteneva di dover dare, almeno parzialmente, ragione al ricorrente.

Osservava la Cassazione, in primo luogo, che l’art. 1146 c.c. trova applicazione anche in mancanza di un’espressa menzione della servitù nell’atto di trasferimento della proprietà.

Nel caso di specie, dunque, secondo la Cassazione, la Corte d’appello aveva, del tutto correttamente, ritenuto che il soggetto in questione avesse acquistato per usucapione la servitù, unendo al proprio possesso quello di colui che gli aveva trasferito il terreno, ai sensi dell’art. 1146 c.c., evidenziando, peraltro, che il prescritto periodo ultraventennale era stato provato da plurime deposizioni testimoniali.

Tuttavia, secondo la Cassazione, la Corte d’appello aveva errato nel ritenere irrilevante la dichiarazione di rinuncia al diritto di servitù di passaggio, formulata dal vecchio proprietario del terreno.

Osservava la Cassazione, infatti, che “la rinuncia per iscritto all'usucapione della servitù di passaggio (…) rileva di per sé”, essendo irrilevante che la rinuncia stessa non sia stata comunicata al successivo acquirente.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva il motivo di ricorso fondato sulla dichiarazione di rinuncia al diritto di servitù, annullando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’appello, affinché la medesima decidesse nuovamente sulla questione, in base ai principi sopra enunciati.


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