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Articolo 615 bis Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 23/02/2024]

Interferenze illecite nella vita privata

Dispositivo dell'art. 615 bis Codice Penale

(1)Chiunque, mediante l'uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente(2) notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati nell'articolo 614, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.

Alla stessa pena soggiace, salvo che il fatto costituisca più grave reato, chi rivela o diffonde(3), mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, le notizie o le immagini ottenute nei modi indicati nella prima parte di questo articolo.

I delitti sono punibili a querela della persona offesa; tuttavia si procede d'ufficio e la pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato(4).

Note

(1) Tale disposizione è stata introdotta dall'art. 1, della l. 8 aprile 1974, n. 98.
(2) L'espressione "indebitamente" è diversamente interpretata dalla dottrina. Alcuni autori ritengono si tratti di un richiamo alla verifica della sussistenza di una causa di giustificazione, mentre altri autori, invece, propendono per ricollegarvi l'effetto di rendere non punibili i fatti di indiscrezione giustificati da un interesse superiore o uguale a quello tutelato dalla norma.
(3) Viene qui criminalizzata la divulgazione di notizie ottenute con qualsiasi mezzo di informazione pubblica a un numero determinato di persone (rivelazione) o indeterminato (diffusione).
(4) E' un'aggravante speciale di tipo soggettivo, che quindi non si applica ai correi che non rientrino nella categoria di cui al comma 4 dell'art. 118.

Ratio Legis

Il legislatore ha introdotto tale norma per far fronte alle sempre più presenti minacce alla riservatezza personale (privacy) legate all'evoluzione delle moderne tecnologie.

Spiegazione dell'art. 615 bis Codice Penale

La norma tutela la pace e della libertà domestica, come risultato della duplice facoltà di ammissione o di esclusione dalla propria sfera privata, per salvaguardare il proprio spazio individuale. Viene dunque tutelato il rapporto persona-ambiente, ossia l'esplicarsi della persona in una sfera spaziale che ne renda possibile la piena realizzazione.

Soggetto passivo del reato può essere qualsiasi persona titolare dello jus excludendi, in forza di qualsiasi legittimo titolo di godimento o situazione di fatto protetta dall'ordinamento giuridico.

La disposizione punisce essenzialmente gli atti di intromissione indebita nella sfera domenicale altrui, senza una introduzione fisica, ma solo mediante riprese visive o sonore.

Va comunque precisato che la lesione alla riservatezza viene posta in essere solo quando vengano ripresi comportamenti sottratti alla normale osservazione dall'esterno, essendo la tutela del domicilio limitata a ciò che si compie in luoghi di privata dimora in condizioni tali da renderlo tendenzialmente non visibile agli estranei. Di conseguenza, se l'azione, pur svolgendosi in luoghi di privata dimora, può essere liberamente osservata senza ricorrere a particolari accorgimenti, il titolare del domicilio non può vantare alcuna pretesa al rispetto della riservatezza.

Massime relative all'art. 615 bis Codice Penale

Cass. pen. n. 24848/2023

Non integra il delitto di interferenze illecite nella vita privata la condotta di colui che, ammesso ad accedere nell'abitazione del coniuge separato, provveda a filmare, senza consenso, gli incontri tra quest'ultimo e il figlio minore, in quanto l'art. 615-bis, cod. pen., che tutela la riservatezza domiciliare, sanziona la condotta di chi risulti estraneo agli atti - oggetto di captazione - di vita privata, ossia agli atti o vicende della persona in luogo riservato e non quella di chi sia stato ammesso, sia pure estemporaneamente, a farne parte.

Cass. pen. n. 27990/2020

Integra il reato di interferenze illecite nella vita privata la condotta di colui che, mediante strumenti di ripresa visiva, si procuri immagini delle parti intime di una paziente sottoposta ad esame diagnostico all'interno di uno studio medico privato e successivamente le diffonda attraverso i "social network", atteso che il bene giuridico tutelato dall'art. 615-bis cod. pen. concerne qualsiasi atto che la persona svolga nella vita privata in un luogo riservato.

Cass. pen. n. 9932/2020

Non integra il reato di cui all'art. 615-bis cod. pen. la ripresa fotografica da parte del pubblico ufficiale di comportamenti che si svolgono in luoghi di privata dimora i quali siano liberamente osservabili dall'esterno senza ricorrere a particolari accorgimenti, in quanto la tutela della riservatezza del domicilio è limitata a ciò che ivi si compie in modo da renderlo tendenzialmente non visibile ad estranei. (Fattispecie relativa al reato di resistenza a pubblico ufficiale, rispetto al quale è stata esclusa, ai sensi dell'art. 393-bis cod.pen., l'arbitrarietà della ripresa fotografica effettuata da vigili urbani, attraverso il cancello semiaperto della proprietà del ricorrente, al fine di verificare se fossero in corso di realizzazione abusi edilizi).

Cass. pen. n. 36109/2018

Integra il reato di interferenze illecite nella vita privata di cui all'art. 615-bis cod. pen. la condotta di colui che, mediante l'uso di strumenti di captazione visiva o sonora, all'interno della propria dimora, carpisca immagini o notizie attinenti alla vita privata di altri soggetti che vi si trovino, siano essi stabili conviventi o ospiti occasionali, senza esservi in alcun modo partecipe; ne consegue che detto reato non è configurabile allorché l'autore della condotta condivida con i medesimi soggetti e con il loro consenso l'atto della vita privata oggetto di captazione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la qualificazione ai sensi dell'art. 615-bis cod. pen. della condotta dell'imputato che aveva filmato la propria moglie, nuda o seminuda, all'interno del bagno o della camera da letto, intenta all'igiene del corpo o alla cura della persona, in assenza di elementi che dimostrassero che la donna volesse condividere con l'imputato detti momenti di intimità).

Cass. pen. n. 27160/2018

Non integra il reato di interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis cod. pen.) la condotta di colui che, mediante l'uso di strumenti di ripresa visiva, in un'abitazione in cui sia lecitamente presente, filma scene di vita privata, in quanto l'interferenza illecita normativamente prevista è quella realizzata dal terzo estraneo al domicilio che ne violi l'intimità, mentre il disvalore penale non è ricollegato alla mera assenza del consenso da parte di chi viene ripreso.

Cass. pen. n. 4669/2018

L'art. 615-bis cod. pen., che punisce la condotta di chi procura immagini o notizie attinenti alla vita privata, che si svolgono in luoghi di privata dimora utilizzando mezzi di ripresa visiva o sonora, è configurabile anche nell'ipotesi tentata qualora, adoperando tali strumenti, l'imputato non sia riuscito a procurarsi immagini o notizie della vita privata altrui. (Fattispecie in cui l'imputato, introducendo nel bagno dell'ufficio riservato al personale femminile una microtelecamera, a causa di un guasto tecnico di quest'ultima, non era riuscito a riprendere alcuna delle utenti).

Cass. pen. n. 34151/2017

Ai fini della integrazione del reato di interferenze illecite nella vita privata (art. 615 bis cod. pen.), deve escludersi che le scale condominiali ed i relativi pianerottoli siano "luoghi di privata dimora" cui estendere la tutela penalistica alle immagini ivi riprese, trattandosi di zone che non assolvono alla funzione di consentire l'esplicazione della vita privata al riparo di sguardi indiscreti, essendo destinati all'uso di un numero indeterminato di soggetti

Cass. pen. n. 22221/2017

Non integra il reato di interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis cod. pen.) la condotta di colui che mediante l'uso di strumenti di ripresa visiva provveda a filmare in casa propria rapporti intimi intrattenuti con la convivente, in quanto l'interferenza illecita prevista e sanzionata dal predetto articolo è quella proveniente dal terzo estraneo alla vita privata, e non già quella del soggetto che, invece, sia ammesso a farne parte, sia pure estemporaneamente, mentre è irrilevante l'oggetto della ripresa, considerato che il concetto di "vita privata" si riferisce a qualsiasi atto o vicenda della persona in luogo riservato.

Cass. pen. n. 33265/2015

Ai fini della configurabilità della circostanza aggravante prevista dall'art. 615 bis, comma terzo, cod. pen., è necessario che la realizzazione dei reati previsti dal medesimo articolo - integrati dalle condotte di procurarsi, di rivelare e diffondere indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi in un luogo di privata dimora o nelle sue appartenenze - sia connessa con l'esercizio del potere o la violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio ovvero con l'esercizio della professione di investigatore privato, nel senso che le indicate qualità devono avere almeno agevolato la commissione del reato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto correttamente esclusa dal giudice di merito l'aggravante, contestata con riferimento all'esercizio della professione di investigatore privato, evidenziando che l'attività compiuta dall'imputato, il quale si era limitato a fornire ed installare le apparecchiature utilizzate per la captazione, era da considerarsi come semplicemente prodromica rispetto all'uso di tali strumenti).

Cass. pen. n. 27847/2015

Ai fini della integrazione del reato di interferenze illecite nella vita privata (art. 615 bis cod. pen.), deve ritenersi luogo di privata dimora la "toilette" di uno studio professionale, trattandosi di locale il cui accesso è riservato al titolare ed ai dipendenti dello studio ed è consentito a clienti e fornitori solo in presenza di positiva volontà del personale.(Fattispecie in cui la Corte, avendo riguardo a condotta posta in essere da uno dei titolari dello studio e consistita nella captazione delle immagini delle impiegate mediante un telefono cellulare opportunamente occultato, ha precisato che la disponibilità del luogo anche da parte dell'autore della indebita interferenza non incide sulla sussistenza del reato, che mira a tutelare la riservatezza domiciliare della persona offesa).

Cass. pen. n. 25363/2015

Integra il reato di cui all'art. 615-bis, primo comma, cod. pen., la ripresa fotografica da parte di terzi di comportamenti che si svolgono in luoghi di privata dimora solo se questi sono sottratti alla normale osservazione dall'esterno, ma non anche se i medesimi possono essere liberamente osservati dall'esterno senza ricorrere a particolari accorgimenti, in quanto la tutela della riservatezza del domicilio è limitata a ciò che si compie in tale luogo in condizioni tali da renderlo tendenzialmente non visibile ad estranei. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la motivazione della sentenza che aveva ravvisato la configurabilità del reato in questione, escludendo che le immagini captate con l'uso di un teleobiettivo e di un particolare programma al computer per ingrandire i fotogrammi senza modificarne la risoluzione, potessero considerarsi visibili dall'esterno del domicilio).

Cass. pen. n. 9235/2012

Il riferimento contenuto nel primo comma dell'art. 615 bis c.p. ai luoghi indicati nell'art. 614 dello stesso codice ha la funzione di delimitare gli ambienti nei quali l'interferenza nella altrui vita privata assume penale rilevanza, ma non anche quella di recepire il regime giuridico dettato dalla disposizione da ultima citata. (Fattispecie in cui è stato ritenuto sussistere il reato di interferenze illecite nella vita privata in relazione alla condotta dell'investigatore privato che aveva effettuato riprese di un rapporto sessuale all'interno di una abitazione privata con il consenso del suo titolare, ma all'insaputa dell'altro soggetto coinvolto nel rapporto).

Cass. pen. n. 25453/2011

Non integra il reato di interferenze illecite nella vita privata (art. 615 bis c.p.), la condotta di colui che faccia riprese fotografiche e videofilmate dell'attività edificatoria in corso nella contigua proprietà della persona offesa e consistente nella realizzazione di un muretto di confine, considerato che, ai fini della fattispecie incriminatrice, l'attività intrusiva deve essere indebita e, pertanto, priva di qualsivoglia ragione giustificativa della condotta dell'agente, sostanziandosi in una gratuita intrusione nella vita privata altrui, il che non si verifica nel caso di realizzazione di un manufatto in prossimità di un confine prediale, il quale postula il rispetto delle prescrizioni civilistiche e, per di più, costituisce attività agevolmente osservabile e, come tale, non sottratta alla normale osservazione dall'esterno.

Cass. pen. n. 7550/2011

Ai fini della configurabilità del reato di interferenze illecite nella vita privata di cui all'art. 615 bis c.p. è irrilevante la mancata identificazione, o la non identificabilità, della persona cui si riferisce l'immagine abusivamente captata dal terzo, atteso che il titolare dell'interesse protetto dalla norma incriminatrice, nel cui ambito rientra la riservatezza che connota i momenti tipici della vita privata, non è soltanto il soggetto direttamente attinto dall'abusiva captazione delle immagini, ma chiunque, all'interno del luogo violato, compia abitualmente atti della vita privata che necessariamente alle stesse si ricolleghino. (Fattispecie in cui il dipendente di una struttura ospedaliera si era indebitamente procurato con il suo cellulare immagini attinenti alla vita privata dei pazienti, fotografandone gli organi sessuali mentre facevano la doccia).

Cass. pen. n. 41375/2009

La riproduzione su un periodico di immagini attinenti alla vita privata di soggetto, captate, mediante strumenti di ripresa visiva a distanza, all'interno della sua abitazione, integra il reato di interferenze illecite nella vita privata, la cui cognizione appartiene al giudice che ha giurisdizione sul luogo in cui si pubblica il giornale e non a quello del luogo in cui le immagini sono state captate.

Cass. pen. n. 28251/2009

Non integra il reato di interferenze illecite nella vita privata (art. 615 bis c.p.) la condotta di colui che installi nell'auto di un soggetto (nella specie ex fidanzata) un telefono cellulare, con suoneria disattivata e con impostata la funzione di risposta automatica, in modo da consentire la ripresa sonora di quanto accada nella predetta auto, in quanto, oggetto della tutela di cui all'art. 615 bis è la riservatezza della persona in rapporto ai luoghi indicati nell'art. 614 c.p. - richiamato dall'art. 615 bis - tra i quali non rientra l'autovettura che si trovi sulla pubblica via.

Cass. pen. n. 4926/2009

L'occulta collocazione all'interno di un'autovettura di un telefono cellulare in grado di intercettare le conversazioni intercorse tra le persone a bordo non integra il reato d'installazione d'apparecchiature atte ad intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche (art. 617 bis c.p.), non essendo in grado il congegno di captare le conversazioni di entrambi gli utilizzatori del telefono, né quello d'interferenze illecite nella vita privata (art. 615 bis c.p.), non essendo qualificabile l'autovettura come luogo di privata dimora.

Cass. pen. n. 46509/2008

Integra il reato di interferenze illecite nella vita privata la condotta di colui che consenta ai giornalisti di introdursi nell'abitazione di un soggetto privato, in assenza di quest'ultimo, e di effettuare riprese fotografiche - successivamente diffuse sulla stampa e su trasmissioni televisive - dei locali e delle cose ivi contenute. (In applicazione di questo principio la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito ha affermato la responsabilità penale - a titolo del reato di cui all'art. 615 bis oltre che a quello di cui all'art. 323 c.p. - di un ufficiale di polizia giudiziaria che aveva introdotto i cronisti nell'abitazione di un soggetto nei confronti del quale aveva eseguito una misura cautelare, contravvenendo ad ordini superiori che autorizzavano le sole riprese esterne dell'abitazione in questione).

Cass. pen. n. 44701/2008

Non sussistono gli estremi atti ad integrare il delitto di interferenze illecite nella vita privata (art. 615 bis c.p.) nel caso in cui il soggetto attivo effettui, attraverso l'uso di telecamere installate all'interno della propria abitazione, riprese dell'area condominiale destinata a parcheggio e del relativo ingresso, trattandosi di luoghi destinati all'uso di un numero indeterminato di persone e, pertanto, esclusi dalla tutela di cui all'art. 615 bis c.p., la quale concerne, sia che si tratti di "domicilio", di "privata dimora" o "appartenenze di essi", una particolare relazione del soggetto con l'ambiente in cui egli vive la sua vita privata, in modo da sottrarla ad ingerenze esterne indipendentemente dalla sua presenza.

Cass. pen. n. 44156/2008

Il reato di cui all'art. 615 bis c.p. (interferenze illecite nella vita privata) non è configurabile per il solo fatto che si adoperino strumenti di osservazione e ripresa a distanza, nel caso in cui tali strumenti siano finalizzati esclusivamente alla captazione di quanto avvenga in spazi che, pur di pertinenza di una privata abitazione, siano, però, di fatto, non protetti dalla vista degli estranei. (Nella specie si trattava di impianto di videosorveglianza installato sul balcone della propria abitazione e idoneo a riprendere aree comuni, non recintate, non intercluse allo sguardo degli estranei e di comproprietà dell'imputato).

Cass. pen. n. 40577/2008

La ripresa fotografica da parte di terzi lede la riservatezza della vita privata ed integra il reato di cui all'art. 615 bis, c.p., sempre che vengano ripresi comportamenti sottratti alla normale osservazione dall'esterno, essendo la tutela del domicilio limitata a ciò che si compie in luoghi di privata dimora in condizioni tali da renderlo tendenzialmente non visibile ad estranei. Ne consegue che se l'azione, pur svolgendosi in luoghi di privata dimora, può essere liberamente osservata senza ricorrere a particolari accorgimenti, il titolare del domicilio non può vantare alcuna pretesa al rispetto della riservatezza. (Fattispecie relativa ad una ripresa fotografica dalla strada pubblica di due persone che uscivano di casa e si trovavano in un cortile visibile dall'esterno ).

Cass. pen. n. 36032/2008

Integra il delitto d'interferenza illecita nella vita privata (art. 615 bis c.p. ) la condotta di colui che con l'uso di una macchina fotografica si procuri indebitamente immagini di ragazze, partecipanti al concorso di «Miss Italia » ritratte nude o seminude nel camerino appositamente adibito per consentire loro di cambiarsi d'abito, in quanto detto camerino rientra nei luoghi di privata dimora, intesi come luoghi che consentono una sia pur temporanea esclusiva disponibilità dello spazio, nel quale sia temporaneamente garantita un'area d'intimità e di riservatezza.

Cass. pen. n. 1766/2008

Non integra il reato di interferenze illecite nella vita privata (art. 615 bis c.p.) la condotta di colui che mediante l'uso di strumenti di ripresa visiva provveda a filmare in casa propria rapporti intimi avvenuti con la convivente, in quanto l'interferenza illecita prevista e sanzionata dal predetto art. 615 bis c.p. è quella proveniente dal terzo estraneo alla vita privata e non già quella del soggetto che, invece, sia ammesso, sia pure estemporaneamente, a farne parte, mentre è irrilevante l'oggetto della ripresa, considerato che il concetto di «vita privata» si riferisce a qualsiasi atto o vicenda della persona in luogo riservato.

Cass. pen. n. 39827/2006

Il reato di interferenze illecite nella vita privata, previsto dall'art. 615 bis c.p., è configurabile anche nel caso di indebita registrazione, da parte di un coniuge, di conversazioni che, in ambito domestico, l'altro coniuge intrattenga con un terzo.

Cass. pen. n. 25666/2003

Il reato di interferenze illecite nella vita privata (art. 615 bis c.p.) richiede il dolo generico, consistente nella volontà cosciente dell'agente di procurarsi indebitamente immagini inerenti la “privacy” altrui. (Applicando tale principio, la Corte ha ritenuto sussistente tale reato nel caso di installazione di una videocamera collocata in modo da riprendere la soglia di casa e l'ingresso della autorimessa della parte offesa).

Cass. pen. n. 18058/2003

L'art. 615 bis c.p. tutela la riservatezza o privacy nei luoghi di privata dimora nei quali la stessa principalmente, ed in misura di gran lunga prevalente, si dispiega. Ne deriva, pertanto, che titolare dell'interesse protetto dalla norma non è soltanto il soggetto direttamente attinto dall'illecita intrusione ma anche chiunque che faccia parte, nel luogo violato, di un nucleo privato con diritto alla riservatezza. (Nel caso di specie è stata considerata legittimamente proposta la querela da parte di un marito contro i vicini di casa che hanno fotografato sua moglie affaccendata a riassettare la casa).

Titolare dell'interesse protetto dall'art. 615 bis c.p., nel cui ambito deve ricomprendersi la riservatezza che connota i momenti tipici della vita familiare, non è soltanto il soggetto direttamente attinto dall'abusiva captazione delle immagini o notizie o immediatamente coinvolto dalla loro diffusione, ma anche chiunque, nel luogo violato, compia abitualmente atti della vita privata che necessariamente alle stesse si ricolleghino sì da comporre un unitario quadro rappresentativo di un'area riservata e preclusa alle indebite intrusioni ab externo idonee a scalfirlo (in applicazione di tale principio la Corte ha annullato con rinvio la sentenza con la quale veniva ritenuta inidonea, al fine della procedibilità del reato, la querela presentata dal coniuge della persona fotografata nell'abitazione perché assente al momento del fatto).

Cass. pen. n. 35497/2001

La tutela di cui all'art. 615 bis c.p. (Interferenze illecite nella vita privata) non è estensibile allo stabilimento industriale in cui l'imprenditore si rechi saltuariamente per svolgere le funzioni di direzione e di controllo che gli competono in quanto detto luogo non può essere assimilato ai luoghi di privata dimora di cui all'art. 614 c.p. i quali presuppongono un soggiorno, sia pur breve, ma di una certa durata. Con la conseguenza che ove manchi nel luogo in considerazione un minimo grado di stabilità, tale da far ritenere ragionevolmente apprezzabile l'esplicazione di vita privata che in esso si svolge, si è fuori dall'ambito della tutela accordata dall'art. 615 bis c.p.

Cass. pen. n. 9016/1995

La mera ripresa fotografica di documenti di una società, nella specie ordinativi di acquisto, effettuata nel luogo di custodia degli stessi e non seguita da riproduzione, non integra il delitto di furto, consumato o tentato, ma quello previsto dall'art. 615 bis c.p.

Cass. pen. n. 7091/1988

L'installazione di un radiotelefono contenente una microspia realizza la previsione delittuosa dell'art. 617 c.p. (installazione di apparecchiature atte ad intercettare o impedire comunicazioni telegrafiche o telefoniche) e non quella di cui all'art. 615 bis stesso codice (interferenze illecite nella vita privata), poiché tale attività è finalizzata all'intercettazione telefonica e non è «uno strumento di ripresa sonora» (quale può essere un miniregistratore) diretto a procacciare indebitamente notizie attinenti alla vita privata.

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P. D. chiede
giovedì 14/12/2023
“Ho installato un sistema di videosorveglianza nel negozio di abbigliamento di cui sono titolare, situato su una strada cittadina con relativo passaggio esterno di pedoni e veicoli. So che è necessario ottemperare alla normativa vigente (segnalazione preventiva all'Ufficio del Lavoro in caso di presenza di dipendenti nel negozio, esposizione di cartelli all'entrata, divieto di registrare audio, divieto di registrare immagini provenienti dalla strada in quanto ambiente pubblico. La mia domanda riguarda la durata di conservazioni dei filmati. Per archiviare tali filmati video, che riprendono persone ed oggetti in movimento esclusivamente all'interno del mio negozio, mi sono servito di un servizio in abbonamento ad un Cloud. Leggo su internet che la normativa prevede che tali filmati possano essere conservati in linea di massima per un periodo non superiore alle 24 ore con qualche deroga riguardante ad esempio i giorni festivi, i giorni di chiusura, ecc. L'azienda che fornisce il servizio Cloud, da me interpellata, invece sostiene che trattandosi di registrazioni private non vi è alcuna limitazione al periodo in cui tali filmati possano essere conservati. A loro parere potrei tenerli in archivio per un periodo illimitato. Come mi devo regolare? Grazie.”
Consulenza legale i 21/12/2023
In relazione al quesito è opportuno precisare che l’Autorità Garante Privacy, con il Provvedimento generale del giorno 8 aprile, ha stabilito precisi vincoli da rispettare in relazione ad un corretto e lecito utilizzo degli impianti di videosorveglianza nei vari settori pubblici e privati.
Sono state predisposte preventive misure di sicurezza e specifiche misure tecniche ed organizzative funzionali a verificare la liceità e l’adeguato utilizzo (nonché il trattamento stesso) sia delle immagini prodotte sia dei sistemi di ripresa.

La materia in oggetto si fonda sul principio di proporzionalità in virtù del quale le immagini possono essere conservate solo per il tempo strettamente necessario al perseguimento della finalità prefissata.
In particolare, il punto 3.4 del predetto Provvedimento stabilisce che la durata della conservazione delle registrazioni possa estendersi fino ad un limite standard a ventiquattro ore, eventualmente prorogabili sino a quarantotto in ragione di eventuali chiusure o prolungamenti per giorni festivi o le fini di settimana, oppure qualora si debba aderire a specifiche richieste investigative dell’Autorità giudiziaria.

È prevista una deroga in relazione agli istituti di credito e agli impianti di videosorveglianza con funzioni di pubblica sicurezza, in virtù della quale il tempo di conservazione è aumentabile fino ad un limite massimo di sette giorni.
Al termine di detti periodi, è obbligatoria la cancellazione automatica o manuale di tutti i dati raccolti.

L’Autorità Garante prevede la possibilità di estendere i tempi di conservazione delle immagini oltre i sette giorni, previo suo interpello, e ciò è giustificabile solo in casi eccezionali, adeguatamente motivati “con riferimento ad una specifica esigenza di sicurezza perseguita, in relazione a concrete situazioni di rischio riguardanti eventi realmente incombenti e per il periodo di tempo in cui venga confermata tale eccezionale necessità”.

Il caso in esame ha ad oggetto la videosorveglianza all’interno di un esercizio commerciale che è anche un luogo di lavoro.
Pertanto, premessi gli obblighi di informativa di cui alla disciplina in materia di tutela dei dati personali e i profili giuslavoristici in materia, si ritiene applicabile il criterio standard di conservazione delle immagini registrate sino ad un massimo di ventiquattro ore, fatte salve specifiche esigenze di ulteriore mantenimento.

M. P. chiede
lunedì 19/12/2022 - Piemonte
“Buongiorno, sono un perito fonico forense, titolare di uno studio professionale, seguo con interesse i vostri articoli, per me costante riferimento. Vi disturbo per una vostra opinione. In ambito privato ricevo molteplici richieste per pulizia audio, ma il più delle volte si tratta di registrazioni captate in maniera illecita, ovvero senza che sia parte attiva il registrante o con registratori lasciati incustoditi in stanze o macchine altrui. Classiche situazioni per svelare eventuali tradimenti. Le richieste che ricevo in queste modalità sono due o tre al giorno, che per etica rimando al mittente informando il potenziale cliente che non può utilizzare tali registrazioni in eventuali procedimenti giudiziari in quanto acquisite in forma illecita, e che altresì commette reato per art. 615bis “interferenze illecite nella vita privata”. La domanda è: se io accettassi di procedere con la pulizia e la trascrizione di tali registrazioni, consapevole e informato altresì il cliente che sono state acquisite in forma illecita, dove l’ipotesi di reato, qualora rinvenibile, sarebbe comunque consumato e dove io non avrei contribuito né alla fase di captazione/registrazione, né alla fase di divulgazione, trattandosi di un mero lavoro a me affidato che nulla di più consiste se non in una trascrizione di un file già esistente, sarebbe rinvenibile, a vostro avviso, una contestazione nei miei confronti?

Nella lettera d'incarico specificherei quanto segue:

L’attività sarà svolta sul o sui file forniti dal committente, senza verifica (se non preventivamente richiesta) circa autenticità del file, anomalie, provenienza, catena di conservazione precedente alla consegna allo scrivente, escludendo quindi ogni responsabilità circa l’attività che verrà svolta dal Professionista.

Il cliente è consapevole che:
• per dispositivo dell’art 191 del Codice di Procedura Penale, qualora le registrazioni siano state acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge, queste non possono essere utilizzate in procedimenti giudiziari;
• per dispositivo dell’art. 615-bis del Codice di Procedura Penale, chiunque, mediante l'uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nell'abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo è punibile con la reclusione da sei mesi a quattro anni;
• l’ipotesi di reato, qualora rinvenibile, sarebbe stata consumata precedentemente al presente incarico professionale, dove il Professionista non ha contribuito né alla fase di captazione/registrazione, né alla fase di divulgazione;


Attendendo vostro gentile riscontro.
Cordialmente”
Consulenza legale i 29/12/2022
In relazione al quesito posto, riguardante le sole registrazioni fonografiche, occorre premettere che un’eventuale contestazione nei Suoi confronti non è escludibile aprioristicamente ma occorre, in ogni caso, analizzare le singole situazioni che si vengono a presentare.

Qualora si abbia la consapevolezza, o anche solo il sospetto, riguardo la illeceità del contenuto digitale che viene trasmesso dal cliente è opportuno non accettare l’incarico professionale.

Nello specifico la registrazione risulta illecita qualora:
a) avvenga nella privata dimora di un soggetto ignaro o in altro luogo di pertinenza dello stesso;
b) sia effettuata da un soggetto terzo, non facente parte del gruppo all’interno del quale si sta svolgendo la conversazione.

Non è nemmeno lecito registrare conversazioni alle quali non si partecipa, essendosi ad esempio allontanati, e tale condotta può integrare le fattispecie di cui agli art. 167 del codice privacy e art. 615 bis del c.p..

Sulla base di quanto premesso, occorre informare debitamente il cliente dei presupposti in presenza dei quali è lecito produrre una registrazione in sede giudiziaria.

In questo senso questa redazione consiglia e si rende disponibile a predisporre la modulistica necessaria da consegnare al cliente e nello specifico:
a) conferimento di incarico, preventivo e informativa al cliente;
b) informativa privacy.


Si analizza ora più nello specifico il possibile risvolto penale.
Occorre a tal fine analizzare l’art. 615 bis del c.p.: interferenze illecite nella vita privata. La disposizione punisce essenzialmente gli atti di intromissione indebita nella sfera privata altrui, senza una vera e propria introduzione fisica, ma attraverso riprese visive o sonore. Viene infatti punita la condotta di chi, attraverso l’utilizzo di apparecchiature visive o audio, si procura indebitamente notizie o immagini relative alla vita privata nei luoghi indicati dall’articolo 614 del codice penale (luoghi di privata dimora,). Al comma 2, è disposta la punizione anche di colui che, attraverso qualsiasi mezzo di informazione, rileva o diffonde al pubblico notizie o immagini carpite attraverso le modalità indicate.
In primis va chiarito il concetto di “Luogo di privata dimora”.
La nozione di privata dimora nella giurisprudenza di legittimità è da sempre oggetto di contrasto:
- talvolta viene interpretata in senso restrittivo, cioè riferendosi al luogo del quale si ha il godimento esclusivo e dal quale si ha pertanto diritto di escludere chiunque altro,
- talvolta viene interpretata in senso più ampio, come luogo comunque non pubblico, all'interno del quale le persone possono trattenersi anche in maniera transitoria per svolgere atti della propria vita privata.

Ormai si è concordi nell’interpretare il concetto in senso ampio, fermo restando che non possono essere considerati luoghi di privata dimora quelli ai quali chiunque possa accedere senza necessità di preventivo consenso da parte dell'avente diritto (Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 10498 del 8 marzo 2018).

Inizialmente la giurisprudenza riteneva che il mezzo di trasporto - nel suo caso la macchina altri nella quale i clienti lasciano i registratori - non abbia le caratteristiche tipiche del luogo di privata dimora, in quanto la funzione è quella di semplicemente trasferire da un luogo ad un altro cose o persone. Di conseguenza, le conversazioni private fra gli occupanti dell’autovettura vengono assimilate a conversazioni in un luogo pubblico o aperto al pubblico.

Chiaramente, quando si tratta di conversazioni o immagini captate, seppur illecitamente, in luoghi pubblici, non si può configurare l’illecito in parola.
Solo in casi particolari può essere considerato luogo di privata dimora, quando sia comunque adibito al compimento, anche in maniera contingente, ad atti della propria vita privata, quali manifestazioni dell’attività individuale: purché sussista l’attualità dell’uso per finalità private (si pensi alla roulotte o al camper adibito permanentemente ad abitazione, la barca per il navigatore anche occasionale, la cabina del camion per l’autista che si ferma a riposare, od anche l’autovettura in cui lo sfrattato trascorre la notte, cfr. Cass. Pen., Sez. VI, 12 marzo 2001, n. 10095 Cass. Pen., Sez. VI, 12 marzo 2001, n. 10095).
Tuttavia si segnala un recente intervento della Suprema Corte – Cass. Pen. 24/07/19 n. 33499 – con cui, rivedendo le posizioni assunte in passato, considera luogo di privata dimora anche l’abitacolo di un’autovettura.
Passando alla condotta, è opportuno specificare che la lesione alla riservatezza viene posta in essere solo quando vengano ripresi o registrati comportamenti sottratti alla normale osservazione dall'esterno, essendo la tutela del domicilio limitata a ciò che si compie in luoghi di privata dimora in condizioni tali da renderlo tendenzialmente non visibile agli estranei. Di conseguenza, se l'azione, pur svolgendosi in luoghi di privata dimore, può essere liberamente osservata senza ricorrere a particolari accorgimenti, il titolare del domicilio non può vantare alcuna pretesa al rispetto della riservatezza. Stesso dicasi per le conversazioni.
Certamente l’attività di sistemazione degli audio non può essere assimilata alla condotta di illecita captazione in quanto i file sono stati da altri acquisiti.
Può porsi un problema per quanto riguarda il secondo comma, ovverosia con la condotta di rilevazione / diffusione.
Trattasi quest’ultima di un’attività consistente nel divulgare informazioni o notizie, rendendole accessibili ad un più vasto numero di persone. Orbene, la restituzione delle trascrizioni, in astratto, potrebbe essere interpretato come un coinvolgimento nella loro diffusione. Tuttavia l’ipotesi è di assai improbabile verificazione, poiché la trascrizione viene consegnata al cliente, che l’ha a sua volta a Lei affidata.

Opportune le specificazioni nella lettera d’incarico; si consiglia di aggiungere una clausola nella quale si declina e/o esclude qualsiasi responsabilità in merito all’utilizzo della trascrizione consegnata.

Tiberiu H. chiede
venerdì 26/02/2016 - Lombardia
“Salve . La mia compagna a mia insaputa mi ha registrato con il telefonino entro le mura domestiche della mia casa mentre stavo urlando con lei. Mi ha denunciato alla assistenza sociale . Vuole togliermi la bambina usando questa registrazione . Non voglio perdere la bambina . Che cosa posso fare ? E lecita questa registrazione ? Grazie .”
Consulenza legale i 04/03/2016
Nel quesito sottoposto alla nostra Redazione giuridica, viene richiesto se la legge consenta la registrazione di conversazioni effettuata da altro soggetto all'interno della propria abitazione.
Si ritiene che la risposta da fornire nel caso di specie, alla luce delle modalità con cui si è svolto il fatto (conversazione intercorsa tra due persone, in cui uno dei due soggetti partecipanti ha registrato quanto detto dall'altro soggetto, il quale si trovava nella propria abitazione), debba debba essere positiva: è da riconoscersi come lecita la registrazione.
Infatti, nel caso di specie, non risulta integrato il reato di interferenza illecita nella vita privata (di cui all'art. 615 bis, comma 1, del c.p., il quale stabilisce che "chiunque, mediante l'uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati nell'articolo 614, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni"), poiché tale fattispecie si perfezionerebbe solo nel caso in cui fosse un terzo a registrare la conversazione nella dimora del registrato.
Al contrario, nel caso di specie, la registrazione è stata effettuata dalla compagna del registrato, cioè da uno dei due soggetti tra cui intercorreva la conversazione, quindi non da un terzo.

In questi casi non sono considerate intercettazioni ma sostanzialmente una particolare forma di documentazione, che non è sottoposta alle limitazioni, alle formalità ed ai presupposti propri delle intercettazioni.
In sostanza, "non è illecito registrare una conversazione perché chi conversa accetta il rischio che la conversazione sia documentata mediante registrazione, ma è violata la privacy se si diffonde la conversazione per scopi diversi dalla tutela di un diritto proprio o altrui" (a titolo meramente esemplificativo, cfr. sentenza Cass. Pen., Sez. III, 13 maggio 2011, n. 18908).
A conferma di quanto ora affermato, la Suprema Corte ha invece ritenuto inutilizzabile una registrazione effettuata da un coniuge delle conversazioni intrattenute dall'altro coniuge, in ambito domestico, con un terzo (cfr. Cass. Pen., Sez. V, 30 maggio 2014, n. 35681).
Chiarito che, nel caso di specie, la registrazione effettuata non costituisce un'interferenza illecita nella vita privata del registrato, è utile precisare che la diffusione di tale registrazione è consentita solo se tale diffusione è finalizzata a fare valere un proprio diritto o un diritto altrui.
Pertanto, si ritiene che la registrazione effettuata potrebbe essere lecitamente utilizzata dalla compagna, per esempio, al fine di pretendere, unitamente ad altri indizi e prove, l'affidamento della figlia.
In questo caso, infatti, la registrante non sembra dovere rispondere neanche del reato di cui all'art. 167, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (cd. Codice Privacy), proprio perché utilizzerebbe la registrazione al fine di tutelare un proprio diritto.
Per comodità e completezza si riporta il dettato dell'art. 167, comma 1, del Codice Privacy ora richiamato:"1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarne per sé o per altri profitto o di recare ad altri un danno, procede al trattamento di dati personali in violazione di quanto disposto dagli articoli 18, 19, 23, 123, 126 e 130, ovvero in applicazione dell'articolo 129, è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione da sei a diciotto mesi o, se il fatto consiste nella comunicazione o diffusione, con la reclusione da sei a ventiquattro mesi".
L'utilizzo della registrazione, senza che si integri il reato di cui all'art. 167, del Codice Privacy, è consentito invece dall'art. 13, comma 5, lett. b), dello stesso Codice Privacy, quando "b) i dati sono trattati ai fini dello svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397, o, comunque, per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento".

Fedele M. chiede
giovedì 22/10/2015 - Puglia
“Caio e Tizio hanno un contenzioso penale : Caio parte offesa e Tizio imputato. Il processo per ben due volte viene rinviato per motivi di salute di Tizio .
Il giorno della terza udienza Tizio non si presenta ulteriormente perché "affetto da vomito e diarrea incoercibile", producendo certificato medico con data dell'udienza in corso. Il suo legale chiede di conseguenza il rinvio che il Giudice accoglie.
In realtà Tizio continua a svolgere regolarmente sia la sua attività professionale che la vita privata senza alcuna limitazione. Caio, prevedendo quanto in realtà sarebbe successo, alle ore 8,00 del giorno della terza udienza, fotografa Tizio mentre esce dalla sua abitazione e si incammina sul marciapiede opposto a quello ove Caio scattava le foto. Nelle foto Tizio appare in pantaloncini ,camicia a maniche corte ,borsello sulla spalla con un aspetto ben riposato che contraddice vistosamente quanto affermato nel certificato medico.
Alla quarta udienza Tizio , producendo ancora certificazione medica , non si presenta. Sicché Tizio, per mezzo del suo legale ,consegna al Giudice le foto di cui prima. Il Giudice prende atto e contrariamente alla richiesta del legale di Tizio, concede un limitato rinvio. Tanto premesso nella condotta di Caio è ravvisabile il reato di cui art.615 bis c.p.?”
Consulenza legale i 26/10/2015
La ratio sottesa all'art. 615 bis del c.p. è la tutela della vita privata del soggetto.

Ai sensi del comma 1 la condotta incriminata consiste nel procurarsi notizie o immagini riguardanti la vita privata altrui quando questa si svolge nei luoghi dell'art. 614 del c.p., cioè nell'abitazione altrui o in altro luogo di privata dimora, o nelle pertinenze di essi.

Il comma 2 punisce chi rivela o diffonde le immagini o notizie ottenute nei modi descritti.

L'elemento soggettivo è, per entrambe, quello del dolo generico: cioè è sufficiente la coscienza e volontà di ottenere indebitamente immagini relative alla privacy altrui (Cass. pen., sez. I, 25666/2003).
L'avverbio "indebitamente", come precisato dalla giurisprudenza, implica che l'intrusione deve essere ingiustificata e posta in essere solo allo scopo di intrufolarsi nella vita altrui; non così se è giustificata, perché in tal caso nel bilanciamento dei contrapposti interessi delle parti - cioè riservatezza da un lato e diritto a procurarsi le immagini dall'altro - prevale quest'ultimo (Cass., 25453/2011).

Sotto questo primo aspetto, quindi, si rileva che le immagini non sono state ottenute indebitamente: Caio, infatti, fotografa Tizio per verificare/dimostrare che non è malato ma in piena salute e per produrre il documento nel processo che vede Tizio imputato.

Anche circa il concetto di abitazione o sua adiacenza si possono fare alcune osservazioni. Dal quesito si deduce che Caio fotografa Tizio sulla soglia di casa, mentre sta uscendo e si sta portando su un luogo in cui è visibile a chiunque. La situazione è analoga ad altra affrontata dalla Suprema Corte, in cui l'imputato fotografava dalla strada due persone che, uscendo di casa, si trovavano in un cortile visibile dall'esterno. I giudici in quel caso hanno statuito che "se l'azione, pur svolgendosi in luoghi di privata dimora, può essere liberamente osservata senza ricorrere a particolari accorgimenti, il titolare del domicilio non può vantare alcuna pretesa al rispetto della riservatezza" (Cass. 40577/2008). Il principio che si ricava da questa e da altre pronunce è che il reato in esame non si configura se si riprende quello che tutti possono vedere (v. Cass. 18035/2012). In effetti in tal caso non può essere addotta nessuna pretesa di riservatezza.
Quindi, anche volendo considerare la soglia di casa ancora "appartenente" all'abitazione, Caio ha comunque fotografato ciò che era visibile a chiunque.

Alla luce, sia dell'atteggiamento soggettivo, che della situazione dei luoghi così come descritti dal richiedente nel quesito, si ritiene che non si sia configurata alcuna delle condotte incriminate dall'art. 615 bis del c.p..

Enrico R. chiede
sabato 14/02/2015 - Liguria
“Cita la sentenza della cassazione n 18908 del 13 maggio 2011: Diritto capoverso 3a: " La comunicazione una volta che si liberamente e legittimamente esaurita , SENZA ALCUNA INTRUSIONE DA PARTE DI SOGGETTI AD ESSA ESTRANEI, entra a far parte del patrimonio di conoscenza degli interlocutori e di chi vi ha non occultamente assistito.

Se al telefono una persona accusa l'interlocutore di aver commesso un reato e tramite viva voce condivide la comunicazione con un amico senza dichiararne la presenza, questo amico mentre registra il contenuto col proprio cellulare, può a scopo intimidatorio per estorcere una confessione suggerire più volte, senza essere sentito all'altro capo del telefono, frasi tipo "Digli che lo denunci ai carabinieri" e che tale suggerimento venga quindi colto ed espresso dall'amico nella telefonata terrorizzando l'interlocutore?
Non si tratta di una ingerenza illecita in quanto non dichiarata, occulta, che pone in svantaggio, danneggia o viola in qualche modo chi dall' altra parte del telefono è ignaro di discutere con due persone? In altre parole è lecito da testimone prendere parte attiva clandestinamente in una comunicazione privata a svantaggio dell'altro al telefono?
Quale può essere il riferimento normativo che disciplina la comunicazione telefonica privata tra persone ?
Vi ringrazio in anticipo e sperando in una Vs gentile risposta
Vi saluto molto cordialmente”
Consulenza legale i 23/02/2015
La situazione descritta nel quesito sembra essere la seguente: Tizio è al telefono con Caio, e lo accusa di un reato. Tizio è vicino all'amico Sempronio, che sente la conversazione perché il telefono è in modalità viva voce: Caio non sa della presenza di Sempronio. Sempronio con il proprio cellulare registra la conversazione tra Tizio e Caio ed inoltre sollecita Tizio a minacciare Caio.
Che illeciti ha commesso Sempronio?

Innanzitutto, va precisato che la registrazione di una conversazione fatta da un privato non è una "intercettazione" ai sensi della legge, e quindi va trattata diversamente (ad esempio, non si potrà avere una registrazione privata "autorizzata" da un giudice).

In generale, è considerato lecito limitarsi a registrare una conversazione tra presenti: una tale registrazione può anche costituire prova documentale secondo la disciplina dell'art. 234 del c.p.p. (v. Cass. pen., SS.UU., 28 maggio 2003, n. 36747; Cass. Pen., sez. II, 14.10.10/04.01.11, n. 7).

Al contrario, è assolutamente illecito diffondere una conversazione privata registrata, a meno che non vi sia il consenso dell’interessato o essa avvenga con lo scopo di tutelare un proprio o un altrui diritto.

Diversa è, però, la fattispecie che emerge dal quesito.
Per quanto riguarda la conversazione privata registrata da un terzo che non partecipa (nel nostro caso, Sempronio), si possono configurare alcuni reati, in virtù del fatto che si palesano la compromissione del diritto alla segretezza della comunicazione - il cui contenuto può essere legittimamente appreso soltanto da chi palesemente vi partecipa o vi assiste - e la "terzietà" del captante: pertanto, la presenza di Sempronio, taciuta a Caio, costituisce quell'elemento di "estraneità" che rende illegittima la registrazione.

L'art. 167 T.U. Privacy prevede: "Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre per sé o per altri profitto o di recare ad altri un danno, procede al trattamento di dati personali in violazione di quanto disposto dagli artt. 18, 19, 23, 123, 126 e 130, ovvero in applicazione dell'art. 129, è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione da sei a diciotto mesi" mentre l'art. 4, comma 1, lett. a) dello stesso testo normativo specifica che per trattamento s'intende "qualunque operazione o complesso di operazioni, effettuati anche senza l'ausilio di strumenti elettronici, concernenti la raccolta, la registrazione, l'organizzazione, la conservazione, la consultazione, l'elaborazione, la modificazione, la selezione, l'estrazione, il raffronto, l'utilizzo, l'interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione di dati, anche se non registrati in una banca di dati".
Quindi, se è avvenuta una registrazione di una conversazione privata ad opera di terzo che non vi partecipava, avente ad oggetto i dati sensibili richiamati nell'art. 167 (es. dati relativi alla salute) l'illecito penale è astrattamente ipotizzabile, sempre che dal fatto sia derivato un nocumento.
Se l'oggetto della conversazione non concerne dati sensibili ai sensi dell'art. 167, si può comunque avere la violazione dell’art. 23, comma 1, d.lgs. n. 196/03 che dispone il divieto assoluto di trattamento, comunicazione e diffusione dei dati senza il consenso dell’interessato.

Altro illecito penale astrattamente ipotizzabile è quello disciplinato dall'art. 615 bis del c.p., il quale prevede che chiunque, mediante l'uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati nell'articolo 614, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Per aversi tale reato, la conversazione deve essersi svolta in luoghi di privata dimora o in pertinenze di essa.

Altra e diversa questione riguarda l'incitamento di Sempronio nei confronti di Tizio, relativa alla perpetrazione delle minacce a Caio. La rilevanza penale della condotta di Sempronio può essere colta solo conoscendo esattamente come si sono svolti i fatti, le motivazioni delle minacce, etc. In generale, se Tizio può essere ritenuto colpevole di un reato nei confronti di Caio (supponiamo, ad esempio, del reato di minacce ex art. 612 del c.p.), Caio potrebbe essere accusato del concorso in quel reato: "in tema di concorso morale la partecipazione psichica consiste nell'aver provocato o rafforzato l'altrui proposito criminoso e cioè l'attività del partecipe deve influenzare la commissione del reato o perché provoca o rafforza il proposito criminoso (istigazione) o perché ne facilita la preparazione o l'attuazione (agevolazione). Ne consegue che l'azione deve rendere più probabile l'offesa o favorirla, per cui non sussiste responsabilità allorquando il destinatario dell'anzidetta azione istigatrice sia già fermamente determinato a commettere il crimine e che il solo criterio della causalità materiale o oggettiva non è sufficiente, pur avendo notevole importanza, mentre è necessaria anche una valutazione di ordine psicologico" (cfr. Cass. pen., sez. I, 16 dicembre 1987, n. 2148).
Il concorso va distinto dalla connivenza, che si ha, invece, quando un soggetto assiste passivamente alla commissione di un reato, non ponendo in essere alcun contributo materiale o morale alla realizzazione dell'evento, omettendo di manifestare approvazione oppure disapprovazione rispetto alla condotta criminosa.

Francesco D. F. chiede
giovedì 04/09/2014 - Puglia
“Gentile Redazione,
desidero capire se il richiamo all'art. 614 va interpretato in modo letterale, e, quindi, limitatamente ai luoghi in esso citati, oppure in modo estensivo e, di conseguenza, considerando anche le modalità di accesso in quei luoghi?
Il fatto che nell'articolo 615 bis sia utilizzato l'avverbio "indebitamente" mi fa propendere per la seconda ipotesi. Tanto più che, essendo consentito documentare una conversazione tra presenti con una registrazione fonografica, non si comprenderebbe perché mai tale possibilità debba essere considerata illecita a seconda del luogo dove la conversazione avviene.
Cordiali saluti.”
Consulenza legale i 05/09/2014
In effetti la parola chiave dell'articolo in commento è proprio l'avverbio indebitamente.
Ciò è sottolineato anche dalla giurisprudenza: "La parola chiave nel tessuto lessicale della previsione normativa è certamente l'avverbio indebitamente, la cui valenza semantica fa evidente richiamo alla mancanza di un titolo giustificativo potiore rispetto al diritto alla riservatezza che la norma è volta, chiaramente, a tutelare. Ossia, in un astratto bilanciamento di interessi, il legislatore ha inteso privilegiare la privacy a condizione, però, che l'attività di intrusione mediante riprese fotografiche o filmate sia, di per sè, indebita.
Il connotato di indebito implica mancanza di qualsivoglia ragione giustificativa della condotta dell'agente, che, di conseguenza, sia da ritenere ispirata dalla sola finalità di gratuita intrusione nella vita privata altrui; ed implica, altresì, mancanza di espedienti di sorta per superare eventuali protezioni che l'avente diritto alla riservatezza abbia, all'uopo, appositamente frapposto, a schermo della propria intimità
" (Cass. pen., sez. V, sentenza 24.6.2011 n. 25453).

Vanni chiede
lunedì 24/06/2013 - Lazio
“Al fine di documentare l'assoluta similitudine di vetustà tra la pavimentazione del lastrico solare di mio uso esclusivo e quella del lastrico solare dell'appartamento del vicino dovrei fotografare anche questa seconda pavimentazione. Detto lastrico del vicino è del tutto visibile dai balconi dei piani superiori dell'edificio così come lo è dal mio giardino. Posso eseguire le fotografie sia da uno dei balconi che dal mio giardino senza timore di infrangere la legge? Naturalmente in totale assenza di persone.
Grazie per l'attenzione.”
Consulenza legale i 28/06/2013
L'art. 615 bis del codice penale delinea il delitto di interferenze illecite nella vita privata come reato contro il diritto alla riservatezza domiciliare. Il bene tutelato è quindi il diritto ad escludere gli altri da ciò che avviene nell'ambito dei luoghi in cui si svolge la vita privata dell'individuo, a garanzia della piena esplicazione della stessa.
L’elemento materiale del reato di interferenze illecite nella vita privata consiste nel procurarsi immagini o notizie attinenti lo svolgimento della vita privata all’interno dei luoghi di domicilio o di privata abitazione, adoperandosi attivamente per ottenere la disponibilità delle notizie o delle immagini altrui (ad esempio, salendo su un albero o su un muretto).

Nel caso di specie non sembra essere leso il bene tutelato dall'articolo in commento, né ricorrono le modalità richieste per la sussistenza del reato: infatti, le foto che si andrebbero a scattare si limiterebbero a inquadrare una pavimentazione, senza presenza di persone; inoltre, esse sarebbero ottenibili da un punto di osservazione (i balconi del piano superiore dell'edificio, che si presume siano parti comuni dell'edificio) cui hanno accesso altre persone (i residenti in quell'immobile e tutti coloro che accedono lecitamente agli appartamenti).

La giurisprudenza ha del resto più volte ribadito che il reato di intrusione clandestina nelle vita altrui non ricorre quando qualcuno fotografa quello che chiunque può vedere (quindi, in luogo pubblico o aperto al pubblico: tale è la parte comune di un condominio, vedi tra le altre Cass. civ., sentenza n. 28853/2009).
La Corte di Cassazione, con sentenza del 1 ottobre 2008, n. 40577 ha così statuito "Se l’azione, pur svolgendosi nei luoghi di privata dimora, può essere liberamente osservata dagli estranei, senza ricorrere a particolari accorgimenti [...], il titolare del domicilio non può evidentemente accampare una pretesa alla riservatezza". Nel caso sottoposto alla Suprema Corte erano state denunciate come illecite delle fotografie fatte a delle persone (alla moglie e al presunto amante) in un cortile visibile dalla pubblica via.
Anche con sentenza n. 22602/2008 la Cassazione ha ribadito il medesimo principio, essendo la tutela del domicilio limitata a ciò che si compie in luoghi di privata dimora in condizioni tali da renderlo tendenzialmente non visibile ad estranei.

Dall'orientamento della Corte di Cassazione sopra indicato è possibile dedurre, a maggior ragione, che sia lecito effettuare fotografie di luoghi visibili ad estranei, in assenza peraltro di persone nell'atto di svolgimento della propria vita privata, nel pieno rispetto del diritto alla riservatezza altrui.

Discorso a parte riguarda invece il valore probatorio delle fotografie scattate alla pavimentazione. Qualora la controparte nel giudizio civile - eventualmente instaurato per ottenere, si presume, il risarcimento di un danno - disconoscesse la conformità delle cose rappresentate nella fotografia (ai sensi dell'art. 2712 del c.c.), esse non potrebbero costituire prova a favore di chi le ha scattate. E' molto probabile in tal caso che la controparte richieda una consulenza tecnica d'ufficio, e a quel punto il perito nominato dal tribunale provvederà all'ispezione dei luoghi in contraddittorio tra le parti.

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