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Articolo 314 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Presupposti e modalità della decisione

Dispositivo dell'art. 314 Codice di procedura penale

1. Chi è stato prosciolto con sentenza irrevocabile [648] perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, ha diritto a un'equa riparazione per la custodia cautelare subita, qualora non vi abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave [643]. L'esercizio da parte dell'imputato della facoltà di cui all'articolo 64, comma 3, lettera b), non incide sul diritto alla riparazione di cui al primo periodo(1)(2)(3).

2. Lo stesso diritto spetta al prosciolto per qualsiasi causa o al condannato che nel corso del processo sia stato sottoposto a custodia cautelare, quando con decisione irrevocabile risulti accertato che il provvedimento che ha disposto la misura è stato emesso o mantenuto senza che sussistessero le condizioni di applicabilità previste dagli articoli 273 e 280(4)(5).

3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano, alle medesime condizioni, a favore delle persone nei cui confronti sia pronunciato provvedimento di archiviazione [409-411] ovvero sentenza di non luogo a procedere [425, 129 2].

4. Il diritto alla riparazione è escluso per quella parte della custodia cautelare che sia computata ai fini della determinazione della misura di una pena ovvero per il periodo in cui le limitazioni conseguenti all'applicazione della custodia siano state sofferte anche in forza di altro titolo [657].

5. Quando con la sentenza o con il provvedimento di archiviazione è stato affermato che il fatto non è previsto dalla legge come reato per abrogazione della norma incriminatrice [2 c.p.], il diritto alla riparazione è altresì escluso per quella parte di custodia cautelare sofferta prima della abrogazione medesima.

Note

(1) La Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità del presente articolo prima, con sent. 25 luglio 1996, n. 310, nella parte in cui non prevede il diritto all'equa riparazione anche per la detenzione ingiustamente patita a causa di erroneo ordine di esecuzione, poi, con sent. 2 aprile 1999 n. 109, ha dichiarato l'illegittimità del presente comma nella parte in cui non prevede che chi è stato prosciolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non avere commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, ha diritto a un'equa riparazione per la detenzione subita a causa di arresto in flagranza o di fermo di indiziato di delitto, entro gli stessi limiti stabiliti per la custodia cautelare.
(2) Si tratta di situazioni nelle quali il rapporto tra la natura della decisione liberatoria adottata e la restrizione sofferta dall'imputato, sul piano della libertà personale, risulta senza dubbio sufficiente di per sé ad attestare ex post la sostanziale ingiustizia di tale restrizione.
(3) Tale comma è stato modificato dall'art. 4, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 8 novembre 2021, n. 188.
(4) La Corte costituzionale, con sent. 2 aprile 1999 n. 109, ha dichiarato l'illegittimità del presente comma nella parte in cui non prevede che lo stesso diritto nei medesimi limiti spetta al prosciolto per qualsiasi causa o al condannato che nel corso del processo sia stato sottoposto ad arresto in flagranza o a fermo di indiziato di delitto quando, con decisione irrevocabile, siano risultate insussistenti le condizioni per la convalida.
(5) In tali ipotesi non viene in evidenza necessariamente un chiaro profilo di ingiustizia sostanziale della restrizione, mentre risulta l'illegittimità, quindi la sua ingiustizia c.d. formale.

Ratio Legis

La ratio della norma in esame si ravvisa nella volontà del legislatore di fornire un'adeguata tutela ai casi in cui vi sia stata un'indebita applicazione di misure cautelari.

Spiegazione dell'art. 314 Codice di procedura penale

L'istituto in esame va necessariamente coordinato con le ipotesi di responsabilità civile dei magistrati. Infatti, fissandosi l'esigenza della riparazione non solo nel caso di errore giudiziario, ma anche nel caso di ingiusta detenzione.

La norma in oggetto individua due diverse categorie di ingiusta detenzione.

La prima si riferisce all'ipotesi in cui l'imputato, dopo aver sofferto un periodo di custodia cautelare senza avervi dato causa con dolo o colpa grave, venga prosciolto con sentenza irrevocabile per non aver commesso il fatto, ovvero perché il fatto non sussiste o non costituisce reato, ivi comprese le ipotesi di fatto compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di un diritto o ancora perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Lo stesso vale per la persona ingiustamente detenuta nei cui confronti siano stati pronunciati, al termine delle indagini preliminari, una sentenza di non luogo a procedere con le medesime formule o un provvedimento di archiviazione.Le ipotesi elencate manifestano situazioni in cui la stessa sentenza evidenzia la sostanziale ingiustizia delle decisioni restrittive della libertà personale.

La seconda categoria si riferisce invece all'imputato detenuto senza che ricorressero le condizioni di applicabilità di cui agli articoli 273 e 280. Qui no viene in rilievo una sostanziale ingiustizia della decisione, bensì una sua illegittimità.

Va precisato che, grazie a varie pronunce della Corte Costituzionale, l'equa riparazione va assicurata anche in riferimento alle ipotesi di detenzione originata da arresto in flagranza o da fermo, nonché di estradizione passiva, arresto provvisorio o di applicazione provvisoria di misura cautelare a carico dell'estradando (in assenza delle condizioni per una sentenza favorevole all'estradizione).

Massime relative all'art. 314 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 46469/2018

In tema di ingiusta detenzione, nella valutazione del dolo o della colpa grave ostativi al riconoscimento del diritto alla riparazione, il giudice non può attribuire importanza decisiva a condotte escluse o ritenute non sufficientemente provate dal giudice della cognizione. (Fattispecie nella quale la Corte ha censurato l'ordinanza con cui la corte d'appello aveva ritenuto ostativa una condotta nella quale il giudice della cognizione aveva escluso che potesse rinvenirsi non soltanto una precisa responsabilità penale ma finanche un comportamento "anomalo").

Cass. pen. n. 46468/2018

In tema di riparazione per ingiusta detenzione, pur essendo onere dell'interessato, secondo i principi civilistici, dimostrare i fatti posti a base della domanda, e cioè la sofferta custodia cautelare e la sopravvenuta assoluzione, deve tuttavia ritenersi, avuto anche riguardo al fondamento solidaristico dell'istituto in questione, che il giudice avvalendosi dei poteri istruttori d'ufficio, abbia il potere-dovere di acquisire i documenti ritenuti necessari ai fini della decisione, sempre che gli stessi siano conosciuti o conoscibili dalle parti. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza con la quale la Corte d'appello aveva dichiarato l'inammissibilità di una richiesta di riparazione per non avere il ricorrente prodotto, nel termine assegnato, copia dei documenti richiesti, consistenti nell'ordinanza cautelare, nella sentenza di proscioglimento e nel verbale di interrogatorio).

Cass. pen. n. 34327/2018

In tema di riparazione dell'ingiusta detenzione, ai fini dell'accertamento della colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto all'indennizzo, può rilevare il comportamento dell'imputato che abbia omesso di avvisare il difensore di fiducia dello stato del processo in corso ed abbia scientemente rifiutato di ricevere le notifiche degli atti del giudizio a suo carico. (Nella fattispecie, la S.C. ha ritenuto immune da censure la ordinanza della Corte d'Appello che aveva respinto l'istanza di riparazione anche in relazione al periodo di detenzione sofferto in eccedenza rispetto alla pena definitivamente irrogata, in quanto l'imputato, avendo nominato un nuovo difensore di fiducia, non lo aveva informato che, a quella data, il processo era già in corso e, successivamente, non aveva curato il ritiro della notifica della sentenza, così privandosi di esercitare tempestivamente i propri diritti, compreso quello di impugnazione).

Cass. pen. n. 32233/2018

In tema di riparazione per ingiusta detenzione, ai fini della liquidazione equitativa del relativo indennizzo, il periodo durante il quale l'imputato è sottoposto a misure coercitive diverse dalla custodia detentiva non può essere considerato tra le conseguenze afflittive "indirette" dell'ingiusta detenzione subita in quanto, in tali casi, manca "ab origine" il presupposto giuridico per l'esistenza stessa del diritto alla riparazione. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione di merito che aveva escluso il diritto alla riparazione per il periodo in cui l'imputato era stato sottoposto alla misura dell'obbligo di dimora con restrizioni).

Cass. pen. n. 15237/2018

Il diritto alla riparazione per l'ingiusta detenzione va escluso quando il proscioglimento sia intervenuto a seguito della dichiarata illegittimità costituzionale della norma incriminatrice, che - per l'identità degli effetti e la comune estraneità alla categoria dell'errore giudiziario - è equiparabile all'ipotesi di abrogazione prevista dal quinto comma dell'art. 314 cod. proc. pen. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure l'ordinanza di rigetto della richiesta di riparazione per la custodia cautelare subita, per il reato di cessione di sostanze stupefacenti inserite per la prima volta nella tabella I di cui al d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, con i d.m. 16 giugno 2010 e 11 maggio 2011, caducati in forza della sentenza n. 32 del 2014 con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 4-vicies ter del d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito in l. 21 febbraio 2006, n. 49).

Cass. pen. n. 3895/2018

Il giudice del procedimento di riparazione per ingiusta detenzione può rivalutare fatti emersi nel processo penale, ivi accertati e non esclusi dal giudice di merito, ma ciò al solo fine di decidere sulla sussistenza del diritto alla riparazione.(Fattispecie nella quale la Corte di cassazione ha ritenuto immune da vizi l'ordinanza che aveva ritenuto gravemente colposo il comportamento del ricorrente, accertato nel giudizio di merito, che, negando la propria responsabilità, aveva fornito una giustificazione poco credibile circa l'utilizzo da parte sua dell'auto della fidanzata, mezzo impiegato per l'esecuzione del reato).

Cass. pen. n. 57203/2017

In tema di ingiusta detenzione, il diritto alla riparazione è configurabile anche ove l'ingiusta detenzione patita derivi da vicende successive alla condanna, connesse all' esecuzione della pena, purché sussista un errore dell'autorità procedente e non ricorra un comportamento doloso o gravemente colposo dell'interessato che sia stato concausa dell'errore o del ritardo nell'emissione del nuovo ordine di esecuzione recante la corretta data del fine dell'espiazione della pena.

Cass. pen. n. 51084/2017

In tema di riparazione dell'ingiusta detenzione, ai fini dell'accertamento dell'eventuale colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto, può rilevare il comportamento silenzioso o mendace dell'imputato - seppure legittimamente tenuto nel procedimento - su circostanze ignote agli inquirenti, utili ad attribuire un diverso significato agli elementi a base del provvedimento cautelare. (Nella fattispecie, la S.C. ha ritenuto immune da censure il provvedimento del giudice di merito che aveva negato la riparazione in un caso in cui l'imputato, in presenza di un quadro indiziario di rilievo a suo carico, era rimasto in silenzio nel corso dell'interrogatorio, fornendo un alibi solo in un secondo momento).

Cass. pen. n. 26269/2017

La condizione ostativa al riconoscimento del diritto all'equa riparazione per ingiusta detenzione, consistente nell'avere dato o concorso a dare causa alla custodia cautelare per dolo o colpa grave, non opera, in relazione alle misure disposte in difetto delle condizioni di applicabilità previste dagli artt. 273 e 280 cod. proc. pen., esclusivamente nei casi in cui l'accertamento dell'insussistenza "ab origine" delle condizioni di applicabilità della misura in oggetto avvenga sulla base dei medesimi elementi trasmessi al giudice che ha reso il provvedimento cautelare, in ragione unicamente di una loro diversa valutazione. (Fattispecie in cui la S.C. ha annullato con rinvio l'ordinanza che aveva accolto la richiesta di riparazione omettendo di considerare che la valutazione del Tribunale del riesame circa la insussistenza di gravi indizi di colpevolezza aveva trovato fondamento anche sulle spontanee dichiarazioni rese in sede di riesame dall'indagato che, di fronte al Gip, si era invece avvalso della facoltà di non rispondere).

Cass. pen. n. 26261/2017

E configurabile il diritto alla riparazione nel caso di derubricazione del reato contestato, all'esito del giudizio di merito, e applicazione di una pena inferiore alla durata della custodia cautelare sofferta, tuttavia, anche in tale ipotesi rileva, quale condizione ostativa,la circostanza di avere dato o concorso a dare causa alla custodia cautelare per dolo o colpa grave, ma la sua operatività deve essere apprezzata dal giudice della riparazione con logica, congrua e completa motivazione. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato la decisione di merito che aveva riconosciuto il diritto alla riparazione senza chiarire se, dopo l'arresto, fossero sopravvenuti elementi idonei per una riqualificazione del fatto o una diversa valutazione delle circostanze, ovvero se la condotta dell'imputata, valutata "ex ante", avesse determinato o concorso a determinare, con dolo o colpa grave, la custodia cautelare).

Cass. pen. n. 22647/2017

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, ai fini dell'accertamento della sussistenza della condizione ostativa del dolo o della colpa grave, la condotta dell'interessato deve essere valutata, in applicazione del principio "tempus regit actum", con riferimento al quadro normativo esistente al momento in cui si è verificato l'evento-detenzione.

Cass. pen. n. 22642/2017

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, il giudice di merito, per valutare se chi l'ha patita vi abbia dato o concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito motivazione, che, se adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione che aveva ritenuto gravemente colposa la condotta dell'indagato volta a concordare versioni dei fatti con persone che dovevano essere sentite dagli inquirenti).

Cass. pen. n. 17192/2017

In tema di riparazione per ingiusta detenzione, va riconosciuta, sulla base di un'interpretazione sistematica dell'art. 314, comma secondo, cod. proc. pen., l'ingiustizia formale della detenzione patita dal soggetto sottoposto a misura custodiale per un reato per il quale sia stato condannato a pena condizionalmente sospesa, in relazione all'intera durata della misura, se eseguita successivamente alla detta sentenza di condanna, ovvero al periodo di mantenimento in regime custodiale successivo alla sentenza stessa. (Nella fattispecie la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza della corte d'appello che aveva rigettato l'istanza del ricorrente in relazione al periodo di custodia cautelare sofferto successivamente alla condanna irrevocabile a pena sospesa, ed ha affermato che il compito di impedire che la misura custodiale, emessa nel corso del procedimento, venga eseguita o mantenuta successivamente all'emissione di una sentenza di condanna a pena sospesa, in assenza del provvedimento di cui all'art. 300, comma terzo, cod. proc. pen., non può essere posto a carico delle Forze dell'Ordine o dell'Amministrazione Penitenziaria, come, invece, sostenuto dalla corte territoriale, in quanto spetta esclusivamente all'autorità giudiziaria).

Cass. pen. n. 6394/2017

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, nel liquidare l'indennità per le ulteriori conseguenze personali e familiari derivanti dalla ingiusta privazione della libertà, è necessario che il giudice indichi in maniera puntuale e corretta i parametri specifici di riferimento, la valorizzazione dei quali imponga di rilevare un "surplus" di effetto lesivo derivato dall'applicazione della misura cautelare rispetto alle conseguenze fisiologiche derivanti dalla privazione della libertà. (In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha annullato con rinvio l'ordinanza della Corte territoriale che, pur riconoscendo ulteriori e specifici profili di pregiudizio per il ricorrente, si era limitata ad operare un aumento forfetario e percentuale sulle misure indennitarie determinate su base aritmetica, omettendo di motivare sui criteri seguiti e di tener conto degli elementi documentali e sanitari forniti dall'interessato).

Cass. pen. n. 4242/2017

In tema di ingiusta detenzione, per la valutazione della colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione per la custodia cautelare sofferta, il giudice di merito può valorizzare anche scorretti comportamenti deontologici, quando questi, uniti ad altri elementi, configurino una situazione obiettiva idonea ad evocare, secondo un canone di normalità, una fattispecie di reato. (Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto integrativa della colpa grave la condotta dell'imputato, pubblico amministratore, che, avendo ricevuto denaro e regalie da imprenditori locali per finalità politiche al di fuori dei canali istituzionali, aveva generato una situazione di ambigua commistione tra amministrazione locale ed imprenditoria).

Cass. pen. n. 3359/2017

In tema di riparazione per ingiusta detenzione il giudice di merito, per stabilire se chi l'ha patita vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, al fine di stabilire, con valutazione "ex ante" - e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito - non se tale condotta integri gli estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell'autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da censure il provvedimento di diniego della richiesta di indennizzo fondato sull'aver l'istante, pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, tollerato le condotte riconducibili al delitto di concussione poste in essere dal coimputato e collega di pattuglia, omettendo di denunciare plurimi episodi illeciti cui aveva assistito, e, con grave leggerezza e trascuratezza, di verificare il contenuto sostanziale di un ordine di servizio all'atto della apposizione della controfirma).

Cass. pen. n. 16664/2016

In tema di ingiusta detenzione, atteso il carattere indennitario e non risarcitorio della riparazione, la mancata specificazione, da parte del giudice di merito, di quanto attribuito, a titolo di riparazione, al richiedente in relazione a ciascun tipo di pregiudizio subito in conseguenza della privazione della libertà, non può essere considerata, di per sè, vizio di motivazione atto ad invalidare il provvedimento adottato. (Fattispecie in cui nell'ordinanza di condanna a titolo di riparazione per ingiusta detenzione veniva indicata esclusivamente la complessiva somma dovuta).

Cass. pen. n. 1862/2016

In tema di ingiusta detenzione, con riferimento all'art. 314, comma secondo, cod. proc. pen., non sussiste il diritto alla riparazione quando, nell'ambito del subprocedimento cautelare, la prognosi sulla possibilità di una futura sospensione condizionale della pena sia stata negativa, ma all'esito del giudizio di cognizione detto beneficio sia stato nondimeno concesso.

Cass. pen. n. 15745/2015

15745In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, la colpa grave, ostativa al riconoscimento dell'indennità, può ravvisarsi anche in relazione ad un atteggiamento di connivenza passiva quando, alternativamente, detto atteggiamento: 1) sia indice del venir meno di elementari doveri di solidarietà sociale per impedire il verificarsi di gravi danni alle persone o alle cose; 2) si concretizzi non già in un mero comportamento passivo dell'agente riguardo alla consumazione del reato ma nel tollerare che tale reato sia consumato, sempreché l'agente sia in grado di impedire la consumazione o la prosecuzione dell'attività criminosa in ragione della sua posizione di garanzia; 3) risulti aver oggettivamente rafforzato la volontà criminosa dell'agente, benché il connivente non intendesse perseguire tale effetto e vi sia la prova positiva che egli fosse a conoscenza dell'attività criminosa dell'agente . (Nella fattispecie la S.C. ha ritenuto connotato da colpa grave il comportamento del locatario del capannone, il quale, ben a conoscenza che il locatore usava l'immobile come deposito di pezzi di ricambio per autovetture di provenienza furtiva, continuava ad utilizzare il bene locato per depositarvi oggetti di sua proprietà).

Cass. pen. n. 15209/2015

Nel procedimento di riparazione per l'ingiusta detenzione, la P.A., nel caso non si opponga alla pretesa dell'interessato, non può essere considerata soccombente e non può pertanto essere condannata al rimborso delle spese processuali sostenute dalla parte privata.

Cass. pen. n. 11150/2015

Il giudizio per la riparazione dell'ingiusta detenzione è del tutto autonomo rispetto al giudizio penale di cognizione, impegnando piani di indagine diversi e che possono portare a conclusioni del tutto differenti sulla base dello stesso materiale probatorio acquisito agli atti, il che, tuttavia, non consente al giudice della riparazione di ritenere provati fatti che tali non sono stati considerati dal giudice della cognizione ovvero non provate circostanze che quest'ultimo ha valutato dimostrate.

Cass. pen. n. 8914/2015

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, la prova dei comportamenti extraprocessuali gravemente colposi - quali le frequentazioni ambigue con soggetti gravati da specifici precedenti penali o coinvolti in traffici illeciti - integranti la condizione ostativa al riconoscimento dell'indennizzo può essere tratta da conversazioni intercorse tra terze persone, legittimamente intercettate, purché la portata del loro significato in senso sfavorevole al ricorrente sia stato univocamente accertato dalla sentenza di assoluzione. (Nella fattispecie, nella sentenza di assoluzione del ricorrente dall'accusa di partecipazione ad associazione di stampo mafioso era comunque riconosciuta, sulla base di conversazioni intercettate tra terze persone, la sua contiguità a tale associazione).

Cass. pen. n. 4372/2015

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, la condizione ostativa al riconoscimento del diritto all'indennizzo, rappresentata dall'avere il richiedente dato causa all'ingiusta carcerazione, deve concretarsi in comportamenti, non esclusi dal giudice della cognizione, di tipo extra-processuale (grave leggerezza o macroscopica trascuratezza tali da aver dato causa all'imputazione) o processuale (autoincolpazione, silenzio consapevole sull'esistenza di un alibi), in ordine alla cui attribuzione all'interessato e incidenza sulla determinazione della detenzione il giudice è tenuto a motivare specificamente. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato l'ordinanza di rigetto della domanda riparatoria in quanto fondata su circostanze escluse dal giudice della cognizione, quali la conoscenza, da parte della richiedente, della presenza di sostanza stupefacente nell'abitazione occupata con il convivente ed il fatto di aver ostacolato l'ingresso degli investigatori).

Cass. pen. n. 2451/2015

Non è configurabile il diritto alla riparazione per l'ingiusta detenzione in caso di estinzione del reato per prescrizione del reato, a meno che la durata della custodia cautelare sofferta risulti superiore alla misura della pena astrattamente irrogabile, o a quella in concreto inflitta nei precedenti gradi di giudizio, ma solo per la parte di detenzione subita in eccedenza, ovvero quando risulti accertata in astratto la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell'ingiustizia formale della privazione della libertà personale. (Fattispecie in cui è stata esclusa la configurabilità del diritto all'indennizzo nell'ipotesi di contestazione di una pluralità di reati dichiarati estinti per prescrizione in grado di appello, in relazione ai quali erano stati applicati gli arresti domiciliari e successivamente, per uno soltanto di essi, era stata disposta l'archiviazione per prescrizione del reato all'esito della trasmissione degli atti al P.M.).

Cass. pen. n. 47756/2014

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, la condotta dell'indagato che abbia fornito un alibi rivelatosi nell'immediatezza falso, pur costituendo esercizio del diritto di difesa, può assumere rilievo ai fini dell'accertamento della sussistenza della condizione ostativa del dolo o della colpa grave, qualora, in presenza di un quadro indiziario già di per sé significativo, contribuisca a rafforzare il convincimento della di lui colpevolezza.

Cass. pen. n. 39529/2014

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, la decisione dell'imputato di sottrarsi alla cattura e di darsi alla latitanza non costituisce di per sé elemento per l'individuazione della colpa grave di cui all'art. 314, comma primo, cod. proc. pen.

Cass. pen. n. 30492/2014

È configurabile il diritto all'equa riparazione anche per la detenzione patita a causa di un erroneo ordine di esecuzione, emesso da parte del pubblico ministero senza tener conto dell'eventuale incidenza dell'indulto sull'intera pena da eseguire, anche quando detto indulto non sia stato ancora applicato dal giudice dell'esecuzione.

Cass. pen. n. 29965/2014

In materia di riparazione per ingiusta detenzione, il parametro aritmetico, al quale riferire la liquidazione dell'indennizzo, è costituito dal rapporto tra il tetto massimo dell'indennizzo fissato in euro 516.456,90 dall'art. 315, comma secondo, c.p.p. e il termine massimo della custodia cautelare pari a sei anni ex art. 303, comma quarto, lett. c), espresso in giorni, moltiplicato per il periodo, anch'esso espresso in giorni, di ingiusta restrizione subita, che deve essere opportunamente integrato dal giudice innalzando o riducendo il risultato di tale calcolo numerico, nei limiti dell'importo massimo indennizzabile, per rendere la decisione più equa possibile e rispondente alla specificità (positiva o negativa) della situazione concreta. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato l'ordinanza impugnata che aveva considerato quale parametro per il calcolo dell'indennizzo un termine massimo della custodia cautelare pari ad anni nove ai sensi dell'art. 304, comma sesto, c.p.p.).

Cass. pen. n. 18551/2014

È illegittima la decisione con cui il giudice riduce automaticamente l'importo da liquidarsi per l'ingiusta detenzione, determinato secondo il criterio aritmetico, per il solo fatto che il richiedente abbia già subito precedenti periodi di sottoposizione a regime carcerario.

Cass. pen. n. 2278/2014

Le illegittime modalità di esecuzione della pena irrogata da una sentenza di condanna irrevocabile non possono dare luogo al diritto all'equa riparazione, essendo questo configurabile - ai sensi dell'art. 314 cod. proc. pen. - nelle sole ipotesi di custodia cautelare "ingiusta" per la sua applicazione nonostante l'insussistenza delle condizioni previste dagli artt. 273 e 280 cod. proc. pen., ovvero per effetto del dato postumo del definitivo proscioglimento del soggetto

Cass. pen. n. 51779/2013

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, ai fini del riconoscimento dell'indennizzo può anche prescindersi dalla sussistenza di un "errore giudiziario", venendo in considerazione soltanto l'antinomia "strutturale" tra custodia e assoluzione, o quella "funzionale" tra la durata della custodia ed eventuale misura della pena, con la conseguenza che, in tanto la privazione della libertà personale potrà considerarsi "ingiusta", in quanto l'incolpato non vi abbia dato o concorso a darvi causa attraverso una condotta dolosa o gravemente colposa, giacché, altrimenti, l'indennizzo verrebbe a perdere ineluttabilmente la propria funzione riparatoria, dissolvendo la "ratio" solidaristica che è alla base dell'istituto. (Fattispecie in cui è stata ritenuta colpevole la condotta di un soggetto che aveva reso dichiarazioni ambigue in sede di interrogatorio di garanzia, omettendo di fornire spiegazioni sul contenuto delle conversazioni telefoniche intrattenute con persone coinvolte in un traffico di sostanze stupefacenti, alle quali, con espressioni "travisanti", aveva sollecitato in orario notturno la urgente consegna di beni).

Cass. pen. n. 39500/2013

Il giudizio per la riparazione dell'ingiusta detenzione è del tutto autonomo rispetto al giudizio penale di cognizione, impegnando piani di indagine diversi e che possono portare a conclusioni del tutto differenti sulla base dello stesso materiale probatorio acquisito agli atti ma sottoposto ad un vaglio caratterizzato dall'utilizzo di parametri di valutazione differenti. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la rivalutazione, effettuata dal giudice della riparazione, dei fatti non nella loro valenza indiziaria o probante, ma in quanto idonei a determinare, in ragione di una macroscopica negligenza o imprudenza dell'imputato, l'adozione della misura cautelare, traendo in inganno il giudice).

Cass. pen. n. 31393/2013

In materia di riparazione per l'ingiusta detenzione, se il provvedimento restrittivo della libertà è fondato su più contestazioni, il proscioglimento con formula non di merito anche da una sola di queste, sempreché autonomamente idonea a legittimare la compressione della libertà, impedisce il sorgere del diritto, irrilevante risultando il pieno proscioglimento dalle altre imputazioni. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza di rigetto della domanda di riparazione, per non aver verificato il giudice di merito se l'unica contestazione da cui l'imputato era stato prosciolto per prescrizione legittimasse l'emissione della custodia cautelare).

Cass. pen. n. 25198/2013

In tema di ricorso avverso il provvedimento applicativo di una misura cautelare custodiale nelle more revocata o divenuta inefficace, il ricorrente può manifestare il suo interesse a coltivare l'impugnazione, in riferimento a una futura utilizzazione dell'eventuale pronunzia favorevole ai fini del riconoscimento della riparazione per ingiusta detenzione, con un atto presentato personalmente, senza che sia necessaria un'autentica notarile o di altro soggetto abilitato della sua sottoscrizione. (Fattispecie in cui la firma in calce all'istanza dell'indagato era stata autenticata dal difensore ex art. 39 disp. att. c.p.p.).

Cass. pen. n. 10123/2012

È inadeguata la liquidazione dell'indennità per la riparazione dell'ingiusta detenzione di breve durata, patita da soggetto incensurato, che si fondi esclusivamente sul mero ragguaglio tra i giorni di privazione della libertà e il parametro medio giornaliero, potendo quest'ultimo essere integrato mediante il ricorso a parametri sensibilmente superiori a quelli standard purché non si sfondi il tetto massimo della somma erogabile.

Cass. pen. n. 7296/2012

In tema di riparazione per ingiusta detenzione, ai fini dell'accertamento della sussistenza della condizione ostativa della colpa grave dell'interessato - fermo restando l'insindacabile diritto al silenzio o alla reticenza o alla menzogna da parte della persona sottoposta alle indagini e dell'imputato - nell'ipotesi in cui solo questi ultimi siano in grado di fornire una logica spiegazione, al fine di eliminare il valore indiziante di elementi acquisiti nel corso delle indagini, non il silenzio o la reticenza, in quanto tali, rilevano ma il mancato esercizio di una facoltà difensiva, quanto meno sul piano dell'allegazione di fatti favorevoli, che se non può essere da solo posto a fondamento dell'esistenza della colpa grave, vale però a far ritenere l'esistenza di un comportamento omissivo causalmente efficiente nel permanere della misura cautelare, del quale può tenersi conto nella valutazione globale della condotta, in presenza di altri elementi di colpa.

Cass. pen. n. 4536/2012

La proposizione di una domanda di riparazione per ingiusta detenzione non è preclusa dalla circostanza che la Corte di cassazione abbia rigettato un ricorso avverso un provvedimento adottato dal Trib. lib. dopo che un'altra pronuncia della medesima Corte, investita del medesimo ricorso, aveva disposto l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata. (Fattispecie relativa ad una duplicazione materiale del ricorso, in cui la S.C. si è pronunziata due volte sul medesimo oggetto).

Cass. pen. n. 2430/2012

Nel procedimento di equa riparazione per l'ingiusta detenzione il giudice deve valutare anche la condotta colposa lieve, in applicazione del principio generale di responsabilità, ricavabile dagli artt. 1227 e 2056 c.c., per il quale non è indennizzabile il pregiudizio causato per colpa lieve del danneggiato.

Cass. pen. n. 2429/2012

Nel procedimento per la riparazione dell'ingiusta detenzione il giudice deve rigettare l'istanza se le parti non ottemperino al suo invito ad integrare la documentazione presentata, trovando applicazione le regole del processo civile ed essendo, pertanto, preclusi al giudicante gli accertamenti di ufficio.

Cass. pen. n. 2422/2012

Nel procedimento di riparazione per l'ingiusta detenzione non possono essere prospettate per la prima volta dinanzi alla Corte di Cassazione le ragioni ostative all'accoglimento della domanda, trovando applicazione i principi del processo civile sull'onere della prova. (Nella specie, l'Avvocatura dello Stato non si era costituita dinanzi alla Corte di Appello che aveva accolto l'istanza di riparazione per l'ingiusta detenzione).

Cass. pen. n. 32383/2010

Il giudice, nell'accertare la sussistenza o meno della condizione ostativa al riconoscimento del diritto all'equa riparazione per ingiusta detenzione, consistente nell'incidenza causale del dolo o della colpa grave dell'interessato rispetto all'applicazione del provvedimento di custodia cautelare, deve valutare la condotta tenuta dal predetto sia anteriormente che successivamente alla sottoposizione alla misura e, più in generale, al momento della legale conoscenza della pendenza di un procedimento a suo carico.

Cass. pen. n. 5080/2010

In tema di riparazione per ingiusta detenzione, i periodi di sospensione condizionata della pena ai sensi della L. n. 207 del 2003 (c.d. "indultino") sono equiparabili ad altre modalità di espiazione della pena per le quali il diritto alla riparazione è escluso.

Cass. pen. n. 2509/2010

Non può dar luogo al riconoscimento della riparazione per ingiusta detenzione il fatto che il soggetto che ha subito custodia cautelare sia stato poi condannato, in esito al giudizio di merito, ad una pena condizionalmente sospesa, atteso che l’art. 273, comma 2, c.p.p., nella parte in cui stabilisce il divieto di applicazione di misure cautelari “se sussiste una causa di estinzione del reato”, si riferisce a cause già esistenti ed operanti e non già a cause che possano intervenire in un momento successivo.

Cass. pen. n. 38192/2009

L'illegittimità della misura cautelare, ai sensi del secondo comma del cit. art. 314, può risultare, anche in modo implicito, dalla stessa sentenza definitiva di merito. (Nella specie, era stata applicata la misura cautelare, in violazione dei limiti edittali previsti dall'art. 23 D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, a carico di un soggetto minorenne all'epoca del "tempus commissi delicti", circostanza quest'ultima accertata all'esito del giudizio di merito).

Cass. pen. n. 8388/2009

L'interesse all'impugnazione dell'ordinanza applicativa di una misura coercitiva (nella specie degli arresti domiciliari) persiste, ai fini del giudizio di riparazione per ingiusta detenzione, pur quando le censure contro il provvedimento, che nelle more sia stato revocato con la conseguente rimessione in libertà dell'interessato, non attengano alla mancanza delle condizioni di applicabilità di cui agli artt. 273 e 280 c.p.p., ma alla prospettata carenza di domanda cautelare.

Cass. pen. n. 43302/2008

Il diritto alla riparazione per l'ingiusta detenzione non spetta se l'interessato ha tenuto consapevolmente e volontariamente una condotta tale da creare una situazione di doveroso intervento dell'autorità giudiziaria o se ha tenuto una condotta che abbia posto in essere, per evidente negligenza, imprudenza o trascuratezza o inosservanza di leggi o regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituire una prevedibile ragione di intervento dell'autorità giudiziaria che si sostanzi nell'adozione di un provvedimento restrittivo della libertà personale o nella mancata revoca di uno già emesso.

Cass. pen. n. 37528/2008

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, nei reati contestati in concorso, la condotta di chi, pur consapevole dell'attività criminale altrui, abbia nondimeno tenuto comportamenti idonei ad essere percepiti come indicativi di una sua contiguità ad essa, integra gli estremi della colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto all'indennizzo.

Cass. pen. n. 37037/2008

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, la colpa grave che osta alla riparazione non è integrata dalla mera condizione di tossicodipendente, ma ben può essere ravvisata nel comportamento del tossicodipendente che detenga sostanze stupefacenti, quando ricorrano elementi ulteriori che inducano ragionevolmente a ritenere che la detenzione sia finalizzata allo spaccio. (Fattispecie nella quale il ricorrente aveva partecipato all'attività di taglio, ed aveva dimestichezza con ambienti di trafficanti).

Cass. pen. n. 37026/2008

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, ai fini della valutazione circa la sussistenza del dolo o della colpa grave che ostano alla riparazione, il giudice può tener conto degli atti che nell'ambito del giudizio di cognizione sono risultati inficiati da inutilizzabilità meramente "fisiologica". (Nella specie, si trattava di dichiarazioni di due testi-imputati "ex" art. 210 c.p.p., che non era stato possibile riassumere nel giudizio di rinvio).

Cass. pen. n. 4194/2008

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, il giudice deve fondare la propria decisione su fatti concreti esaminando la condotta del richiedente sia prima che dopo la perdita della libertà ed indipendentemente dalla conoscenza che il prevenuto abbia avuto dell'inizio delle indagini al fine di stabilire, con valutazione ex ante non se la condotta integri estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell'autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di causa ad effetto. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto legittimo il rigetto della domanda fondato sul rilievo che l'imputato, tollerando la frequentazione della propria casa da parte di tossicodipendenti implicati nei reati di droga per cui v'erano le indagini, aveva colpevolmente giustificato il convincimento nell'A.G. del suo stesso coinvolgimento in quei reati).

Cass. pen. n. 4154/2008

In materia di riparazione per l'ingiusta detenzione, la facoltà da parte dell'indagato di non rispondere in sede di interrogatorio, la reticenza e persino la menzogna — che costituiscono legittimo esercizio del diritto di difesa — possono rilevare sotto il profilo del dolo o della colpa grave laddove il soggetto non abbia riferito circostanze, ignote agli organi inquirenti, utili ad attribuire un diverso significato agli elementi acquisiti in sede investigativa e posti a fondamento del provvedimento cautelare.

Cass. pen. n. 1694/2008

Il mantenimento della veste di amministratore di una società commerciale dopo la cessione della medesima a colui che l'ha utilizzata per la consumazione di una serie di truffe e violazioni finanziarie, omettendo di esercitare i dovuti controlli sul suo operato, costituisce una grave negligenza che integra gli estremi della colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione.

Cass. pen. n. 1678/2008

In materia di riparazione per l'ingiusta detenzione, gli interessi al tasso legale sulla somma attribuita all'istante — non già moratori, bensì corrispettivi — vanno riconosciuti, se richiesti, dal passaggio in giudicato del provvedimento attributivo, atteso che solo da tale momento il credito — avente natura non risarcitoria — può ritenersi certo, liquido ed esigibile.

Cass. pen. n. 1577/2008

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, ai fini dell'accertamento circa la sussistenza della condizione ostativa (art. 314 comma secondo c.p.p.) per aver l'indagato dato causa per colpa grave alla custodia cautelare, il giudice deve valutare anche il comportamento tenuto dal ricorrente prima dell'emissione del provvedimento restrittivo e non solo il comportamento tenuto in occasione della misura o dell'interrogatorio immediatamente successivo. (Nella fattispecie la Corte ha censurato la motivazione di rigetto della Corte territoriale, che riteneva la colpa grave del ricorrente nell'essersi avvalso della facoltà di non rispondere in sede di interrogatorio, così mancando di fornire elementi a propria giustificazione, ed ha stabilito che il giudice di merito avesse omesso di prendere in considerazione, e di valutare complessivamente, anche il comportamento tenuto dall'indagato prima dell'arresto).

Cass. pen. n. 363/2008

In tema di riparazione per ingiusta detenzione, le frequentazioni ambigue, ossia quelle che si prestano oggettivamente ad essere interpretate come indizi di complicità, quando non sono giustificate da rapporti di parentela, e sono poste in essere con la consapevolezza che trattasi di soggetti coinvolti in traffici illeciti, possono dare luogo ad un comportamento gravemente colposo idoneo ad escludere la riparazione stessa.

Cass. pen. n. 48/2008

In tema di equa riparazione per l'ingiusta detenzione, il termine biennale per la presentazione della relativa domanda decorre, nell'ipotesi di cui all'art. 314, comma secondo, c.p.p., dal momento in cui è divenuta irrevocabile la sentenza di proscioglimento e non da quello dell'eventuale decisione di revoca della misura cautelare adottata dal Tribunale del riesame.

Cass. pen. n. 36907/2007

Non è causa ostativa alla riparazione per ingiusta detenzione la circostanza che la ridefinizione dell'imputazione in altra sia avvenuta in sede di merito, per effetto di elementi emersi soltanto nell'istruzione dibattimentale, e non già nel corso del giudizio cautelare. (Fattispecie relativa alla derubricazione del reato contestato in altro per il quale, in ragione della pena edittale massima, non era consentita l'adozione della misura custodiale carceraria).

Cass. pen. n. 29959/2007

Nel procedimento relativo alla riparazione per l'ingiusta detenzione, non è necessario il conferimento di procura speciale al difensore per la proposizione del ricorso per cassazione avverso l'ordinanza della Corte d'Appello che ha provveduto alla liquidazione dell'indennizzo, essendo sufficiente che il suddetto difensore sia iscritto nell'albo di cui all'art. 613 c.p.p.

Cass. pen. n. 26388/2007

Il controllo sulla congruità della somma liquidata a titolo di riparazione è sottratto al giudice di legittimità, che può soltanto verificare se il giudice di merito abbia logicamente motivato il suo convincimento e non sindacare la sufficienza o insufficienza dell'indennità liquidata, a meno che, discostandosi sensibilmente dai criteri usualmente seguiti, lo stesso giudice non abbia adottato criteri manifestamente arbitrari o immotivati ovvero abbia liquidato in modo simbolico la somma dovuta.

Cass. pen. n. 26368/2007

In tema di riparazione per ingiusta detenzione, deve ritenersi escluso il diritto alla riparazione nel caso in cui l'ingiustizia della detenzione venga correlata alla intervenuta riqualificazione del fatto all'esito del dibattimento, con conseguente derubricazione del reato contestato nell'incidente cautelare in altro meno grave, i cui limiti edittali di pena non avrebbero consentito l'applicazione della misura custodiale. In tal caso, infatti, non è intervenuta una sentenza di proscioglimento nel merito, nè una decisione irrevocabile che abbia accertato la violazione originaria degli artt. 273 e 280 c.p.p. (Fattispecie in tema di derubricazione del reato di estorsione in quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni a seguito del dibattimento nel giudizio di appello).

Cass. pen. n. 11998/2007

Chi è stato prosciolto ha diritto all'indennizzo da ingiusta detenzione per la custodia cautelare subita, nella misura in cui non vi abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave. Intrattenere rapporti per la cessione di sostanze stupefacenti è comportamento caratterizzato da colpa grave, con la conseguenza che non è ammissibile il suddetto indennizzo. (Mass. redaz.).

Cass. pen. n. 25084/2006

Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 314, commi primo e quarto, c.p.p. — per contrasto con gli artt. 76 e 77 Cost. in relazione alla non fedele attuazione della direttiva di cui all'art. 2, comma primo n. 100 L. delega n. 81 del 16 febbraio 1987, e con gli artt. 2, 3 e 24 Cost., per violazione dei principi di tutela della libertà personale e di solidarietà, alla cui stregua nella nozione di errore giudiziario vanno ricomprese tutte le ipotesi di custodia cautelare risultate obiettivamente ingiuste —, nella parte in cui non è previsto il diritto alla riparazione della custodia cautelare sofferta per una durata superiore alla pena inflitta, restando preclusa, nell'ipotesi di più titoli cautelari, la liquidazione dell'indennità in ordine alle imputazioni per le quali è intervenuta l'assoluzione nel merito, anche se l'effettivo periodo di custodia risulti superiore alla pena inflitta o che sarebbe stata inflitta per altra imputazione qualora il reato non fosse stato dichiarato estinto per prescrizione.

Cass. pen. n. 31428/2005

L'inutilizzabilità degli atti d'indagine, quale derivante, nella specie, dall'essere stati gli stessi effettuati in assenza della necessaria autorizzazione prevista dall'art. 414 c.p.p., comporta anche il divieto di trarre, da detti atti, elementi dimostrativi del dolo o della colpa grave che impediscono, anche nel caso previsto dall'art. 314, comma 2, c.p.p., il riconoscimento del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione. (Mass. redaz.).

Cass. pen. n. 26873/2005

In tema di riparazione per ingiusta detenzione ed in linea con un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 314, comma 2, c.p.p., che tenda a riconoscere il diritto alla riparazione in ogni caso di accertata illegittimità della detenzione, anche se non dipendente dalla mancanza delle condizioni previste dagli artt. 273 e 280 c.p.p., deve ritenersi suscettibile di dar luogo al suddetto diritto anche la riscontrata tardività del provvedimento di proroga della custodia cautelare. (Mass. Redaz.).

Cass. pen. n. 37567/2004

Può essere ritenuto gravemente colposo e tale, quindi, da escludere il diritto alla riparazione per ingiusta detenzione il comportamento costituito da commivenza, quando questa si presenti con caratteristiche tali da poter essere facilmente scambiata, almeno inizialmente, per concorso. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che correttamente fosse stata ravvisata colpa grave nel comportamento di una donna la quale era stata arrestata e detenuta per circa un anno sotto l'addebito di concorso con altri due soggetti nella detenzione a fine di spaccio di un rilevante quanitativo di sostanza stupefacente che era stato rinvenuto, già confezionato in diversi pani, buste e sacchetti, in un appartamento di modeste dimensioni, intestato alla stessa donna, in cui costei conviveva con i due presunti concorrenti).

Cass. pen. n. 18966/2004

In tema di riparazione per ingiusta detenzione, dalla disposizione per cui il diritto ad essa è escluso per quella parte della custodia cautelare che sia computata ai fini della determinazione della pena discende anche, specularmente, che l'avvenuto conseguimento della riparazione per il periodo di ingiusta detenzione ne preclude l'utilizzazione a scomputo di restrizioni della libertà personale applicate ad altro titolo. (Nella specie era stata dedotta la fungibilità della custodia cautelare sofferta precedentemente senza titolo con la sorveglianza di P.S. con obbligo di soggiorno, funzionale al conseguimento dell'anticipata cessazione della misura di prevenzione personale, che costituiva presupposto per l'applicazione di misura custodiale in relazione al reato di trasferimento fraudolento di valori di cui all'art. 12 quinquies D.L. n. 306 del 1992).

Cass. pen. n. 46472/2003

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, in ipotesi di processo avente ad oggetto più imputazioni, allorché il provvedimento restrittivo della libertà personale sia fondato su più contestazioni, la condanna anche per una sola di queste — che sia stata comunque idonea, autonomamente, a legittimare la compressione della libertà — impedisce il sorgere del diritto alla riparazione, irrilevante risultando il proscioglimento dalle altre imputazioni.

Cass. pen. n. 46470/2003

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, il comportamento mendace dell'imputato, seppure rientra nel diritto di difesa e può essere adottato quale legittima strategia difensiva, non giustifica tuttavia il diritto alla riparazione per l'ingiusta detenzione, qualora risulti accertato che proprio da tale comportamento sia derivata la conferma o la protrazione della privazione della libertà personale. (Nella fattispecie l'indagato, sottoposto a custodia cautelare per traffico di stupefacenti, invece di dichiarare l'uso personale della droga, aveva negato che nelle conversazioni intercettate dagli inquirenti le frasi in codice adoperate si riferivano alla cessione della droga).

Cass. pen. n. 19305/2003

Il diritto alla riparazione per ingiusta detenzione ai sensi dell'art. 314, comma 2 c.p.p., conseguente all'emissione o al mantenimento della custodia cautelare in violazione degli artt. 273 e 280 del codice di rito, non viene meno se il processo si conclude con una condanna con sospensione condizionale della pena, né tale diritto è subordinato alla scadenza del termine di cui all'art. 163 c.p., in quanto diversamente la richiesta dell'interessato risulterebbe sempre tardiva per decorso del termine biennale stabilito a pena di decadenza.

Cass. pen. n. 18237/2003

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, la decisione irrevocabile che costituisce titolo per il diritto alla riparazione va individuata nell'ordinanza non impugnata adottata dal Tribunale in sede di riesame o di appello avverso il provvedimento de libertate ovvero nella sentenza emessa dalla Corte di cassazione contro tale ordinanza o in sede di ricorso per saltum contro lo stesso provvedimento applicativo della misura cautelare.

Cass. pen. n. 12784/2003

In materia di riparazione per ingiusta detenzione, il diritto alla riparazione sorge solo in presenza di una delle formule di proscioglimento previste dal primo comma dell'art. 314 c.p.p. e detto principio di tassatività opera anche nel caso previsto dal terzo comma dello stesso articolo che ha esteso il diritto alla riparazione anche per le sentenze di non luogo a procedere. Pertanto, deve escludersi il diritto alla riparazione per ingiusta detenzione qualora sia stata emessa una sentenza di non luogo a procedere per difetto di imputabilità del minore, in quanto non espressamente prevista e tenuto conto che tale delibazione postula il necessario accertamento di responsabilità dell'imputato.

Cass. pen. n. 9004/2003

In tema di riparazione per ingiusta detenzione, gli interessi moratori, al tasso legale, sulla somma attribuita all'istante vanno riconosciuti, se richiesti, dal passaggio in giudicato del provvedimento attributivo, atteso che solo da tale momento il credito — avente natura non risarcitoria — può ritenersi certo, liquido ed esigibile.

Cass. pen. n. 8993/2003

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, un atteggiamento di connivenza integra la colpa grave, ostativa al diritto alla riparazione, qualora sia indice del venir meno di elementari doveri di solidarietà sociale per impedire il verificarsi di gravi danni alle persone o alle cose, sempre che il soggetto non rivesta una posizione di garanzia, che concretizzerebbe una fattispecie omissiva impropria. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto che chi assiste passivamente a continue violenze in ambito familiare o comunitario e si astiene dall'aiutare la vittima, sia in concreto sia informando gli organi preposti alla tutela, o quanto meno dal manifestare il proprio dissenso, rafforza così la volontà dell'agente e concorre con colpa grave a determinare la custodia cautelare).

Cass. pen. n. 4311/2003

Nella liquidazione dell'indennizzo per la riparazione dell'ingiusta detenzione il giudice deve effettuare una valutazione equitativa che riesca a realizzare l'obiettivo di garantire un trattamento oggettivamente identico a tutti gli interessati e una riparazione del danno subito. Pertanto qualora la perdita della libertà pur limitata nel tempo abbia avuto effetti devastanti e le conseguenze personali e familiari abbiano assunto rilievo preponderante dovrà darsi prevalenza al criterio equitativo e non al mero criterio aritmetico.

Cass. pen. n. 40126/2002

Il diritto alla riparazione per ingiusta detenzione è da ritenere escluso nel caso in cui l'ingiustizia nella detenzione venga correlata alla mancanza di una condizione di procedibilità (nella specie, querela), la cui necessità sia stata accertata non nell'ambito del procedimento cautelare ma all'esito del giudizio di merito. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che non sussistesse il diritto alla riparazione in un caso in cui, essendo stata disposta la custodia cautelare per reati in materia sessuale ritenuti procedibili d'ufficio per la loro connessione con il reato di cui all'art. 527 c.p., la sussistenza di detto ultimo reato era stata poi esclusa all'esito del giudizio d'appello, con conseguente declaratoria di non doversi procedere in ordine agli altri reati per difetto di querela).

In tema di riparazione per ingiusta detenzione, deve ritenersi escluso il diritto alla riparazione nel caso in cui l'ingiustizia della detenzione venga correlata alla mancanza di una condizione di procedibilità, quale l'assenza di querela, la cui necessità sia stata accertata solo all'esito del giudizio di merito. (Nella specie la Corte ha ritenuto che non sussistesse il diritto alla riparazione in un caso in cui, essendo stata disposta la custodia cautelare per reati in materia sessuale ritenuti procedibili d'ufficio per la loro connessione con il reato di atti osceni, la sussistenza di detto ultimo reato era stata poi esclusa all'esito del giudizio d'appello, con conseguente declaratoria di non doversi procedere in ordine agli altri reati per difetto di querela).

Cass. pen. n. 8163/2002

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, la condizione ostativa al riconoscimento del diritto all'indennizzo, rappresentata dall'avere il richiedente dato causa, all'ingiusta carcerazione, deve concretarsi in comportamenti che non siano stati esclusi dal giudice della cognizione e che possano essere di tipo extra-processuale (grave leggerezza o macroscopica trascuratezza tali da aver determinato l'imputazione), o di tipo processuale (autoincolpazione, silenzio consapevole sull'esistenza di un alibi); il giudice è peraltro tenuto a motivare specificamente sia in ordine all'addebitabilità all'interessato di tali comportamenti, sia in ordine all'incidenza di essi sulla determinazione della detenzione.

Cass. pen. n. 4149/2002

L'azionabilità del diritto alla riparazione per l'ingiusta detenzione nel caso di privazione della libertà personale disposta, con unica ordinanza, per una pluralità di imputazioni, delle quali talune espunte dal provvedimento coercitivo, in quanto ritenute idonee «ad origine» a sorreggerlo, altre definite con decisione liberatoria, non è condizionata dalla sopravvivenza del procedimento in relazione alle prime e dalla possibilità, per esse, del sopravvenire di condanna con il conseguente meccanismo di imputazione del periodo di custodia cautelare sofferto alla pena definitiva inflitta. Ne consegue che il termine biennale previsto dall'art. 315 c.p.p. per la proposizione della domanda di riparazione non decorre dal momento in cui viene definito con sentenza irrevocabile il procedimento per le imputazioni inidonee a legittimare la privazione della libertà personale, ma da quello in cui si avvera, in relazione alle altre imputazioni, una delle condizioni indicate indetto articolo (irrevocabilità della sentenza di condanna o di proscioglimento, inoppugnabilità della sentenza di non luogo a procedere, notificazione all'interessato del provvedimento di archiviazione). (Nella specie, l'ordinanza applicativa della custodia cautelare, emessa per associazione per delinquere, porto abusivo di esplosivi e truffa aggravata, era stata annullata senza rinvio dalla Cassazione limitatamente a quest'ultimo reato perché la pena massima per esso prevista non ne consentiva l'emissione, mentre per gli altri due reati erano intervenuti, rispettivamente, sentenza di non luogo a procedere e decreto di archiviazione del Gip).

Cass. pen. n. 35333/2001

In tema di riparazione per ingiusta detenzione, nel caso di ordine di carcerazione illegittimamente emesso, al giudice della riparazione è precluso provvedere sulla relativa istanza fino quando non sia definito il procedimento dal quale deriva l'ordine di esecuzione della pena illegittimo. (In applicazione del principio la Corte ha rigettato il ricorso avverso la dichiarazione di inammissibilità pronunziata dalla corte d'appello, atteso che la sentenza di condanna, a seguito della quale era stato emesso, e successivamente revocato, il provvedimento esecutivo, non era passata in giudicato per irregolarità della notifica dell'avviso di deposito).

Cass. pen. n. 27965/2001

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, il giudice, per escludere o ritenere la sussistenza del requisito della diretta efficacia del comportamento doloso o gravemente colposo del ricorrente sull'adozione della misura cautelare, deve effettuare uno specifico raffronto tra la condotta dell'indagato e le ragioni che la motivazione dell'ordinanza ha posto a fondamento della misura stessa.

Cass. pen. n. 30136/2001

Nel procedimento per il riconoscimento e l'attribuzione dell'equa riparazione per l'ingiusta detenzione, il potere d'impugnare i capi, che coinvolgono gli interessi civili delle parti, contenuti nell'ordinanza con la quale il giudice decide sulla richiesta di riparazione, spetta anche al pubblico ministero soltanto ove questo prospetti un interesse pubblico all'esatta interpretazione ed applicazione della legge. (In applicazione di tale principio, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso del P.M., che si doleva, nell'inerzia del Ministero del Tesoro, della liquidazione in via equitativa di una somma in favore dell'avente titolo alla riparazione, per le «sofferenze morali» da questo patite).

Cass. pen. n. 22927/2001

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, il comma 5 dell'art. 314 c.p.p. esclude l'esistenza del diritto alla riparazione nei casi in cui la sentenza favorevole all'imputato discenda dall'avvenuta abrogazione della norma incriminatrice; ne deriva che, allorquando l'assoluzione venga pronunciata in applicazione di tali modifiche, non si versa in ipotesi di detenzione ingiustificata e non sussiste diritto alla riparazione. Nell'affermare tale principio, il collegio ha stabilito che le modifiche apportate dalla legge 16 luglio 1997 n. 234 hanno comportato una parziale abrogazione delle fattispecie previste dall'art. 323 c.p.

Nel caso in cui sia stata pronunciata assoluzione perché il fatto non è più previsto come reato a seguito di modifica legislativa, non rileva ai fini dell'esclusione, ex art. 341, comma 5 c.p.p., del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione, la circostanza che il giudice abbia utilizzato una formula terminativa impropria (nella specie perché il fatto non sussiste), dovendosi guardare alla volontà effettiva contenuta nella decisione. (Fattispecie relativa ad assoluzione per il reato ex art. 323 c.p., come modificato dalla legge 16 luglio 1997, n. 234).

Cass. pen. n. 2154/2001

In caso di richiesta di riparazione per l'ingiusta detenzione, il giudice deve tenere conto anche della condotta del ricorrente successiva all'esecuzione del provvedimento restrittivo e, pur nel rispetto del diritto di costui a non rendere dichiarazioni, può legittimamente ritenere che la circostanza di non avere il ricorrente risposto in sede di interrogatorio e non fornito spiegazioni su circostanze obiettivamente indizianti abbia contribuito alla formazione del quadro indiziario che ha indotto i giudici della libertà all'applicazione e alla protrazione della custodia. (Fattispecie in cui, nell'ambito di un più ampio quadro di collegamenti con le persone arrestate a seguito di rapina, il ricorrente non aveva fornito spiegazioni circa il contenuto, correttamente ritenuto significativo dai giudici di merito, di una conversazione intercettata poco dopo la commissione del fatto).

Cass. pen. n. 4994/2001

In tema di riparazione per ingiusta detenzione, poiché il relativo diritto non può che essere realizzato per via giudiziaria e sorge, pertanto, solo con la pronuncia giudiziale di accoglimento della richiesta avanzata dall'interessato, il giudice, nell'adottare la detta pronuncia, deve individuare ed applicare la normativa vigente al momento, senza che ciò implichi una indebita attribuzione alla medesima del carattere della retroattività. Ne consegue che la determinazione della somma dovuta a titolo di riparazione va effettuata tenendo conto del maggior tetto massimo previsto dall'art. 315, comma 2, c.p.p., nel testo novellato dall'art. 15, comma 1, lett. b), della legge 16 dicembre 1999 n. 479, anche quando la custodia cautelare sia stata sofferta in epoca antecedente all'entrata in vigore di detta legge. L'eventuale inosservanza di tale principio è rilevabile anche in sede di legittimità, sempre che, con il ricorso, siano stati posti in discussione i criteri normativi utilizzati dal giudice di merito per pervenire alla liquidazione contestata.

Cass. pen. n. 2815/2000

In tema di riparazione per ingiusta detenzione, il procedimento, pur avendo connotazioni di natura civilistica, attiene comunque ad un rapporto obbligatorio di diritto pubblico, sicché il principio dispositivo proprio del procedimento civile (per il quale è riservata alle parti la selezione del materiale probatorio da produrre) è temperato dai poteri istruttori del giudice del merito, il quale, ove la documentazione prodotta dalla parte interessata si rilevi per qualche aspetto insufficiente, ben può procedere ad attività integrativa della stessa anche di ufficio. Non incorre, di conseguenza in alcun vizio di violazione di legge il giudice che, nel valutare la condotta dell'istante ai fini di delibare la sussistenza o meno del dolo o della colpa grave, che escludono il diritto alla riparazione, abbia esaminato (dandone adeguata contezza nella relativa sede motivazionale), oltre alla documentazione prodotta dalla parte, altri atti, conosciuti o conoscibili dalle parti, a suo tempo acquisiti al relativo procedimento penale.

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, il giudice, nel liquidare con criterio equitativo il quantum dell'indennizzo dovuto, non è tenuto ad una analitica motivazione in riferimento ad ogni specifica voce di danno, essendo sufficiente che egli dia conto dei profili pregiudizievoli apprezzati, e di tutte le circostanze che hanno condotto alla conclusiva determinazione equitativa dell'indennizzo; determinazione la quale si rende suscettibile di sindacato sotto l'aspetto della motivazione solo sotto il profilo della intrinseca ragionevolezza del risultato cui è pervenuta.

Cass. pen. n. 2225/2000

Il diritto anche dello straniero alla riparazione pecuniaria per la detenzione ingiustamente sofferta non è soggetto alla condizione di reciprocità di cui all'art. 16 delle preleggi, trattandosi di diritto che non nasce da un'obbligazione di natura privata, quale potrebbe essere quella derivante da un illecito civile, pur se commesso dallo Stato, ma trova la sua fonte nella responsabilità indennitaria che grava sullo Stato medesimo in conseguenza di un atto legittimo di natura autoritativa, in presenza del quale il rapporto che ne deriva viene ad inquadrarsi nella categoria delle obbligazioni pubbliche.

Cass. pen. n. 2770/2000

È inammissibile la richiesta di riparazione per l'ingiusta detenzione relativa ad uno dei titoli custodiali per i quali era stata disposta la detenzione cautelare quando la misura adottata si riferisce a più ipotesi di reato non tutte processualmente definite, in tal caso, infatti, il periodo di detenzione è unico e inscindibilmente imputabile ad ognuno e a tutti i titoli custodiali. (Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto abnorme il provvedimento di sospensione del procedimento per la riparazione per l'ingiusta detenzione adottato dal giudice, fuori dalle ipotesi previste dall'articolo 3 c.p.p., in attesa della definizione del giudizio per uno dei reati per i quali era stata disposta la custodia cautelare, sul presupposto che l'istante era stato assolto solo per uno dei titoli custodiali per i quali era stata disposta la misura).

Cass. pen. n. 2365/2000

In materia di riparazione per l'ingiusta detenzione, il dolo o la colpa grave idonei ad escludere l'indennizzo devono sostanziarsi in comportamenti specifici che abbiano dato o abbiano concorso a darvi causa all'instaurazione dello stato privativo della libertà, sicché è necessario l'accertamento del rapporto tra tali condotte ed il provvedimento restrittivo della libertà personale, ancorato a dati certi e non congetturali. Sotto questo profilo, la valutazione del giudice della riparazione si svolge su un piano diverso, autonomo, rispetto a quello del giudice del processo penale, pur dovendo eventualmente operare sullo stesso materiale: tale ultimo giudice deve valutare la sussistenza o meno di una ipotesi di reato ed eventualmente la sua riconducibilità all'imputato; il primo, invece, deve valutare non se determinate condotte costituiscano o meno reato, ma se esse si posero come fattore condizionante (anche nel concorso dell'altrui errore) alla produzione dell'evento detenzione. Il mancato assolvimento di tale obbligo in termini di adeguatezza, congruità e logicità della motivazione è censurabile in cassazione, ai sensi dell'art. 606, primo comma lett. e), c.p.p.

Presupposto della istanza di riparazione per ingiusta detenzione, è la sentenza irrevocabile di assoluzione con la formula di proscioglimento indicata nella prima parte dell'art. 314 c.p.p. Non ha a tal riguardo rilievo se a tale formula il giudice penale sia pervenuto per la accertata prova positiva di non colpevolezza, ovvero per la insufficienza o contraddittorietà della prova, se cioè l'assoluzione sia stata pronunziata ai sensi del primo o del secondo comma dell'art. 530 c.p.p.

Cass. pen. n. 4435/2000

Nel caso in cui lo stesso soggetto proponga due istanze volte ad ottenere la riparazione per un unico periodo di ingiusta detenzione derivante dallo stesso titolo, si verifica l'ipotesi di litispendenza prevista dall'art. 273, comma 1, c.p.c. ed il possibile conflitto tra giudicati si evita tramite la riunione imposta dallo stesso art. 273; tuttavia, ove la riunione non sia avvenuta, la questione dell'ammissibilità (o la stessa inammissibilità) per ragioni formali di una delle due istanze, non pregiudica la decisione dell'altra che risulti regolarmente proposta e non si verifica pertanto l'ipotesi di sospensione necessaria del giudizio di cui all'art. 295 detto codice.

Cass. pen. n. 3488/1999

Dall'art. 314, comma 4, c.p.p., in base al quale il diritto alla riparazione per ingiusta detenzione è escluso per quella parte della custodia cautelare che sia computata ai fini della determinazione della pena, può dedursi anche il principio contrario, e cioè che chi ha ottenuto la riparazione non può ottenere anche la fungibilità in relazione allo stesso periodo di ingiusta detenzione. Infatti, ove così non fosse, si determinerebbe una violazione del principio di uguaglianza, in quanto, a parità di situazioni, verrebbero a stabilirsi trattamenti differenziati tra chi, avendo ottenuto la fungibilità, non potrebbe ottenere la riparazione e chi, avendo ottenuto la riparazione, avrebbe diritto anche alla fungibilità.

Cass. pen. n. 1491/1999

A seguito della sentenza n. 109/99 della Corte costituzionale il diritto alla riparazione per ingiusta detenzione, di cui all'art. 314 c.p.p., è riconoscibile, entro gli stessi limiti previsti per la custodia cautelare, anche a favore di chi abbia subito privazione della libertà a causa di arresto in flagranza o fermo.

Cass. pen. n. 1904/1999

Il diritto alla riparazione per l'ingiusta detenzione è escluso se il ricorrente abbia dato o concorso a dare causa alla detenzione e per il solo fatto obiettivo di aver posto in essere condotte illecite: queste, pertanto, vanno valutate secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo da quello seguito nel processo di merito.

Cass. pen. n. 1618/1999

In tema di riparazione per ingiusta detenzione il titolo atto a rendere liquido ed esigibile il credito è la pronuncia del giudice, che determina la somma dovuta. Pertanto la decorrenza degli interessi si individua nella data della pronuncia stessa.

Cass. pen. n. 1114/1999

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, il vaglio delle circostanze di fatto idonee ad integrare il dolo o la colpa grave deve essere operato con giudizio ex ante e sulla base dell'idoneità della condotta dell'indagato a «trarre in inganno» l'autorità giudiziaria ed a porsi come situazione sinergica alla causazione dell'evento «detenzione».

Cass. pen. n. 311/1999

In tema di riparazione per la ingiusta detenzione, l'art. 314 comma 2 c.p.p., riconosce il relativo diritto al condannato che, nel corso del processo, sia stato sottoposto a custodia cautelare, solo quando risulti accertato che il provvedimento restrittivo è stato emesso, ovvero mantenuto, senza che ricorressero i presupposti di cui agli articoli 273 e 280 c.p.p., mentre il comma 4 esclude che la riparazione sia dovuta per quella parte di custodia cautelare che risulti computata ai fini della determinazione della pena concretamente inflitta. (Nella fattispecie, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso dell'imputato, in quanto, in pendenza del giudizio incidentale de libertate, instaurato per far valere la presunta decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare, la sentenza di condanna a pena detentiva superiore al periodo di custodia cautelare sofferto era divenuta definitiva).

Cass. pen. n. 36/1999

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, l'ingiustizia formale della detenzione, anche se conseguente a diversa qualificazione del fatto contestato nell'imputazione come reato procedibile a querela, tuttavia mancante, e/o punito con pena edittale non superiore nel massimo a tre anni di reclusione, deve risultare da una decisione irrevocabile in fase (o comunque, come nel giudizio direttissimo, con valenza anche) cautelare: invero, la «derubricazione» che avvenga al di fuori del giudicato (con valenza) cautelare e nel giudizio di merito - per effetto della valutazione di circostanze emerse solo nella istruzione dibattimentale o rilevante dal giudice di ufficio, senza che abbiano costituito oggetto della controversia - è estranea alla categoria dell'errore giudiziario, giacché in tal caso l'applicazione della misura è originariamente legittima e manca il titolo del diritto alla riparazione, che sorge esclusivamente se, in seguito alla detta «derubricazione», la custodia cautelare sia illegittimamente mantenuta, come si ricava dalla seconda previsione contenuta nell'art. 314 cpv. c.p.p. (Nella fattispecie la decisione di merito che riconosceva il diritto all'indennità - annullata senza rinvio in applicazione del principio massimato - era relativa ad una detenzione disposta per il reato originariamente contestato di sequestro di persona, derubricato in ratto a fine di libidine e dichiarato improcedibile per la non equipollenza dell'atto di denuncia a querela, rilevata d'ufficio solo dalla corte d'appello).

Cass. pen. n. 3707/1999

Nel procedimento di riparazione per l'ingiusta detenzione il principio dispositivo, per il quale la ricerca del materiale probatorio necessario per la decisione è riservata alle parti tra le quali si distribuisce in base all'onere della prova, è temperato dai poteri istruttori del giudice, il cui esercizio d'ufficio, eventualmente sollecitato dalle parti, si svolge non genericamente ma in vista di una indagine specifica, secondo un apprezzamento della concreta rilevanza al fine della decisione, insindacabile in sede di legittimità se non sotto il profilo della correttezza del procedimento logico. (Fattispecie in cui la C.S. ha giudicato incensurabile la decisione della corte di appello di non acquisire l'intero fascicolo processuale, visto che nessuna deduzione specifica sostanziale, sia pure a livello meramente assertivo, era stata formulata con riferimento alle cause impeditive della riparazione).

Cass. pen. n. 3682/1999

In tema di equa riparazione per l'ingiusta detenzione, non sussiste a carico dell'istante onere di allegazione della prova (negativa) di fatti impeditivi, modificativi od estintivi dell'invocato diritto. Invero, pur trattandosi di un rapporto obbligatorio di diritto pubblico, l'onere della esistenza di fatti impeditivi, modificativi od estintivi del diritto del richiedente, non compete a quest'ultimo, ma, secondo il principio generale di cui all'art. 2697 c.c., a colui il quale l'esistenza di tali fatti intenda eccepire.

Cass. pen. n. 3346/1998

Le spese del procedimento diretto ad ottenere il riconoscimento del diritto all'equa riparazione per ingiusta detenzione, ai sensi dell'art. 314 c.p.p., gravano sull'amministrazione del tesoro solo se questa, nel costituirsi, opponga carenza del diritto, eccessività della richiesta o qualsivoglia eccezione che tenda a paralizzare o ridurre la pretesa dell'istante, colorando così di contenziosità il procedimento, con la conseguente applicabilità del disposto dell'art. 91 c.p.c. Se, al contrario, l'amministrazione non contrasta la richiesta la procedura rimane nell'ambito della volontaria giurisdizione e le spese sono a carico dell'istante.

Cass. pen. n. 17440/1998

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, il giudice, nel far ricorso alla liquidazione equitativa, deve sintetizzare i fattori di analisi presi in esame ed esprimere la valutazione fattane ai fini della decisione, non potendo il giudizio di equità risolversi nel merum arbitrium, ma dovendo invece essere sorretto da una giustificazione adeguata e logicamente congrua, così assoggettandosi alla possibilità del controllo da parte dei destinatari e dei consociati. (Fattispecie di annullamento con rinvio dell'ordinanza che aveva determinato l'equo indennizzo per 11 giorni di detenzione in lire 400.000, senza dar in alcun modo conto di tale determinazione).

Cass. pen. n. 1745/1998

La fuga dell'innocente dal luogo del delitto non può costituire comportamento che ha dato causa alla custodia cautelare subita sotto il profilo della colpa grave quando tale condotta si inquadri nella prospettiva di una strategia difensiva funzionale proprio ad evitare ingiuste incriminazioni e restrizioni della libertà personale. Infatti, allorché tale comportamento non si configuri quale contrario all'ordinamento, ma espressione del diritto di difesa e di libertà, non è possibile qualificarlo illegittimo nella particolare prospettiva della riparazione per ingiusta detenzione.

Cass. pen. n. 956/1998

In materia di riparazione per l'ingiusta detenzione un comportamento mendace dell'imputato, se rientra nel diritto di difesa, come oggetto di scelta di linea difensiva, non può però giustificare la domanda di riparazione, se proprio dal comportamento mendace sia derivata la conferma-protrazione della custodia cautelare.

Cass. pen. n. 268/1998

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione per un reato in concorso con altre persone, si concorre a dare causa all'adozione della misura cautelare se si sia consapevoli dell'attività delittuosa di altri e nondimeno, pur non concorrendo in quell'attività, si ponga in essere una condotta che si presti sul piano logico ad essere interpretata come contigua a quell'attività. (Nella specie l'interessato, detenuto per il reato di concorso in associazione per delinquere finalizzata al reclutamento di mercenari, da cui veniva poi assolto, aveva finto l'adesione all'associazione allo scopo comunque illecito di ottenere reperti archeologici di contrabbando).

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, qualora la condotta e lo scopo riconosciuti dall'imputato già nel corso delle indagini preliminari siano stati accertati solo in dibattimento, portando alla sua assoluzione, non gli si può attribuire la colpa grave di aver contribuito al mantenimento della custodia cautelare a partire dal momento in cui egli ha posto quelle circostanze decisive all'attenzione dell'inquirente, che avrebbe potuto accertarle e riscontrarle fino al punto, se non di far emergere l'estraneità dell'imputato ai fini attribuitigli, quanto meno di ritenere attenuato il quadro indiziario posto a sostegno della custodia cautelare e, per effetto di quell'omesso accertamento, ingiustamente mantenuta.

Cass. pen. n. 683/1997

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, nel caso di diversa qualificazione giuridica del delitto originariamente contestato (che ha determinato il provvedimento restrittivo) in altro delitto che non consenta la custodia cautelare, il diritto alla riparazione sorge esclusivamente se, in seguito a tale «derubricazione», la custodia cautelare sia illegittimamente mantenuta, come si ricava dall'espressione «o mantenuto» contenuta nell'art. 314, comma 2, c.p.p.

Cass. pen. n. 1006/1997

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione la colpa grave indicata nell'art. 314 n. 1 c.p.p. non può mai essere costituita da una condotta che, seppure illecita, tuttavia non integri un reato per il quale sia consentita dall'ordinamento la compressione del bene primario della libertà personale. (Fattispecie di contravvenzione di scommesse clandestine relative al gioco del calcio, per cui non è consentita la custodia cautelare).

Cass. pen. n. 179/1997

In tema di presupposti per la riparazione dell'ingiusta detenzione deve intendersi gravemente colposo il comportamento dell'indagato caratterizzato da spiccata leggerezza e macroscopica trascuratezza mediante azioni od omissioni denotanti vizio di coscienza e tali da porre in essere un meccanismo di imputazione del fatto praticamente non dissimile dal dolo. (Nella specie è stata esclusa la rilevanza a titolo di colpa grave della «intensa frequentazione» di altro imputato condannato per spaccio di droga, siccome giustificata dal rapporto di coniugio).

Cass. pen. n. 1345/1996

In tema di equa riparazione per l'ingiusta detenzione, la sentenza di non luogo a procedere, la cui pronuncia si sostanzia nell'adozione di formule tipiche, dà luogo ad una situazione assimilabile a quella prevista dal comma primo dell'art. 314 c.p.p., quando sia stata adottata una delle formule ivi indicate, ed a quella contemplata dal comma secondo del citato art. 314 quando si tratti di una causa diversa. In quest'ultima ipotesi, pertanto, occorre la decisione irrevocabile con la quale sia rimasta accertata la illegittimità della sofferta custodia cautelare per difetto di una o più tra le condizioni di cui agli artt. 273 e 280 c.p.p. (Fattispecie relativa a rigetto del ricorso per cassazione avverso l'ordinanza con la quale la corte di appello non aveva riconosciuto il diritto alla riparazione per l'ingiusta detenzione a un soggetto che con sentenza, passata in giudicato, era stato assolto per non avere commesso il fatto da alcuni reati e nei cui confronti era stato dichiarato n.d.p. per altri delitti perché estinti per amnistia).

Cass. pen. n. 1371/1996

Ai fini della esclusione del diritto all'equa riparazione per ingiusta detenzione, non può considerarsi «colpa grave» quella di colui che, anteriormente all'instaurazione del procedimento penale a suo carico o alla conoscenza della esistenza di detto procedimento, abbia posto in essere comportamenti che, pur senza avere carattere di illiceità, siano stati tuttavia tali da aver dato luogo a ragionevoli sospetti, salvo che si tratti di soggetto sottoposto a misura di prevenzione, nel qual caso l'obbligo di «non dare ragione di sospetti» è espressamente previsto dalla legge (art. 5, comma terzo, della L. 27 dicembre 1956 n. 1423, e successive modificazioni).

Cass. pen. n. 1103/1996

La «colpa grave» che determina l'esclusione del diritto all'equa riparazione per ingiusta detenzione può essere ravvisata anche con riguardo a comportamenti anteriori all'instaurarsi del procedimento penale o alla conoscenza di esso da parte dell'interessato, sempre che tali comportamenti, oltre ad aver avuto determinante incidenza causale nell'adozione della misura cautelare, siano anche connotati da macroscopica negligenza, superficialità, imprudenza, inosservanza di leggi e norme disciplinari, sì da far riguardare come prevedibile, in base a regole di comune esperienza, l'adozione della detta misura.

Cass. pen. n. 1614/1996

In materia di riparazione per l'ingiusta detenzione, in ragione della tassativa formulazione del comma 2 dell'art. 314 c.p.p. non sono idonee a fondare il diritto alla riparazione né la violazione dell'art. 274 c.p.p., relativo alle esigenze cautelari, né l'inosservanza dei principi di adeguatezza e proporzionalità delle misure enunciati nel successivo art. 275, mentre tale diritto si configura ove sussista una causa d'illegittimità enucleabile dall'art. 273 o dall'art. 280 stesso codice.

Cass. pen. n. 738/1996

La «colpa grave che, ai sensi dell'art. 314, comma 1, c.p.p., esclude il diritto alla riparazione per ingiusta detenzione, può consistere anche nell'aver posto in essere una condotta consapevole e volontaria tale da aver creato una situazione di allarme sociale e di doveroso intervento dell'autorità giudiziaria a tutela della comunità ragionevolmente ritenuta in pericolo, sempre che l'evento sia rappresentato o voluto. (Nella specie è stata ritenuta gravemente colposa, nel senso anzidetto, la condotta di persona che, mantenendo contatti con esponenti delle c.d. «brigate rosse», si era prestata ad espletare funzioni di «messaggera» e si era altresì attivata per fornire notizie su procedimenti penali in corso ai soggetti che vi erano coinvolti).

Cass. pen. n. 667/1996

L'esclusione del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione a cagione di «colpa grave» dell'interessato, ammissibile anche quando quest'ultima attenga a comportamenti posti in essere prima della privazione della libertà, postula che si tratti di colpa equiparabile al dolo, di cui venga, inoltre, dimostrato l'oggettivo nesso di causalità con l'adozione del provvedimento cautelare. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Suprema Corte ha escluso che la sussistenza della colpa grave, da parte di soggetto che aveva subito custodia cautelare sotto l'accusa di concussione e falso, potesse dirsi dimostrata sulla base di elementi costituiti dall'avere quegli: a) operato al di fuori della propria competenza territoriale, nell'eseguire l'ispezione ad un esercizio commerciale; b) omesso di fare di ciò rapporto ai suoi superiori; c) omesso di indicare nel verbale da lui redatto la pena pecuniaria applicabile; d) omesso di effettuare il sequestro dei prodotti ritenuti irregolari).

Cass. pen. n. 421/1996

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione (art. 314 c.p.p.) deve ritenersi che, nel caso di processo cumulativo, se il provvedimento restrittivo della libertà è fondato su più contestazioni, il proscioglimento con formula non di merito anche da una sola fra queste, — sempreché autonomamente idonea a legittimare la compressione della libertà stessa, — impedisce il sorgere del diritto alla riparazione, irrilevante risultando il pieno proscioglimento dalle altre imputazioni.

Cass. pen. n. 43/1996

In tema di presupposti per la riparazione dell'ingiusta detenzione, deve intendersi dolosa — e conseguentemente idonea ad escludere la sussistenza del diritto all'indennizzo, ai sensi dell'art. 314, comma 1, c.p.p. — non solo la condotta volta alla realizzazione di un evento voluto e rappresentato nei suoi termini fattuali, sia esso confliggente o meno con una prescrizione di legge, ma anche la condotta consapevole e volontaria i cui esiti, valutati dal giudice del procedimento riparatorio con il parametro dell'id quod plerumque accidit secondo le regole di esperienza comunemente accettate, siano tali da creare una situazione di allarme sociale e di doveroso intervento dell'autorità giudiziaria a tutela della comunità, ragionevolmente ritenuta in pericolo. Poiché inoltre, anche ai fini che qui interessano, la nozione di colpa è data dall'art. 43, c.p., deve ritenersi ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione, ai sensi del predetto comma 1 dell'art. 314 c.p.p., quella condotta che, pur tesa ad altri risultati, ponga in essere, per evidente, macroscopica negligenza, imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi, regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituire una non voluta, ma prevedibile, ragione di intervento dell'autorità giudiziaria che si sostanzi nell'adozione di un provvedimento restrittivo della libertà personale o nella mancata revoca di uno già emesso.

Nel procedimento per la riparazione dell'ingiusta detenzione (art. 314 c.p.p.), il giudice, nell'accertare la sussistenza o meno della condizione ostativa all'indennizzo data dall'incidenza causale del dolo o della colpa grave dell'interessato nella produzione dell'evento costitutivo del diritto (l'emissione del provvedimento coercitivo), deve valutare la condotta da questi tenuta sia anteriormente che successivamente al momento restrittivo della libertà e, più in generale, a quello della legale conoscenza della pendenza di un procedimento a suo carico, con la precisazione che la valutazione dei comportamenti successivi a tale conoscenza deve essere effettuata con particolare cautela, dovendosi sempre, e con adeguato rigore, avere rispetto per le strategie difensive che abbia ritenuto di adottare (quale che possa esserne la ragione) chi è stato ingiustamente privato della libertà personale.

Nel procedimento per la riparazione dell'ingiusta detenzione è necessario distinguere nettamente l'operazione logica propria del giudice del processo penale, volta all'accertamento della sussistenza di un reato e della sua commissione da parte dell'imputato, da quella propria del giudice della riparazione il quale, pur dovendo operare, eventualmente, sullo stesso materiale, deve seguire un iter logico-motivazionale del tutto autonomo, perché è suo compito stabilire non se determinate condotte costituiscano o meno reato, ma se queste si sono poste come fattore condizionante (anche nel concorso dell'altrui errore) alla produzione dell'evento «detenzione»; ed in relazione a tale aspetto della decisione egli ha piena ed ampia libertà di valutare il materiale acquisito nel processo, non già per rivalutarlo, bensì al fine di controllare la ricorrenza o meno delle condizioni dell'azione (di natura civilistica), sia in senso positivo che negativo, compresa l'eventuale sussistenza di una causa di esclusione del diritto alla riparazione.

Cass. pen. n. 1301/1995

In materia di equa riparazione per ingiusta detenzione, è ravvisabile colpa grave nel comportamento di chi, colpito da un provvedimento di custodia cautelare, si sia difeso nella sede prevista dalla legge rilasciando dichiarazioni non solo del tutto inverosimili ma, anzi, chiaramente false. In tal caso il concorso al mantenimento della custodia cautelare è in re ipsa, ove si tenga anche presente che un esercizio del diritto di difesa improntato a falsità sui temi di indagine rende problematici in quella sede gli accertamenti a favore e convince, invece, della persistenza dei gravi indizi di colpevolezza.

Cass. pen. n. 1299/1995

Qualora la domanda di equa riparazione per ingiusta detenzione sia proposta da soggetto che, trovandosi in stato di custodia cautelare, aveva sottoposto all'attenzione del P.M. fatti che, da quest'ultimo non accertati, si erano rivelati decisivi, a favore dell'imputato, in sede dibattimentale ed avevano portato al suo proscioglimento, non si può attribuire al richiedente l'equo indennizzo la colpa di avere contribuito al mantenimento della custodia cautelare, per lo meno dal momento in cui ha posto decisive circostanze a disposizione dell'inquirente che, sulla base degli elementi offerti dall'interessato, avrebbe potuto fare emergere la estraneità di quest'ultimo ai fatti attribuiti.

Cass. pen. n. 1/1995

La liquidazione dell'indennizzo per la riparazione dell'ingiusta detenzione è svincolata da parametri aritmetici o comunque da criteri rigidi, e si deve basare su una valutazione equitativa che tenga globalmente conto non solo della durata della custodia cautelare, ma anche, e non marginalmente, delle conseguenze personali e familiari scaturite dalla privazione della libertà, e ciò sia per effetto dell'applicabilità, in tale materia, della disposizione di cui all'art. 643, comma primo, c.p.p., che commisura la riparazione dell'errore giudiziario alla durata dell'eventuale espiazione della pena ed alle conseguenze personali e familiari derivanti dalla condanna, sia in considerazione del valore “dinamico” che l'ordinamento costituzionale attribuisce alla libertà di ciascuno, dal quale deriva la doverosità di una valutazione equitativamente differenziata caso per caso degli effetti dell'ingiusta detenzione. (In applicazione di detto principio la Corte ha confermato la legittimità della liquidazione dell'indennizzo per l'ingiusta detenzione effettuata tenendo conto, fra l'altro, della circostanza che l'imputato, privato della libertà, non fosse stato in grado di interessarsi personalmente alla sua azienda e del fatto che, per cinque anni, non avesse potuto utilizzare la somma versata a titolo di cauzione al momento della concessione della libertà provvisoria).

Cass. pen. n. 1566/1995

La equa riparazione per ingiusta detenzione non spetta in caso di estinzione del reato per prescrizione o per amnistia. Se, però, tali formule di proscioglimento non riguardano tutti i reati ascritti all'imputato in unico procedimento ma solo alcuni di essi mentre per gli altri, altrettanti o più gravi, vi è stato proscioglimento con le formule piene di merito di cui all'art. 314, comma primo, c.p.p., occorre discernere quali imputazioni hanno legittimato e sono state alla base dei provvedimenti restrittivi della libertà e per quale periodo della custodia cautelare, qualora questa sia stata dovuta, in tutto od in parte, all'accusa per i reati per i quali è intervenuto il proscioglimento ai sensi dell'art. 314, comma primo, c.p.p., la domanda per l'equa riparazione deve essere esaminata nel merito.

Cass. pen. n. 1296/1995

Quale presupposto per il diritto all'equa riparazione per ingiusta detenzione ha rilievo l'avvenuto proscioglimento con una delle formule indicate dall'art. 314 c.p.p., con riferimento alla contestazione che aveva dato luogo alla detenzione e non è richiesto che, nel caso di processo cumulativo, esso sia intervenuto per tutte le imputazioni oggetto del giudizio, sicché non potrà essere negato l'equo indennizzo per il fatto che alcuni dei reati siano stati dichiarati estinti per amnistia, a maggior ragione quando per questi ultimi la custodia cautelare non fosse ipotizzabile in linea di principio.

Cass. pen. n. 1295/1995

Il diritto all'equa riparazione per l'ingiusta detenzione ha quale presupposto la pronuncia di una sentenza di proscioglimento con una delle formule indicate dall'art. 314 c.p.p.; il fatto che il proscioglimento sia stato pronunciato ai sensi dell'art. 530 n. 2 c.p.p. non ha alcun effetto preclusivo alla valutazione del diritto all'eventuale indennizzo.

Cass. pen. n. 915/1995

In tema di quantificazione dell'indennizzo per la riparazione della ingiusta detenzione, i criteri equitativi da adottare devono riferirsi alla durata effettiva della custodia cautelare illegittimamente sofferta, che assume rilievo preponderante, alle modalità di restrizione della libertà ed agli altri effetti pregiudizievoli sul piano personale e familiare con riguardo alle qualità personali e professionali ed al discredito sociale patito. Non è legittima perciò la semplice adozione del criterio fornito dal rapporto matematico tra durata della carcerazione e tetto massimo previsto per la quantificazione dell'indennizzo.

Cass. pen. n. 1365/1995

In tema di equa riparazione per ingiusta detenzione, qualora il soggetto sottoposto a custodia cautelare abbia adottato quale strategia difensiva il silenzio e risulti che questo abbia impedito che emergessero subito dati di fatto che, se conosciuti tempestivamente, non avrebbero consentito il determinarsi o il protrarsi della privazione della libertà, l'interessato che abbia tardato a svelare quei fatti, tanto più se non altrimenti accertabili, non può dolersi della ingiusta detenzione, assumendo il silenzio il valore di violazione di una norma di prudenza la quale vuole che chi è a conoscenza di circostanze non note, in quel momento, al magistrato, le riveli subito per costituire od eliminare lo stato di privazione della libertà.

Cass. pen. n. 924/1994

In tema di esclusione del diritto ad un'equa riparazione per l'ingiusta detenzione secondo la norma dettata dall'art. 314, comma 1, ultima parte, c.p.p. (dolo o colpa grave dell'istante nell'aver dato causa al provvedimento restrittivo), il giudizio sulla prevedibilità — con criterio ex ante da parte dell'istante la riparazione — delle conseguenze della propria condotta, costituite dalla privazione della libertà in via cautelare, va riferito alle qualità del soggetto che abbia particolari conoscenze per sue proprie condizioni o professione. [Nella specie la Suprema Corte ha ritenuto che il problema è di accertare se la guardia di scorta «essendo venuta meno ai suoi doveri professionali, sia versata in colpa e, ulteriormente, se, tenendo condotta di colpa (imperizia, ecc.) fosse in grado di prevedere (abbia o non preveduto) quel che sarebbe potuto scaturire: se, portata a conoscenza del «giudice» quella sua condotta, questi non avesse potuto ritenere integrato un quadro indiziario grave idoneo a giustificare l'adozione di un provvedimento di cautela personale (che, nella specie, per quanto risulti, non fu neppure oggetto della impugnazione)].

Cass. pen. n. 1370/1994

I soggetti legittimati ex art. 644, primo comma, c.p.p., a chiedere la riparazione per l'ingiusta detenzione sofferta dal congiunto defunto, poiché fanno valere un diritto proprio e non altrui, sono tenuti a dedurre e a dimostrare di avere personalmente patito essi stessi conseguenze dannose dall'altrui carcerazione.

Cass. pen. n. 598/1994

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, nel caso in cui sia contestato un reato in concorso con altre persone, si concorre a dare causa alla misura della custodia cautelare se si sia al corrente dell'attività delittuosa di altri e, ciò nonostante, pur non concorrendo in quella attività, si pongano in essere, con evidente, macroscopica imprudenza, condotte che si prestino, sul piano logico, alla deduzione della contiguità del concorso. Ma se manca la consapevolezza che altri è dedito ad una certa attività costituente reato, l'eventuale condotta denotante contiguità non può avere alcuna incidenza negativa.

Cass. pen. n. 920/1994

In tema di riparazione per ingiusta detenzione (art. 314 c.p.p.), ai fini della individuazione di una eventuale causa concorrente al verificarsi dell'evento «ingiusta detenzione», costituente colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto all'indennizzo, il giudice può valutare l'alibi falso o mendace, come in genere qualsivoglia condotta difensiva scorretta, ferma la sussistenza di ogni altro requisito.

Cass. pen. n. 2466/1994

Ai fini della quantificazione dell'entità della somma da attribuire a titolo di equa riparazione per l'ingiusta detenzione, è ininfluente il fatto che all'interessato siano state corrisposte le competenze economiche non erogate a causa della sospensione dal servizio, derivando il relativo obbligo dalla normativa a tutela degli impiegati dello Stato e perseguendo l'istituto dell'equa riparazione non tanto lo scopo del ristoro del lucro cessante, proprio invece della riparazione dell'errore giudiziario, ma essenzialmente il riconoscimento all'individuo di un risarcimento per la lesione del diritto morale conseguita alla ingiusta compressione della libertà nella fase processuale precedente alla sentenza definitiva e rappresentando sostanzialmente il «prezzo della libertà».

Cass. pen. n. 1359/1994

In tema di riparazione per ingiusta detenzione, l'avere l'interessato dato causa, per dolo o colpa grave, all'instaurazione o al mantenimento dello stato di custodia cautelare costituisce causa impeditiva all'affermazione del diritto alla detta riparazione. L'assenza di siffatta causa costituisce, quindi, una condizione dell'azione che, come tale, va verificata dal giudice, indipendentemente dalla deduzione della parte.

Cass. pen. n. 21/1993

In tema di libertà, qualora nel corso del procedimento di riesame di un'ordinanza impositiva della custodia cautelare in carcere sia intervenuta la revoca di detta misura, tale circostanza non importa il venir meno dell'interesse al gravame, poiché la persistenza di quest'ultimo deve essere apprezzata con riguardo non soltanto alla perdurante compressione della libertà personale, ma anche alla necessità di precostituirsi, ai sensi dell'art. 314, secondo comma, c.p.p., una decisione irrevocabile sulla illegittimità della misura al fine dell'eventuale domanda della riparazione dell'ingiusta detenzione.

Cass. pen. n. 860/1993

Ai fini della determinazione dell'indennizzo per l'ingiusta detenzione si deve tener conto sostanzialmente dei parametri nel tetto massimo liquidabile (cento milioni di lire) e della durata effettiva della custodia cautelare, che ha il suo massimo in quattro anni: il che dà luogo a un criterio di proporzionalità applicabile sempre che non siano individuati fattori eccezionali, suscettibili, nel caso concreto, di alterare il rapporto che il legislatore ha inteso fissare tra i predetti termini. (Nella specie è stata ritenuta sproporzionata la somma di lire 50.000.000 riconosciuta in relazione alla detenzione per dieci giorni di arresti domiciliari).

Cass. pen. n. 628/1993

In tema di equa riparazione per l'ingiusta detenzione il giudice di merito, nel valutare il comportamento del soggetto, al fine di stabilire se abbia dato causa o concorso a dare causa alla detenzione con dolo o colpa grave, non potrà mettere in discussione il diritto costituzionale di difesa ma le modalità di esercizio di esso, che possono dar luogo a quella condotta, dolosa o gravemente colposa, tenuta nel corso del processo, che è in rapporto di causalità con l'ingiusta detenzione.

In tema di equa riparazione per l'ingiusta detenzione, il giudice deve precisare quale causa di esclusione del diritto azionato, dolo o colpa grave, ricorra nel caso in esame e non può genericamente affermare che l'istante ha concorso con dolo o quantomeno con colpa grave alla causazione della detenzione, in quanto la causa ostativa al diritto all'equa riparazione per l'ingiusta detenzione deve essere accertata in modo specifico.

Cass. pen. n. 544/1993

Il parametro essenziale da tenere in considerazione ai fini della quantificazione nummaria della riparazione per l'ingiusta detenzione è il rapporto tra il tempo di durata della privazione della libertà personale e la somma massima posta a disposizione dal legislatore. Sussidiariamente, il giudice può in via equitativa adattare al caso concreto la quantificazione, nella sua essenziale base fissata con un criterio oggettivo, valorizzando specificità in relazione alla valutazione di circostanze, sia di carattere oggettivo (detenzione in carcere o a domicilio, autorizzazione al lavoro o meno) che soggettivo, riferibili al caso umano (incensuratezza, condizioni economiche, danni all'immagine dell'uomo quando questo non sia riparabile, strepitus fori, moralità dell'ambiente frequentato in positivo o in negativo). Il giudice è tenuto a fornire adeguata e congrua motivazione anche circa le regole di esperienza che hanno suggerito di considerare le altre circostanze di fatto.

Cass. pen. n. 655/1993

Il presupposto per l'esercizio del diritto alla riparazione per l'ingiusta detenzione non può essere mai costituito dalla statuizione pronunciata in sede di giudizio incidentale, resa rebus sic stantibus, essendo necessaria una decisione emessa all'esito di una plena cognitio. Un presupposto ineludibile anche sul piano testuale, alla stregua dell'art. 315, primo comma, c.p.p., che collega l'esercizio del diritto alla riparazione esclusivamente alla «decisione irrevocabile» di cui all'art. 314, secondo (e terzo) comma dello stesso codice, indicando, appunto, la «sentenza di proscioglimento o di condanna ... divenuta irrevocabile» (la «sentenza di non luogo a procedere ... divenuta inoppugnabile», il «provvedimento di archiviazione»). (Nella fattispecie, la Corte Suprema ha affermato la sopravvenuta carenza di interesse al gravame nei confronti di una persona sottoposta a misura custodiale e nelle more del giudizio di impugnazione incidentale rimessa in libertà).

Cass. pen. n. 1426/1993

Poiché il legislatore, nel prevedere l'equa riparazione per l'ingiusta detenzione, ha inteso prescindere totalmente dalla illiceità soggettiva del provvedimento che l'ha disposta, la detenzione è ingiusta non solo quando si accerti tale illiceità ma anche quando è semplicemente illegittima perché disposta in mancanza delle condizioni volute dalla legge.

Cass. pen. n. 1362/1993

La riparazione per ingiusta detenzione (artt. 314 e 315 c.p.p.) rientra nella categoria degli indennizzi, che postula l'obbligo di ristoro, in senso lato, di un pregiudizio subito da un soggetto ad opera della condotta, pur legittima, di altri. Ai fini della quantificazione della riparazione pecuniaria, poi, diversamente dalla riparazione dell'errore giudiziario (art. 643 c.p.p.), si deve tener conto esclusivamente dei pregiudizi derivati dalla privazione della libertà personale; bene, questo, il cui valore è da considerare identico per qualsiasi soggetto. Ne consegue che la riparazione, quale indennizzo di un pregiudizio, obiettivamente ingiusto, ma dovuto al corretto esercizio della giurisdizione penale, va quantificata sulla base di un solo parametro, facendo riferimento da un lato alla durata della privazione della libertà, dall'altro all'entità della somma massima fissata dal legislatore, unitamente alla durata massima di legge della custodia cautelare. Ciò non esclude, peraltro, il potere-dovere del giudice di procedere ad aggiustamenti del risultato di siffatta operazione, in relazione a circostanze accessorie tanto obiettive (quali, ad esempio, le modalità più o meno gravose della privazione della libertà), quanto soggettive (quali, ad esempio, l'incensuratezza, le condizioni economiche, danni all'immagine, strepitus fori e simili), con esclusione di quelle da considerare irrilevanti rispetto al principio di uguaglianza stabilito dalla Costituzione (quali, ad esempio, l'appartenenza del soggetto ad una determinata classe sociale, l'assunta maggiore o minore sensibilità alla privazione della libertà, la capacità di produrre redditi, ecc.).

Cass. pen. n. 160/1993

Poiché il diritto ad equa riparazione per l'ingiusta detenzione presuppone che la perdita della libertà sia risultata senza titolo per non essere stata esercitata l'azione penale ovvero per essere stata accertata l'infondatezza della pretesa punitiva, l'istituto disciplinato dagli artt. 314 e 315 c.p.p. non trova applicazione nell'ipotesi di conversione di pene pecuniarie in pene limitative della libertà personale, mancando in tal caso l'ingiustizia della privazione della libertà.

Cass. pen. n. 1547/1993

Ai fini dell'attribuzione di una somma di danaro a titolo di equa riparazione per l'ingiusta detenzione, nell'ipotesi di imputazioni cumulative in un unico procedimento, l'affermazione di penale responsabilità per uno degli addebiti che abbia minor peso, quanto a termini di custodia cautelare, comporta la detrazione, dal complessivo periodo di tempo da valutare ai fini della quantificazione dell'indennizzo, non già della quantità di pena comminata in concreto, ma del tempo consumato, in regime di custodia cautelare, in relazione all'imputazione giudicata fondata, da calcolarsi secondo i termini massimi previsti dalla legge processuale per ogni grado di giudizio, e quindi cumulativamente.

Cass. pen. n. 1529/1993

Tra i presupposti del diritto all'equa riparazione per ingiusta detenzione è da annoverare il proscioglimento dell'istante, con pronuncia irrevocabile, mediante l'adozione di una delle formule catalogate dall'art. 314, primo comma del codice di rito. Inquadrato nel sistema processuale penale, il dato testuale non consente una lettura sostanzialistica della ragione di proscioglimento, tale da escludere il diritto all'indennizzo quando la formula adottata (in dispositivo) sia espressiva di una situazione di dubbio (insufficenza o contraddittorietà della prova), risolta, dal giudice del processo penale, secondo la prescrizione di cui all'art. 530, secondo comma del codice di rito predetto. Ne consegue che anche in tale ipotesi (di dubbio) sorge il diritto all'indennizzo, fatta salva la doverosità, per il giudice della riparazione, di verificare se quella situazione d'insufficienza non abbia avuto radice in una condotta dolosa o gravemente colposa, o comunque colposa, dell'istante, sinergica alla produzione dell'evento (detenzione, nei suoi momenti di genesi e di insistenza), ovvero all'aggravamento delle sue conseguenze.

Cass. pen. n. 1525/1993

Il diritto soggettivo all'attribuzione di una somma di danaro, a titolo di equa riparazione per l'ingiusta detenzione, sorge a seguito di perdita della libertà risultata senza titolo, per essere stato l'interessato liberato dall'accusa nel merito con una delle formule catalogate dall'art. 314 del codice di rito penale, con la conseguenza che, nel caso in cui il procedimento si concluda con l'applicazione di formula non di merito, viene a mancare la declaratoria giurisdizionale sull'ingiustizia della detenzione, condizione imprescindibile per il riconoscimento del diritto all'indennizzo. (Nella specie è stato ritenuto che il proscioglimento con la formula di cui all'art. 80, secondo comma, L. n. 685 del 1975, in tema di stupefacenti, impedisce il sorgere del diritto all'indennizzo).

Cass. pen. n. 1367/1993

Non rientra tra le fattispecie genetiche del diritto all'equa riparazione per l'ingiusta detenzione il caso in cui taluno, legittimamente detenuto in espiazione di pena, soffra ulteriore limitazione della libertà a causa di ritardi nella procedura di applicazione di un decreto di indulto, posto che, in tale ipotesi, non sussiste il requisito del proscioglimento nel merito dall'accusa. Né detto istituto può essere esteso al caso in questione per effetto di interpretazione analogica, in quanto non sussistono gli estremi dell'eadem ratio, nell'un caso vertendosi in ipotesi di accertata innocenza, nell'altro di accertata responsabilità penale. Tale caso non può essere sussunto neppure nell'istituto della riparazione dell'errore giudiziario, presupposto del quale è la pronunzia di sentenza (di revisione) che accerti la insussistenza della pretesa punitiva nei confronti del condannato. Per le stesse sopra esposte ragioni, neppure a questo istituto può farsi ricorso in via d'analogia per regolare il caso in considerazione.

Cass. pen. n. 2/1992

Il diritto alla riparazione per ingiusta detenzione, anche se trae ispirazione dall'art. 24, comma 4 Cost., è stato introdotto nell'ordinamento giuridico con gli artt. 314 e 315 del nuovo codice di procedura penale e può applicarsi retroattivamente nei limiti previsti dall'art. 245, comma 2 lett. g) disp. trans. Esso, pertanto, non si applica quando, al momento dell'entrata in vigore del nuovo codice, sia stato esaurito il procedimento nell'ambito del quale è stata sofferta la custodia cautelare.

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