Cassazione penale Sez. IV sentenza n. 268 del 18 aprile 1998

(3 massime)

(massima n. 1)

Gli eredi dell'autore della domanda di riparazione per l'ingiusta detenzione sono legittimati a proseguire il giudizio in caso di decesso dell'interessato nelle more del giudizio, trovando applicazione nel caso, dato il carattere economico del petitum, la disciplina processualcivilistica, che ricollega l'estinzione del processo non alla morte della parte ma alla mancata prosecuzione o riassunzione in termini dello stesso da parte dei successori aventi diritto.

(massima n. 2)

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione per un reato in concorso con altre persone, si concorre a dare causa all'adozione della misura cautelare se si sia consapevoli dell'attività delittuosa di altri e nondimeno, pur non concorrendo in quell'attività, si ponga in essere una condotta che si presti sul piano logico ad essere interpretata come contigua a quell'attività. (Nella specie l'interessato, detenuto per il reato di concorso in associazione per delinquere finalizzata al reclutamento di mercenari, da cui veniva poi assolto, aveva finto l'adesione all'associazione allo scopo comunque illecito di ottenere reperti archeologici di contrabbando).

(massima n. 3)

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, qualora la condotta e lo scopo riconosciuti dall'imputato già nel corso delle indagini preliminari siano stati accertati solo in dibattimento, portando alla sua assoluzione, non gli si può attribuire la colpa grave di aver contribuito al mantenimento della custodia cautelare a partire dal momento in cui egli ha posto quelle circostanze decisive all'attenzione dell'inquirente, che avrebbe potuto accertarle e riscontrarle fino al punto, se non di far emergere l'estraneità dell'imputato ai fini attribuitigli, quanto meno di ritenere attenuato il quadro indiziario posto a sostegno della custodia cautelare e, per effetto di quell'omesso accertamento, ingiustamente mantenuta.

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