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Articolo 327 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Decadenza dall'impugnazione

Dispositivo dell'art. 327 Codice di procedura civile

Indipendentemente dalla notificazione (1), l'appello, il ricorso per cassazione e la revocazione per i motivi indicati nei numeri 4 e 5 dell'articolo 395 non possono proporsi dopo decorsi sei mesi dalla pubblicazione della sentenza [124 secondo comma, 129 terzo comma, disp. att.] (2).

Questa disposizione non si applica quando la parte contumace [291 c.p.c. ss.] dimostra di non aver avuto conoscenza del processo per nullità della citazione [164] o della notificazione di essa, e per nullità della notificazione degli atti di cui all'articolo 292 (3).

Note

(1) L'articolo in commento si applica nel caso di mancata notificazione della sentenza, ma anche nell'ipotesi in cui la notifica sia nulla, ad esempio perché è stata effettuata alla parte personalmente invece che al procuratore costituito.
(2) Termine così modificato con l. 18 giugno 2009, n. 69. In precedenza il termine era annuale.
Il termine indicato dall'articolo in commento viene chiamato termine lungo, per distinguerlo da quello c.d. breve disciplinato dall'art. 325 del c.p.c.. Esso fissa il momento oltre il quale non sarà più possibile esperire il rimedio impugnatorio ordinario: esso, infatti, non riguarda né i mezzi di impugnazione straordinari né il regolamento di competenza.
Al pari del termine breve, anche quello lungo è soggetto alla regola della sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale, tra il 1 agosto e il 31 agosto di ogni anno.
(3) Il contumace ha l'onere di dimostrare provare sia la nullità della citazione o della notificazione, sia della mancata conoscenza del processo a causa di quella stessa nullità. Recentemente la giurisprudenza di legittimità si è tuttavia espressa in senso contrario, affermando che l'avvenuta conoscenza del processo da parte del contumace, per il rilievo pubblicistico della decadenza che ne deriva, può essere accertata anche d'ufficio.

Ratio Legis

Il legislatore ha voluto fissare un limite temporale al potere di impugnazione dei provvedimenti decisori, in risposta ad una giusta esigenza di certezza dei rapporti giuridici. Tuttavia, ha previsto una mitigazione della regola per la parte rimasta contumace.

Spiegazione dell'art. 327 Codice di procedura civile

Con questa norma si disciplina il c.d. termine lungo per proporre impugnazione, adesso ridotto a sei mesi, sempre decorrenti dalla pubblicazione della sentenza.
Il termine lungo di impugnazione vale solo per le impugnazioni ordinarie, quali l'appello, il ricorso in cassazione, e la revocazione di cui ai nn. 4 e 5 dell’art. 395 del c.p.c. (ora anche per la revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione ai sensi dell'art. 391 bis del c.p.c.) e non invece per quelle straordinarie.
I termini per proporre le impugnazioni straordinarie non solo prescindono dalla notificazione della sentenza, ma sono sempre brevi.
L'impugnazione proposta oltre i sei mesi dalla pubblicazione della sentenza è inammissibile.

Come si è accennato, la decorrenza del termine lungo si ha dal giorno in cui la sentenza è stata pubblicata a norma dell'art. 133 del c.p.c., vale a dire dal giorno in cui la sentenza è depositata nella cancelleria del giudice che l'ha emessa (non dalla data di comunicazione dell'avvenuto deposito alla parte costituita); esso scade con lo spirare del giorno corrispondente a quello in cui la sentenza è stata pubblicata.

Il decorso di sei mesi dalla data di pubblicazione della sentenza comporta la decadenza dall'impugnazione anche se non sia ancora eventualmente scaduto il termine breve di cui all'art. 325; ciò significa che, nella prossimità della scadenza del termine lungo, alla parte non serve notificare la sentenza ritenendo così di prorogare il termine per la proposizione dell'impugnazione.
Qualora alla sentenza siano apposte due date (una precedente il deposito, relativa alla minuta e l'altra successiva alla pubblicazione), il termine lungo decorre dalla prima di tali due date, vale a dire quella di deposito.

Poiché la nullità della notificazione della sentenza preclude la decorrenza del termine breve di impugnazione, il termine lungo si applica anche quando la notificazione che dovrebbe fare decorrere i termini brevi ai sensi dell'art. 325 sia per qualche ragione invalida.

Il secondo comma introduce un’eccezione, preoccupandosi delle sorti del contumace involontario, ossia di colui che dimostri di non avere avuto conoscenza del processo per nullità della citazione, per nullità della notificazione e per la nullità della notificazione degli atti che debbono obbligatoriamente essere notificati alla parte contumace ai sensi dell'art. 292 del c.p.c..
Il contumace che riesca a fornire questa prova, può impugnare la sentenza che gli è sfavorevole senza subire alcun termine di decadenza, sempre che la sentenza non gli sia stata notificata ai sensi dell'art. 292, ult. co. (in tal caso infatti decorrono a suo sfavore i termini brevi di impugnazione).
Si ritiene che questa disposizione sia lacunosa per quanto riguarda il dies a quo della decorrenza del termine lungo e che tale lacuna possa essere colmata ritenendo che il termine di impugnazione previsto dalla norma in commento inizi a decorrere nei confronti del contumace dal giorno dell'effettiva conoscenza del processo e della sentenza.

Secondo la giurisprudenza il termine lungo di impugnazione inizia a decorrere per il contumace involontario dal giorno in cui egli ha avuto conoscenza della sentenza, purchè si tratti di una conoscenza acquisita in modo diverso dalla notificazione, in quanto in caso di avvenuta notificazione decorre il termine breve.

Massime relative all'art. 327 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 37750/2021

In tema di impugnazioni, la modifica dell'art. 327 c.p.c., introdotta dalla l. n. 69 del 2009, che ha sostituito il termine di decadenza di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza all'originario termine annuale, è applicabile, ai sensi dell'art. 58, comma 1, della predetta legge, ai soli giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore e, quindi, dal 4 luglio 2009, restando irrilevante il momento dell'instaurazione di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio; pertanto, ai fini del computo del termine per il ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello che ha dichiarato inammissibile la revocazione ex art. 395 comma 1, n. 3, c.p.c., deve aversi riguardo all'originario atto introduttivo, venendo in considerazione pur sempre un mezzo di impugnazione, sia pure di carattere straordinario. (Rigetta, CORTE D'APPELLO PALERMO, 20/11/2018).

Cass. civ. n. 19622/2021

Il termine semestrale dalla pubblicazione del provvedimento, previsto per la proposizione del ricorso per revocazione dei provvedimenti della Corte di cassazione dall'art. 391 bis, comma 1, c.p.c., così ridotto, in sede di conversione del d.l. n. 168 del 2016, dalla l. n. 197 del 2016 ed applicabile ai provvedimenti pubblicati dopo l'entrata in vigore della stessa (30 ottobre 2016), trova operatività anche nell'ipotesi di mancata comunicazione al ricorrente della data fissata per la trattazione del ricorso per cassazione definito con il provvedimento impugnato, atteso che tale circostanza non rientra tra quelle che, ai sensi dell'art. 327, comma 2, c.p.c., giustificano una diversa decorrenza del termine e che il ricorrente, essendo in quanto tale a conoscenza della pendenza del procedimento, si trova in condizione di poter informarsi del suo esito in tempo utile per proporre tempestivamente il ricorso per revocazione. (Dichiara inammissibile, CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA, 22/01/2018).

Cass. civ. n. 532/2020

Il contumace, per evitare la decadenza dall'impugnazione per decorso del termine ex art. 327 c.p.c., deve dimostrare la sussistenza, oltre che del presupposto oggettivo della nullità della notificazione, di quello soggettivo della mancata conoscenza del processo a causa di detta nullità, senza che rilevi la conoscenza legale dello stesso, essendo sufficiente quella di fatto. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto che, in un procedimento per convalida di licenza per finita locazione, l'intimato contumace avesse acquisito una conoscenza materiale del processo, idonea a fare decorrere il termine per l'appello, quanto meno nel momento in cui era stata data esecuzione alla sentenza di sfratto). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO BARI, 30/11/2017).

Cass. civ. n. 20996/2019

Se la sentenza di appello dispone la rimessione al primo giudice, il termine per la riassunzione del processo decorre dalla notificazione della sentenza o, in mancanza, dalla scadenza del termine generale previsto dall'art. 327 c.p.c.; qualora la sentenza contenga un mero errore materiale, il termine di cui all'art. 327 c.p.c. decorre dall'annotazione in calce dell'ordinanza di correzione purchè si tratti di errore non chiaramente percepibile ed idoneo ad ingenerare legittimi dubbi sul contenuto della decisione, non anche nel caso in cui sia irrilevante ai fini della corretta interpretazione del "dictum" e del "decisum" del giudice di appello. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto che il termine per la riassunzione decorresse dall'annotazione della correzione dell'errore materiale della sentenza di appello circa l'indicazione del giudice di primo grado al quale era stato rimesso il giudizio).

Cass. civ. n. 7635/2019

In tema di impugnazione, nel caso in cui su una sentenza risulti apposta un'unica data relativa alla sua pubblicazione con attestazione del competente cancelliere, non rileva, ai fini dell'individuazione del termine ordinario ex art. 327 c.p.c. (per il quale deve, perciò, farsi riferimento al dato temporale dell'intervenuta pubblicazione), il mero previo inserimento della sentenza nel registro cronologico, qualora manchino l'attestazione di altra data di deposito da parte del cancelliere e, quindi, la scissione temporale tra il momento del deposito e quello della pubblicazione (che devono, peraltro, essere, di regola, coincidenti), che ricorre nell'eventualità che siano apposte due distinte date di deposito (in tale ultima ipotesi trovando applicazione il principio sancito dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 18569 del 2016).

Cass. civ. n. 6951/2019

Ai fini dell'individuazione del termine di impugnazione, annuale o semestrale, in rapporto al discrimine temporale segnato dall'inizio del giudizio prima o dopo il 4 luglio 2009, data di entrata in vigore della l. n. 69 del 2009, che all'art. 46, comma 17, ha ridotto da un anno a sei mesi il termine previsto dall'art. 327 c.p.c., deve farsi riferimento alla data di introduzione del giudizio di merito di primo grado e non a quella dell'eventuale procedimento cautelare ad esso antecedente.

Cass. civ. n. 2362/2019

In tema di redazione della sentenza in formato digitale, la pubblicazione, ai fini della decorrenza del termine cd. "lungo" di impugnazione di cui all'art. 327 c.p.c., si perfeziona nel momento in cui il sistema informatico provvede, per il tramite del cancelliere, ad attribuire alla sentenza il numero identificativo e la data, poiché è da tale momento che il provvedimento diviene ostensibile agli interessati.

Cass. civ. n. 8/2019

In tema di impugnazioni, il contumace può interporre gravame avverso la sentenza che lo abbia visto soccombente dopo la scadenza del termine annuale dalla sua pubblicazione, a condizione che egli dia la prova sia della nullità della citazione o della relativa notificazione (nonché della notificazione degli atti di cui all'art. 292 c.p.c.) sia della non conoscenza del processo a causa di detta nullità. Il medesimo contumace ha, quindi, l'onere di dimostrare l'esistenza di circostanze di fatto positive dalle quali si possa desumere il difetto di anteriore conoscenza o la presa di conoscenza del processo in una certa data e tale prova può essere fornita anche mediante presunzioni, senza che, però, possa delinearsi, come effetto della presunzione semplice di mancata conoscenza del processo, l'inversione dell'onere della prova nei confronti di chi eccepisce la decadenza dall'impugnazione.

Cass. civ. n. 24891/2018

In tema di redazione della sentenza in formato elettronico, la relativa data di pubblicazione, ai fini del decorso del termine cd. "lungo" di impugnazione, coincide non già con quella della sua trasmissione alla cancelleria da parte del giudice, bensì con quella dell'attestazione del cancelliere, giacché è solo da tale momento che la sentenza diviene ostensibile agli interessati.

Cass. civ. n. 18586/2018

Il cd. termine lungo per l'impugnazione della sentenza previsto dall'art. 327 c.p.c. decorre dalla data di pubblicazione, cui la norma espressamente si riferisce, ossia dal giorno del suo deposito ufficiale presso la cancelleria del giudice che l'ha pronunciata, attestato dal cancelliere, che costituisce l'atto mediante il quale la decisione viene ad esistenza giuridica, mentre alcuna rilevanza assumono, in mancanza di tale adempimento, la data di deposito della sola minuta, perché mero atto interno all'ufficio che avvia il procedimento di pubblicazione, e quella di inserimento del provvedimento nel registro cronologico, con l'attribuzione del relativo numero identificativo.

Cass. civ. n. 19959/2017

In tema di appello, al fine di valutare l'applicabilità del termine semestrale introdotto dalla l. n. 69 del 2009, occorre avere riguardo, secondo i principi generali in tema di litispendenza, al momento in cui la notifica del ricorso introduttivo del giudizio si è perfezionata con la ricezione dell'atto da parte del destinatario e non a quello in cui la notifica è stata richiesta all'ufficiale giudiziario o il plico è stato spedito a mezzo del servizio postale secondo la procedura di cui alla l. n. 53 del 1994.

Cass. civ. n. 13617/2017

In materia di controversie soggette al rito del lavoro, l'art. 429, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 53, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008, conv., con modif., dalla l. n. 133 del 2008 - applicabile "ratione temporis" - prevede che il giudice all'udienza di discussione decide la causa e procede alla lettura del dispositivo e delle ragioni in fatto e diritto della decisione, sicché, in analogia con lo schema dell'art. 281-sexies c.p.c., il termine "lungo" per proporre l'impugnazione, ex art. 327 c.p.c., decorre dalla data della pronuncia, che equivale, unitamente alla sottoscrizione del relativo verbale da parte del giudice, alla pubblicazione prescritta nei casi ordinari dall'art. 133 c.p.c., con esonero, quindi, della cancelleria dalla comunicazione della sentenza; viceversa, nella residuale ipotesi di particolare complessità della controversia, in cui il giudice fissi un termine non superiore a sessanta giorni per il deposito della sentenza, ai sensi dell’art. 430 c.p.c., il termine decorrerà dalla comunicazione alle parti dell’avvenuto deposito da parte del cancelliere.

Cass. civ. n. 5946/2017

La decadenza da un termine processuale, ivi compreso quello per impugnare, non può ritenersi incolpevole e giustificare, quindi, la rimessione in termini, ove sia avvenuta per errore di diritto, ravvisabile laddove la parte si dolga dell’omessa comunicazione della data di trattazione dell'udienza e/o della sentenza stessa, atteso che il termine di cui all'art. 327 c.p.c. decorre dalla pubblicazione della sentenza mediante deposito in cancelleria, a prescindere dal rispetto, da parte della cancelleria medesima, degli obblighi di comunicazione alle parti, e che, inoltre, rientra nei compiti del difensore attivarsi per verificare se siano state compiute attività processuali a sua insaputa.

Cass. civ. n. 6187/2016

Ai sensi dell'art. 327 c.p.c., la decadenza dall'impugnazione per decorso del termine lungo (oggi semestrale) dalla pubblicazione della sentenza, si verifica "indipendentemente dalla notificazione", e pertanto anche nel caso in cui - effettuata la notificazione della sentenza - il termine breve di impugnazione ex art. 325 c.p.c. venga a scadere in un momento successivo alla scadenza del termine lungo.

Cass. civ. n. 17313/2015

Il computo del termine di decadenza dall'impugnazione ex art. 327 c p.c. è operato, ai sensi degli artt. 155, comma 2, c p.c. e 2963, comma 4 c.c., non "ex numero" bensì "ex nominatione dierum", sicché, indipendentemente dall'effettivo numero dei giorni compresi nel periodo, il termine scade allo spirare della mezzanotte del giorno del mese corrispondente a quello in cui il termine ha cominciato a decorrere.

Cass. civ. n. 17311/2015

In tema di impugnazioni, nel caso in cui il giudice abbia ordinato, ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c., la discussione orale della causa ed abbia quindi pronunciato sentenza a conclusione della stessa, dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, il termine "lungo" per proporre l'impugnazione, ex art. 327 c.p.c., decorre dalla data della pronuncia, che equivale, unitamente alla sottoscrizione del relativo verbale da parte del giudice, alla pubblicazione prescritta nei casi ordinari dall'art. 133 c.p.c., con esonero, quindi, della cancelleria dalla comunicazione della sentenza ex art. 176 c.p.c.

Cass. civ. n. 10675/2015

In caso di doppia data - di deposito e di pubblicazione - apposta dal cancelliere sulla sentenza, si intende rimessa in termini e non decaduta la parte che abbia proposto l'impugnazione nel termine "lungo" decorrente non dalla data di deposito, ma dalla successiva data di pubblicazione, qualora emerga dagli atti, anche per implicito, che dall'attestazione del deposito non sia derivata la conoscenza della sentenza (cfr. Corte cost. sent. n. 3 del 2015).

Cass. civ. n. 6050/2015

In tema di ricorso per cassazione, ai fini della decorrenza del termine lungo, ex art. 327 cod. proc. civ., ove sulla sentenza siano state apposte due date, una di deposito, senza espressa specificazione che il documento contiene soltanto la minuta del provvedimento, e l'altra di pubblicazione, occorre avere riguardo - secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata in forza della sentenza della Corte costituzionale n. 3 del 2015 - alla seconda annotazione, cui consegue l'effettiva pubblicità della sentenza con il compimento delle operazioni prescritte dall'art. 133 cod. proc. civ., quali misure volte a garantire la conoscibilità della decisione, essenziale per l'esercizio del diritto di difesa.

Cass. civ. n. 118/2015

La mancanza della data di pubblicazione della sentenza non è causa di nullità ove la cancelleria del competente ufficio giudiziario ne abbia annotato l'avvenuta pubblicazione nel registro cronologico, l'abbia trasmessa all'ufficio del registro degli atti giudiziari ed abbia comunicato alle parti costituite l'avvenuto deposito della decisione, cosicché la parte interessata abbia potuto tempestivamente impugnare la pronuncia a lei sfavorevole. La data di pubblicazione della sentenza, infatti, indica il "dies a quo" per l'impugnazione nel termine stabilito dall'art. 327 cod. proc. civ. e non assume rilievo tutte le volte in cui l'impugnazione stessa risulti tempestivamente proposta, senza trascurare, altresì, che, alla stregua di quanto disposto dall'art. 156 cod. proc. civ., le formalità di pubblicazione della sentenza, indicate nel primo comma dell'art. 133 dello stesso codice, non sono previste dalla legge a pena di nullità.

Cass. civ. n. 26402/2014

L'art. 327 cod. proc. civ. opera un non irragionevole bilanciamento tra l'indispensabile esigenza di tutela della certezza delle situazioni giuridiche e il diritto di difesa, poiché l'ampiezza del termine (nella specie annuale, secondo la formulazione della norma vigente "ratione temporis") consente al soccombente di informarsi tempestivamente della decisione che lo riguarda e la decorrenza, fissata avuto riguardo alla pubblicazione, costituisce corollario del principio secondo cui, dopo un certo lasso di tempo, la cosa giudicata si forma indipendentemente dalla notificazione della sentenza ad istanza di parte, sicché lo spostamento del "dies a quo" dalla data di pubblicazione a quella di comunicazione non solo sarebbe contraddittorio con la logica del processo, ma restringerebbe irrazionalmente il campo di applicazione del termine lungo di impugnazione alle parti costituite in giudizio, alle quali soltanto la sentenza è comunicata "ex officio".

Cass. civ. n. 18333/2014

Il termine annuale di decadenza per l'impugnazione della sentenza non notificata, stabilito dall'art. 327 cod. proc. civ., non resta sospeso nel caso in cui l'originale del provvedimento soggetto ad impugnazione sia andato distrutto o smarrito dopo la sua pubblicazione e dello stesso sia stata disposta la ricostruzione.

Cass. civ. n. 9482/2014

In tema di ricorso per cassazione, il "dies a quo" per il computo del termine lungo, ex art. 327 cod. proc. civ., decorre dalla pubblicazione della sentenza di appello, che si considera eseguita con la certificazione del suo deposito, mediante apposizione, in calce al documento, della data e della firma del cancelliere. Peraltro, ove il cancelliere abbia apposto in calce al documento due date diverse, l'una attestante il deposito e l'altra la pubblicazione della sentenza, ai fini del computo del menzionato termine occorre procedere ad un accertamento di fatto per verificare il momento dell'effettiva completezza della sentenza, con riferimento ai suoi elementi essenziali, primo fra tutti la sottoscrizione del giudice estensore e del presidente del collegio. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto la tempestività del ricorso per cassazione a far data dalla pubblicazione della sentenza di appello in ragione della prova fornita dal ricorrente in ordine alla mancata sottoscrizione della minuta da parte presidente alla data del deposito della stessa).

Cass. civ. n. 4217/2014

Il principio di ultrattività identifica il rito da seguire nell'impugnazione, in base all'apparenza della natura del provvedimento impugnato, ma la relativa inosservanza non determina, di per sé, l'inammissibilità del gravame, che, in quanto sanzione tipica, non può essere applicata fuori dei casi espressamente previsti. Ne consegue che il giudice deve verificare in concreto se, per effetto di tale "error in procedendo", l'impugnazione è tardiva o priva dei requisiti funzionali di attivazione di una qualunque forma di contraddittorio, ogni altra nullità potendo essere sanata dal raggiungimento dello scopo.

Cass. civ. n. 3541/2014

La proposizione dell'impugnazione tardiva ai sensi dell'art. 327, secondo comma, cod. proc. civ. è idonea a fare venire meno il giudicato in precedenza formatosi, qualora il giudice del gravame la riconosca ammissibile, con la conseguenza che ove il giudizio d'impugnazione si estingua senza che sull'ammissibilità dell'appello sia intervenuta alcuna espressa pronuncia in tal senso, il giudicato non può che risalire al momento in cui sono scaduti i termini per l'impugnazione. (Fattispecie relativa alla Convenzione in tema di riconoscimento ed esecuzione delle sentenze civili tra Italia e Argentina, firmata a Roma il 9 dicembre 1987, ratificata con legge 22 novembre 1988, n. 532, che all'art. 22, par. 1, lett. d, subordina il riconoscimento all'assenza di altra sentenza dell'altro Paese fra le stesse parti avente lo stesso oggetto, senza che occorra, per negare il riconoscimento, che quest'ultima sentenza sia passata in giudicato).

Cass. civ. n. 20975/2012

La valida notifica della sentenza al contumace involontario nel grado, benché effettuata dopo l'anno dalla sua pubblicazione, è idonea a far decorrere il termine breve per proporre la sola impugnazione ordinaria, (nella specie, il ricorso per cassazione) ed, a tal fine, devono sussistere sia la condizione oggettiva della nullità degli atti, di cui all'art. 327 c.p.c., sia quella soggettiva della mancata conoscenza del processo a causa di essa, con prova a carico del contumace, salva l'inesistenza della notificazione, nel qual caso, invece, è onere di chi eccepisca che la parte ha avuto di fatto conoscenza del giudizio fornire la relativa prova.

Cass. civ. n. 24178/2011

Qualora la sentenza presenti, oltre la sottoscrizione del giudice e del relatore, due date diverse, entrambe apposte con timbro datario della cancelleria ed affiancate dall'indicazione "depositato in cancelleria", al fine di individuare il giorno di deposito, dal quale decorre il termine di decadenza dell'impugnazione ex art. 327 c.p.c., occorre far riferimento alla data cronologicamente precedente, poiché l'annotazione del deposito della sentenza, dopo le sottoscrizioni del presidente e del relatore, deve intendersi apposta sull'originale della stessa ed è perciò escluso che tale documento possa essere qualificato come semplice minuta e che l'annotazione possa essere riferita alla previsione del primo comma dell'art. 119 disp. att. c.p.c..

Cass. civ. n. 15262/2011

L'art. 327, primo comma, c.p.c., che prevede la decadenza dall'impugnazione dopo il decorso di un anno dalla pubblicazione della sentenza, è espressione di un principio generale, diretto a garantire certezza e stabilità dei rapporti giuridici, che trova applicazione anche nei casi in cui sia tardivamente dedotto un "error in procedendo" che comporti la nullità della sentenza, senza che possa invocarsi l'applicazione analogica del secondo comma dell'articolo citato, concernente la parte contumace che dimostri di non aver avuto conoscenza del processo per nullità della citazione o della notificazione di essa e per nullità della notificazione degli atti di cui all'art. 292 c.p.c., dato che non vi è alcuna lacuna da colmare nel sistema processuale.

Cass. civ. n. 12004/2011

L'impugnazione tardiva di cui all'art. 327 c.p.c. è consentita non già per il solo fatto che si sia verificata una nullità nella notificazione dell'atto introduttivo del giudizio, ma quando tale nullità abbia causato l'incolpevole ignoranza della pendenza del giudizio in capo al destinatario, con la conseguenza che la parte alla quale l'atto di appello sia stato notificato personalmente, invece che presso il domicilio eletto ex art. 170 c.p.c., non può avvalersi della impugnazione tardiva ex art. 327 c.p.c..

Cass. civ. n. 7761/2011

In tema di impugnazioni, se è vero che è onere dell'impugnante dare la prova della tempestività dell'impugnazione, tuttavia, a norma dell'art. 2697 cod. civ., la parte che nell'impugnazione di una sentenza intenda avvalersi del termine annuale di cui all'art. 327 cod. proc. civ. ha solo l'onere di dimostrare - attraverso la produzione della sentenza munita della certificazione della sua pubblicazione - che questa è avvenuta entro l'anno precedente l'atto impugnatorio e non anche che la sentenza stessa non le sia stata notificata (prova negativa impossibile, non prevedendo il sistema processuale l'annotazione, sull'originale della sentenza, della sua notificazione, ma solo - all'art. 123 disp. att. cod. proc. civ. - della sua eventuale impugnazione), mentre incombe alla parte cui sia stato notificato un atto di impugnazione entro il predetto termine di cui all'art. 327 cod. proc. civ., qualora eccepisca la necessità dell'osservanza del termine breve e l'avvenuto superamento del medesimo, provarne il momento di decorrenza. A tal fine è necessaria la produzione della copia autentica della sentenza impugnata corredata dalla relata di notificazione, integrata, nel caso di notificazione a mezzo posta, dall'avviso di ricevimento della raccomandata, che non ammette equipollenti, con la conseguenza che la mancata produzione di tali documenti determina l'inesistenza della notifica della sentenza, impedendo il decorso del termine breve di impugnazione.

Cass. civ. n. 7240/2011

Quando sull'originale di una sentenza figuri una doppia attestazione da parte del cancelliere, il quale dà atto che essa è stata depositata in una certa data e pubblicata in una data successiva, ai fini del computo del c.d. termine lungo per l'impugnazione di cui all'art. 327 cod. proc. civ. occorre fare riferimento alla data di deposito e non a quella di pubblicazione, in quanto è solo la prima che integra la fattispecie di cui all'art. 133 cod. proc. civ., mentre la successiva pubblicazione si collega ad attività che il cancelliere è obbligato a compiere per la tenuta dei registri di cancelleria o per gli avvisi alle parti dell'avvenuto deposito.

Cass. civ. n. 21197/2009

L'art. 327, primo comma, c.p.c. trova applicazione anche al ricorso per cassazione avverso le sentenze del Tribunale superiore delle acque pubbliche (TSAP), tenuto conto che l'art. 202, primo comma, del testo unico sulle acque pubbliche, approvato con R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, rinvia, per la proposizione di tale ricorso, alle norme del codice di procedura civile; ne consegue che il termine annuale previsto dalla citata disposizione del codice di rito decorre dalla pubblicazione della sentenza del TSAP, indipendentemente dalla notificazione, onde è inidonea a segnare un diverso "dies a quo" la successiva notifica della sentenza che sia avvenuta a cura del cancelliere del Tribunale superiore a norma dell'art. 183 del citato testo unico n. 1775 del 1933.

Cass. civ. n. 17290/2009

Ai fini della decorrenza del termine annuale per l'impugnazione, occorre avere riguardo al momento in cui, ai sensi dell'art. 133, comma 2, c.p.c., la sentenza è resa pubblica mediante il deposito risultante dall'annotazione apposta dal cancelliere in calce alla sentenza, la quale costituisce atto pubblico la cui efficacia probatoria, ai sensi dell'art. 2700 c.c., può essere posta nel nulla solo con la proposizione della querela di falso. (Nell'enunciare il suddetto principio, la S.C. ha escluso la rilevanza della diversa attestazione del cancelliere "sentenza pubblicata" con timbro avente data successiva a quella in cui la sentenza risultava depositata in cancelleria).

Cass. civ. n. 16004/2009

L'art. 327 c.p.c., estendendo la propria efficacia all'intero ordinamento processuale, si applica anche alle sentenze delle commissioni tributarie di primo e secondo grado, le quali, pertanto, non possono essere impugnate ove sia trascorso un anno dalla loro pubblicazione; il termine in questione decorre dal deposito della sentenza, senza che assuma alcun rilievo la comunicazione del relativo avviso da parte della cancelleria, a meno che la parte rimasta contumace non dimostri di non avere avuto alcuna conoscenza del processo; ai fini dell'accertamento di tale conoscenza, è sufficiente che sia nota la proposizione del ricorso, desunta dalla proposizione di un'istanza di differimento dell'udienza di trattazione.

Cass. civ. n. 26755/2007

La parte che, essendo a conoscenza del processo, volontariamente sia rimasta contumace, ha l'onere di impugnare la sentenza nel termine di decadenza previsto dal primo comma dell'art. 327 c.p.c., che la legge prescrive a tutela della certezza delle relazioni giuridiche, non essendo tutelato dall'ordinamento l'eventuale interesse della medesima parte alla astratta applicazione delle regole del processo, e cioè a far valere l'irregolarità della citazione dopo la scadenza del predetto termine di decadenza.

Cass. civ. n. 7316/2006

L'impugnazione proposta ai sensi dell'art. 327, secondo comma, c.p.c. è inammissibile qualora il contumace, che ne ha l'onere, non provi la sussistenza di una delle nullità indicate dalla norma di rito e della mancata conoscenza fattuale del processo, dovuta alla specifica nullità dedotta, in ragione di un dimostrato nesso di causalità. Ciò posto, l'esecuzione, in violazione della disposizione di cui all'art. 330, primo comma, c.p.c., della notifica dell'atto di appello alla parte personalmente nel suo domicilio reale, e non al procuratore costituito presso il quale essa abbia eletto domicilio, se integra una delle nullità previste dall'art. 327, secondo comma, c.p.c., non ha tuttavia la potenziale attitudine di impedire una conoscenza minima del processo da parte del contumace, non legittimando quindi la proposizione oltre l'ordinario termine annuale dell'impugnazione della sentenza emessa in esito a quel processo.

Cass. civ. n. 6983/2005

L'inammissibilità dell'impugnazione derivante dall'inosservanza dei termini all'uopo stabiliti a pena di decadenza è correlata alla tutela d'interessi di carattere generale e, come tale, è insanabile, oltre che rilevabile d'ufficio.

Cass. civ. n. 19576/2004

La decadenza dell'impugnazione dopo il decorso di un anno dalla pubblicazione della sentenza è espressione di un principio generale che trova applicazione anche quando sia (tardivamente) dedotto un errore che investa di nullità la sentenza, senza che possa invocarsi un'applicazione analogica dell'art. 327, comma secondo c.p.c., atteso che il termine di decadenza annuale è preordinato ad assicurare la certezza e stabilità delle situazioni giuridiche, onde una impugnazione oltre il suddetto termine può aversi solo ed esclusivamente nella ipotesi prevista dalla citata norma, dovendo qualsiasi altra ipotesi di nullità essere fatta valere con un'impugnazione tempestiva ex art. 161 c.p.c.

Cass. civ. n. 17014/2004

Il primo comma dell'art. 327 c.p.c. (che fissa il termine dell'anno dalla pubblicazione della sentenza per la proposizione dei mezzi di impugnazione ordinari indipendentemente dalla notificazione), analogicamente applicabile anche al di fuori delle situazioni di contumacia e nei giudizi che iniziano con ricorso (nella fattispecie, si trattava di procedimento camerale per la dichiarazione dello stato di insolvenza di ente sottoposto a liquidazione coatta amministrativa, su ricorso del commissario liquidatore ai sensi dell'art. 202 legge fall.), non trova applicazione quando il contumace dimostri di non avere avuto conoscenza del processo, per nullità della citazione o della notificazione di essa e per nullità degli atti di cui all'art. 292 c.p.c., sicché il contumace è onerato tanto della prova della nullità della citazione o della relativa notificazione, quanto di quella della non conoscenza del processo a causa di dette nullità; tuttavia la prova relativa a quest'ultima circostanza non è necessaria allorché vi sia nullità della notificazione della citazione, essendo detto vizio, salvo prova contraria, tale da impedire alla parte di acquisire la notizia dell'esistenza stessa del giudizio, con la conseguenza che in tal caso, dal momento che è la rituale notificazione dell'atto introduttivo a determinare la conoscenza legale del giudizio, la nullità di tale notificazione dà luogo alla presunzione di non conoscenza del processo, incombendo, quindi, a chi eccepisce la tardività l'onere di provare che la controparte abbia avuto detta conoscenza di fatto nonostante quella nullità.

Cass. civ. n. 11630/2004

Il termine annuale di impugnazione della sentenza, previsto dall'art. 327 c.p.c., decorre dalla pubblicazione della sentenza stessa, e cioè nel rito del lavoro non dalla data di lettura del dispositivo in udienza, ma da quella del deposito in cancelleria del testo completo della sentenza, a seguito del quale soltanto può proporsi l'impugnazione, salvo il caso particolare dell'appello con riserva di motivi, di cui all'art. 433, secondo comma, c.p.c.

Cass. civ. n. 10038/2004

In tema di decadenza del convenuto contumace dal diritto di impugnazione, per decorrenza del termine annuale stabilito dall'art. 327 c.p.c., qualora in esito all'indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, il cui apprezzamento non è suscettibile di esame in sede di legittimità, se non per vizio di motivazione, venga accertato in base alle circostanze del caso concreto (anche d'ufficio, in considerazione della natura pubblicistica della decadenza medesima) che, nonostante la nullità della citazione o della sua notificazione, il convenuto abbia avuto comunque conoscenza del processo, l'inutile decorso del termine annuale comporta l'inammissibilità dell'impugnazione. Tale regola processuale trova applicazione anche nei confronti di uno Stato estero, ancorché l'acquisizione della conoscenza di fatto del processo sia avvenuta – secondo l'accertamento del giudice di merito – al di fuori delle speciali formalità di notificazione degli atti giudiziari ed extragiudiziari previste da convenzioni internazionali, atteso che l'inosservanza di tali formalità può assumere rilevanza esclusivamente ai fini della validità delle notificazioni, determinando eventualmente la consequenziale nullità dei relativi procedimenti, ma non esclude che lo Stato estero, mediante i suoi organi rappresentativi, sia venuto comunque a conoscenza del processo in via di fatto, in base ad oggettive circostanze apprezzate dal giudice o ad atti di comunicazione che, a prescindere dalla formale idoneità ad integrare gli effetti di una notificazione, abbiano la naturale ed intrinseca capacità di informare lo Stato destinatario dell'esistenza del procedimento.

Cass. civ. n. 19037/2003

L'impugnazione tardiva di cui al secondo comma dell'art. 327 c.p.c. trova applicazione nel solo caso del convenuto contumace il quale, prima che abbia a maturare il termine generale annuo di decadenza di cui al primo comma dell'art. 327 c.p.c., non abbia avuto, a causa dell'originaria nullità della citazione o della notifica di essa, notizia alcuna del procedimento; tale disciplina derogatoria, pertanto, non trova applicazione allorché, prima del maturare di detto termine, il convenuto, sebbene contumace involontario, abbia comunque avuto notizia del procedimento attraverso la notifica della sentenza, effettuata a lui personalmente, notifica che è idonea a far decorrere il termine breve per l'impugnazione.

Cass. civ. n. 11910/2003

Il termine annuale di impugnazione previsto dall'art. 327 c.p.c. (insuscettibile di sospensione feriale nelle controversie in materia di lavoro e previdenziali) è stabilito a pena di decadenza e decorre in ogni caso dalla pubblicazione della sentenza mediante deposito in cancelleria, senza che rilevi l'omessa comunicazione da parte del cancelliere (a carico del quale può dar luogo solo ad una sanzione disciplinare), atteso che l'ampiezza del termine annuale consente al soccombente di informarsi tempestivamente della decisione che lo riguarda, facendo uso della diligenza dovuta in rebus suis, dovendo pertanto ritenersi manifestamente infondata la denunzia di contrasto tra l'art. 327 cit. e l'art. 24 Cost.

Cass. civ. n. 7699/2003

Il termine di impugnazione per far valere, ai sensi dell'art. 161, primo comma, c.p.c., la nullità della sentenza pronunciata in un giudizio proseguito nonostante l'automatica interruzione conseguente alla morte del convenuto, verificatasi dopo la notificazione dell'atto di citazione ma prima della costituzione, è, nel caso di mancata notifica della sentenza stessa agli eredi del convenuto, di un anno (art. 327 c.p.c.) decorrente dal momento in cui i predetti ne abbiano avuto in qualsiasi modo conoscenza, dovendosi equiparare la posizione degli eredi a quella del contumace che non abbia avuto cognizione del processo per nullità della citazione o della sua notificazione; né tale disciplina appare in contrasto con i principi di uguaglianza e di garanzia della difesa, di cui agli artt. 3 e 24 della Costituzione, posto che gli interessati, una volta venuti a conoscenza della sentenza da impugnare, devono imputare alla propria negligenza la non tempestiva proposizione del gravame.

Cass. civ. n. 11264/2002

L'art. 327, primo comma, c.p.c., il quale prevede la decadenza della impugnazione dopo il decorso di un anno dalla pubblicazione della sentenza, indipendentemente dalla notificazione di questa, è espressione di un principio di ordine generale, diretto a garantire certezza e stabilità dei rapporti giuridici, che trova applicazione anche nel caso in cui sia (tardivamente) dedotto un error in procedendo (nella specie, la emissione della sentenza nonostante la interruzione del giudizio per il decesso dell'avvocato del convenuto) che investe di nullità la sentenza che si intende impugnare, senza che possa trovare applicazione in via analogica la disposizione del secondo comma dello stesso art. 327 c.p.c., concernente la parte contumace che dimostri di non aver conoscenza del processo per nullità della citazione o della notificazione di essa e per nullità della notificazione degli atti di cui all'art. 292 c.p.c. Detto regime manifestamente non si pone in contrasto con il principio costituzionale del diritto di difesa, non sussistendo alcuna violazione di esso, attesa la disponibilità dei relativi mezzi.

Cass. civ. n. 5962/2001

A norma dell'art. 327, secondo comma c.p.c., il soccombente rimasto contumace può impugnare la sentenza anche dopo il decorso dell'anno allorché la notificazione della citazione sia stata effettuata per compiuta giacenza. Infatti, la valutazione della validità della notificazione della citazione va compiuta sulla base della norma risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 326 del 1998 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 8 secondo e terzo comma della legge n. 890 del 1982 e non alla stregua della norma anteriormente alla dichiarazione d'incostituzionalità.

Cass. civ. n. 8995/2000

Nel rito del lavoro la tempestività dell'appello, anche in relazione al termine annuale di cui all'art. 327 c.p.c., va riscontrata con riferimento alla data del deposito del ricorso introduttivo presso la cancelleria del giudice di secondo grado e non a quella della successiva notificazione del ricorso stesso e del decreto di fissazione dell'udienza, con la conseguenza che, quando quel deposito sia avvenuto entro l'anno della pubblicazione della sentenza impugnata, la successiva notificazione, benché eseguita oltre l'anno dal deposito della sentenza, resta soggetta al disposto dell'art. 330, primo comma, c.p.c., e alla relativa indicazione del procuratore della parte (e non della parte personalmente) come destinatario della notificazione.

Cass. civ. n. 8523/2000

In caso di proposizione di una domanda giudiziale personalmente nei confronti di persona dichiarata fallita non ricorrono i motivi di nullità (della citazione o della sua notificazione) previsti dall'art. 327, secondo comma, c.p.c., ed inoltre non è impedita la conoscenza della pendenza del processo da parte del convenuto; conseguentemente non è giustificata la proposizione da parte di quest'ultimo dell'impugnazione contro la sentenza pronunciata nel relativo giudizio oltre il termine annuale decorrente dalla sua pubblicazione. (Nella specie il soggetto, il cui ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla S.C., era stato convenuto personalmente sia per il giudizio di primo grado che per quello d'appello ed era ritornato in bonis prima della scadenza del termine lungo per l'impugnazione di quest'ultima sentenza).

Cass. civ. n. 8315/2000

Il termine annuale di decadenza per l'impugnazione della sentenza non notificata, stabilito dall'art. 327, c.p.c., non resta sospeso nel caso in cui l'originale del provvedimento soggetto ad impugnazione sia andato distrutto o smarrito e dello stesso sia stata disposta la ricostruzione.

Cass. civ. n. 8191/2000

Per il disposto dell'art. 327 c.p.c., la decadenza dall'impugnazione, per il decorso del termine annuale dalla pubblicazione della sentenza, si verifica indipendentemente dalla notificazione di questa e pertanto anche nel caso in cui effettuata nell'anno la notificazione della sentenza, tenuto conto della sospensione feriale, non sia ancora decorso il termine breve di impugnazione decorrente dalla data di tale notifica.

Cass. civ. n. 11570/1999

La rinuncia all'eccezione di decadenza dalla impugnazione (per violazione del termine breve di cui all'art. 325 c.p.c.), effettuata dalla parte successivamente alla sua proposizione, non esime la Corte di cassazione dal dichiarare l'inammissibilità del gravame, quando ne ricorrano i presupposti, essendo la stessa eccezione rilevabile d'ufficio e non afferendo al potere dispositivo della parte.

Cass. civ. n. 26/1999

Il termine annuale per l'impugnazione della sentenza, decorrente dalla data del suo deposito, trova applicazione anche nei confronti delle parti contumaci, qualora non ricorrano le condizioni ostative di cui all'art. 327, secondo comma, c.p.c., senza che, a fronte della portata inequivoca di questa ultima disposizione, possa darsi all'art. 292, quarto comma, c.p.c., valore diverso da quello di semplice indicazione delle modalità di esecuzione (“alla parte personalmente”) della notificazione della sentenza nei confronti della parte contumace.

Cass. civ. n. 31/1999

In tema di impugnazioni, al contumace è riconosciuta la facoltà di interporre gravame avverso la sentenza (che lo abbia visto soccombente) dopo la scadenza del termine annuale dalla sua pubblicazione a condizione che egli fornisca tanto la prova della nullità della citazione o della relativa notificazione (nonché della nullità della notificazione degli atti di cui all'art. 292 c.p.c.), quanto quella della non conoscenza del processo a causa di detta nullità.

Cass. civ. n. 3112/1998

In tema di impugnazioni, al termine annuale di decadenza dal gravame, di cui all'art. 327, comma primo, c.p.c., che va calcolato ex nominatione dierum ai sensi dell'art. 155, comma secondo, stesso codice, devono aggiungersi i 46 giorni di sospensione dei termini processuali nel periodo feriale (primo agosto - quindici settembre di ciascun anno) calcolati ex numeratione dierum ai sensi del combinato disposto degli artt. 155 comma primo e 1, comma primo, della legge 742/69.

Cass. civ. n. 2604/1997

La formalità della pubblicazione della sentenza, non avvenuta autonomamente, può ritenersi attuata con l'atto che necessariamente la presuppone, quale l'apposizione della formula esecutiva in calce alla sentenza, da parte del cancelliere che avrebbe dovuto provvedere alla sua pubblicazione, con la conseguenza che dalla data di tale attività decorre il termine annuale per l'impugnazione.

Cass. civ. n. 8857/1995

La decadenza dall'impugnazione per il decorso del termine annuale previsto dall'art. 327 c.p.c. si verifica indipendentemente dalla notificazione della sentenza e, pertanto, è inammissibile il ricorso per cassazione proposto entro i sessanta giorni dalla notificazione della decisione, ma oltre un anno dalla sua pubblicazione.

Cass. civ. n. 8210/1995

In tema di decadenza del convenuto contumace dal diritto di impugnazione, per decorrenza del termine annuale stabilito dall'art. 327 c.p.c., qualora in esito all'indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, il cui apprezzamento non è suscettibile di esame in sede di legittimità se non per vizio di motivazione, venga accertato (anche d'ufficio in considerazione della natura pubblicistica della decadenza medesima) che nonostante la nullità della citazione o della sua notificazione il convenuto abbia avuto comunque conoscenza del processo, l'inutile decorso del termine annuale dal giorno della suddetta conoscenza, se successiva alla data di pubblicazione della sentenza, comporta l'inammissibilità dell'impugnazione, a nulla rilevando in senso contrario né che la conoscenza sia stata acquisita dal convenuto personalmente e direttamente anziché a ministero di un difensore o procuratore, giacché l'assenza di questo si collega necessariamente alla contumacia del convenuto, presupposto di applicazione dell'art. 327 c.p.c., né che essa sia l'effetto della notifica a fini esecutivi della sentenza di primo grado, trattandosi di circostanza idonea ad escludere il decorso del termine breve per impugnare, atteso il carattere personale della notificazione, ma non la naturale ed intrinseca capacità di siffatta notifica di informare il suo destinatario della vicenda processuale che lo riguarda.

Cass. civ. n. 875/1995

Stante lo stretto collegamento tra l'art. 327 c.p.c. e l'art. 330 dello stesso codice, l'impugnazione proposta entro il maggior termine risultante dalla applicazione della sospensione dei termini processuali disposta dalla L. n. 742 del 1969 per tutta la durata del periodo feriale (un anno più 46 giorni dalla pubblicazione della sentenza impugnata) costituisce pur sempre impugnazione nel termine fissato dall'art. 327 c.p.c. e, pertanto, essa deve essere notificata nei luoghi indicati dall'art. 330, comma 1, c.p.c. e non alla parte personalmente, come previsto dal comma 3 della norma di cui sopra per il diverso caso della impugnazione proposta oltre il suddetto termine, se ancora ammessa.

Cass. civ. n. 5932/1994

Il principio, sancito dall'art. 3 della L. 7 ottobre 1969, n. 742, secondo cui nelle cause di lavoro, soggette al rito speciale previsto dagli artt. 409 ss. c.p.c., i termini processuali, ivi compreso il termine annuale per l'impugnazione della sentenza non notificata, non sono sottoposti a sospensione durante il periodo feriale, deve intendersi riferito all'intero corso del procedimento giudiziale e quindi riguarda anche i termini per proporre ricorso per cassazione, atteso che il citato art. 3, anche nella parte in cui richiama l'art. 92 dell'ordinamento giudiziario, si riferisce sempre a controversie che abbiano una determinata natura (la quale giustifica l'esigenza di una loro sollecita trattazione) e non già all'organo giudiziario presso il quale pende la controversia medesima.

Cass. civ. n. 9911/1992

Il termine di cui all'art. 327, primo comma, c.p.c., essendo ragguagliato ad «un anno», scade nello stesso giorno dell'anno successivo a quello del deposito della sentenza e non il trecentosessantacinquesimo giorno da tale data: ne consegue che la circostanza che l'anno in cui deve scadere il termine in questione sia bisestile non ne fa anticipare la scadenza di un giorno.

Cass. civ. n. 8840/1992

La proposizione dell'impugnazione nel termine di cui all'art. 327 c.p.c. si perfeziona — stante la sua natura ricettizia — solo nel momento in cui l'atto medesimo è portato a conoscenza dell'altra parte nella forma legale della notificazione effettuata nei modi previsti dal codice di rito, e non invece nel momento in cui l'atto viene consegnato all'ufficiale giudiziario.

Cass. civ. n. 7272/1991

La prevenzione operata con l'impugnazione principale fa sì che ogni altra impugnazione debba essere proposta nelle forme del ricorso incidentale, per cui la parte intimata con il ricorso principale non può più avvalersi a tal fine del termine previsto dall'art. 327 c.p.c., ma ha soltanto diritto a proporre impugnazione incidentale, anche se sia decorso il relativo termine, mediante controricorso e nel termine stabilito per la notificazione di tale atto.

Cass. civ. n. 332/1986

Il termine di un anno per proporre l'impugnazione ex art. 327, primo comma, c.p.c. decorre dalla pubblicazione della sentenza, e quindi dal suo deposito in cancelleria, e non già dalla comunicazione che di tale deposito dà il cancelliere alle parti ex art. 133, secondo comma, c.p.c. — e per il rito del lavoro à termini dell'art. 430 c.p.c. — trattandosi di attività informativa che resta estranea al procedimento della pubblicazione, della quale non costituisce elemento sostitutivo, né requisito della sua efficacia.

Il termine di un anno per proporre l'impugnazione ex art. 327, primo comma, c.p.c. decorre dalla pubblicazione della sentenza, e quindi dal suo deposito in cancelleria, e non già dalla comunicazione che di tale deposito dà il cancelliere alle parti ex art. 133, secondo comma, c.p.c. – e per il rito del lavoro à termini dell'art. 430 c.p.c. – trattandosi di attività informativa che resta estranea al procedimento della pubblicazione, della quale non costituisce elemento sostitutivo, né requisito della sua efficacia.

Cass. civ. n. 2258/1985

Il termine annuale di decadenza dell'impugnazione, che, ove iniziato a decorrere prima della sospensione durante il periodo feriale, deve prolungarsi di quarantasei giorni per effetto della sospensione medesima (non dovendosi tener conto del periodo compreso fra l'1 agosto ed il 15 settembre), è suscettibile di un ulteriore analogo prolungamento quando l'ultimo giorno di detta proroga venga a cadere dopo l'inizio del nuovo periodo feriale dell'anno successivo, non anche, pertanto, quando cada il 31 luglio, il quale sia giorno non festivo.

Cass. civ. n. 1650/1980

L'inammissibilità dell'appello perché proposto oltre il termine annuale di cui all'art. 327 c.p.c., se non rilevata dal giudice del gravame non è soggetta a sanatoria per acquiescenza della controparte, ma deve essere dichiarata, anche d'ufficio, dalla Corte di cassazione.

Cass. civ. n. 5066/1978

Il termine annuale di decadenza dall'impugnazione è soggetto alla sospensione durante il periodo feriale, prevista dalla L. 7 ottobre 1969, n. 742, con la conseguenza che, ove il dies a quo ricada in detto periodo, deve tenersi conto, al fine dell'ammissibilità dell'impugnazione, sia dello scorrimento di tale giorno fino al primo giorno dopo il periodo feriale, sia della sospensione del termine durante il periodo feriale del successivo anno solare.

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Consulenze legali
relative all'articolo 327 Codice di procedura civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

F. F. chiede
martedì 19/09/2023
“Buongiorno.
Mio padre ha avviato nel 2019 una causa civile contro un vicino di casa per infiltrazioni di acqua. La causa si è conclusa positivamente per mio Padre con la sentenza del 10 febbraio 2023: esattamente il giorno in cui mio padre è purtroppo venuto a mancare.
Considerato che la sentenza è stata pubblicata il 16 febbraio e non è mai stata notificata Le chiedo se i termini per la presentazione del ricorso in appello (pervenutoci con raccomandata a/r datata 14 settembre e materialmente ricevuta il 18 settembre) che la parte soccombente ha presentato contro di me, mio fratello e mia madre (eredi di mio padre) siano stati rispettati.
In attesa di risposta,
Porgo cordiali saluti”
Consulenza legale i 26/09/2023
La sentenza è impugnabile in appello entro trenta giorni dalla notifica della stessa ai sensi dell’art. 325 del c.p.c..
Quando la sentenza non è stata notificata, il termine per l’appello è di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza ai sensi dell’art. 327 c.p.c.

Nel caso di specie la parte vittoriosa del giudizio di primo grado è mancata lo stesso giorno in cui la sentenza è stata redatta ma prima della sua pubblicazione.
La sentenza non è mai stata notificata.
Non si applica quindi l’art. 328 del c.c. che fa prorogare il decorso del termine di sei mesi dalla data dell’evento morte di una delle parti.

Il termine di sei mesi per l’impugnazione quindi andrà calcolato a partire dal 16 febbraio 2023 (data della pubblicazione), considerando la sospensione feriale dal 1 al 31 agosto di ogni anno.
La scadenza quindi sarebbe stata il 16 settembre 2023 (sabato) ma viene spostata al primo giorno non festivo e cioè il 18 settembre 2023 ai sensi dell’art. 155 comma 3 e comma 4 c.p.c.

Si tenga presente, in ogni caso, che la notifica si perfeziona per il notificante al momento della consegna del plico all’Ufficiale Giudiziario come stabilito dall’art. 149 del c.p.c..

La notifica è quindi stata effettuata nei termini previsti dalla legge.

A. A. chiede
domenica 25/06/2023
“Nel caso di un ORDINANZA, della Sezione Lavoro, della Corte Suprema di Cassazione, in cui la CORTE DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO, relativo ad un licenziamento disciplinare, il cui processo, questo è il punto chiave, si è svolto con il c.d. Rito Fornero (i.e. fase sommaria, fase di opposizione, reclamo presso la Corte d'Appello, ricorso presso la Corte Suprema di Cassazione), la cui motivazione, si ritiene, presenti una manifesta illogicità che, in astratto (i.e. leggendo solo l'Ordinanza senza leggere gli atti) può essere dovuta ad un mero errore materiale oppure ad un errore di fatto revocatorio; il mio parere è che si tratti di errore di fatto revocatorio, tuttavia si tratta di un opinione di parte, in uno scenario complesso e, se possibile, andrebbe studiato con calma (i.e. sarebbe certamente utile, se applicabile al caso di specie, poter disporre del termine lungo di sei mesi).

L'Ordinanza è stata pubblicata e comunicata via PEC dalla Cancelleria (sul testo compare il timbro con la scritta "copia comunicata ai soli fini dell'art. 133 cpc") e, alla data della presente, non è stata notificata dalla controparte, la quale si è limitata a richiedere via e-mail il recupero delle spese di lite, allegando la copia dell'Ordinanza ricevuta dalla Cancelleria (con il suddetto timbro) e, quindi, non c'è stata nessuna notifica, tantomeno via PEC ;

In virtù di quanto sopra Vi sarei grato di un Vostro autorevole parere in merito al termine breve (60 giorni) oppure lungo (sei mesi) per l'eventuale presentazione di un ricorso presso la Corte Suprema di Cassazione per la Revocazione della suddetta Ordinanza, che alla data della presente risulta solo pubblicata e comunicata dalla Cancelleria (sul testo compare il timbro con la scritta "copia comunicata ai soli fini dell'art. 133 cpc"), in quanto:

1) alcuni sostengono che, poiché l'Ordinanza è stata solo pubblicata e comunicata via PEC dalla Cancelleria, ma non notificata via PEC dalla controparte, si applica il termine lungo (sei mesi dalla pubblicazione e comunicazione);

2) altri invece sostengono che, trattandosi del c.d. Rito Fornero che è un rito speciale, la pubblicazione e comunicazione via PEC dell'Ordinanza da parte della Cancelleria, fa si che si applichi il termine breve (60 giorni dalla pubblicazione e comunicazione);

Chi ha ragione? In altre parole, per valutare e eventualmente presentare un ricorso per la Revocazione della suddetta Ordinanza, ho tempo solo 60 giorni (i.e. il c.d. termine breve) oppure sei mesi (i.e. il c.d. termine lungo) dalla data di pubblicazione e comunicazione dell'Ordinanza via PEC da parte della Cancelleria (sul testo compare il timbro con la scritta "copia comunicata ai soli fini dell'art. 133 cpc")?

Restando a Vostra completa disposizione per eventuali chiarimenti e/o approfondimenti, anticipatamente Vi ringrazio sentitamente e Vi invio i miei migliori saluti.”
Consulenza legale i 04/07/2023
L’art. 133 comma 2 c.p.c. prevede che “Il cancelliere dà atto del deposito in calce alla sentenza e vi appone la data e la firma, ed entro cinque giorni, mediante biglietto contenente il testo integrale della sentenza, ne dà notizia alle parti che si sono costituite. La comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all'”.

Tuttavia, la giurisprudenza della Corte di Cassazione, in diverse pronunce, ha evidenziato che il nuovo testo dell’art. 133 c.p.c., comma 2, non si applica ove norme speciali stabiliscano diversamente dalle norme di carattere generale, artt. 325 e 326 c.p.c.

Ai sensi dell’art. 1, comma 64, L. 92/2012 “In mancanza di comunicazione o notificazione della sentenza si applica l’articolo 327 del codice di procedura civile”.

Pertanto, l’art. 327 c.p.c. opera in via residuale, cioè nella sola ipotesi in cui il provvedimento emesso non sia stata comunicato alle parti, ovvero non sia stato formalmente comunicato.

Si vedano:
Cass. civ. Sez. 6 – 3, n. 2594 in data 11/12/2015 – 09/02/2016: la parte che intenda esercitare il diritto di ricorrere in cassazione ex art. 348 ter c.p.c., comma 3, deve rispettare il termine di sessanta giorni, di cui all’art. 325 c.p.c., comma 2, che decorre dalla comunicazione dell’ordinanza, ovvero dalla sua notificazione, nel caso in cui la controparte vi abbia provveduto prima della detta comunicazione o se questa sia stata del tutto omessa dalla cancelleria, mentre il termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c. opera esclusivamente quando risulti non solo omessa la comunicazione, ma anche la notificazione. Ne consegue che il ricorrente, per dimostrare la tempestività del ricorso proposto oltre i sessanta giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza, ha l’onere di allegare sia l’assenza di comunicazione, sia la mancata notificazione, affermando, pertanto, di fruire del cd. termine lungo.

Cass. lav. 10/05 – 28/09/2016, n. 19177 del 28/09/2016, secondo cui il termine di sessanta giorni per la proposizione del ricorso per cassazione, di cui alla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 62, decorre dalla semplice comunicazione del provvedimento, trattandosi di previsione speciale, che in via derogatoria comporta la decorrenza del termine da detto incombente, su cui non incide la modifica dell’art. 133 c.p.c., comma 2, nella parte in cui stabilisce che “la comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325 c.p.c.”, norma attinente al regime generale della comunicazione dei provvedimenti da parte della cancelleria.

Cass. Sez. 6 – 3, ordinanza n. 25119 del 14/12/2015, Sezioni un. civ. n. 25208 del 15/12/2015, Cass. n. 20236 del 09/10/2015 ed ancora Cass. n. 25115 del 14/12/2015, secondo cui in caso di declaratoria di inammissibilità dell’appello, ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., il termine per proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado – decorrente, a norma del successivo art. 348 ter c.p.c., dalla comunicazione – o notificazione, se anteriore – dell’ordinanza che ha dichiarato inammissibile il gravame – si identifica in quello “breve” di cui all’art. 325 c.p.c., comma 2, dovendo intendersi pertanto il riferimento all’applicazione dell’art. 327 c.p.c. “in quanto compatibile”, come limitato ai casi in cui tale comunicazione o notificazione sia mancata.

La sentenza della Cassazione Civile n. 794 del 13/01/2017 si è espressa nello stesso senso e a sua volta è stata richiamata da Cassazione Civile n. 29622 del 14/11/2019.

Da ultimo, la sentenza della Cassazione civile n. 9647 del 13/4/2021 ha precisato che “la comunicazione via PEC a cura della cancelleria fa decorrere il termine breve di sessanta giorni per l'impugnazione ove risulti allegato il testo integrale della sentenza ed a tal fine, non è sufficiente il mero avviso del deposito della sentenza, atteso che la parte deve essere posta in grado di conoscere, sin dal momento della comunicazione, le ragioni sulle quali la pronuncia è fondata e di valutarne la correttezza onde predisporne eventualmente l'impugnazione (cfr. in termini Cass. 24/10/2017 n. 25136, Cass. 23/8/2016 n. 17251). Diversamente il ricorso per cassazione può essere proposto nel termine previsto dall'art. 327 c.p.c.. Nel caso in esame l'attestazione depositata è relativa al deposito ed alla pubblicazione della sentenza e dalla stessa non si evince che era stata comunicata la sentenza nel suo testo integrale. Dalle enunciate premesse consegue che tale comunicazione non è idonea a far decorrere il termine breve previsto della L. n. 92 del 2012, citato art. 1, comma 62”.

Alla luce della giurisprudenza richiamata, pertanto, nel caso in cui l’ordinanza sia stata comunicata integralmente dalla cancelleria tramite PEC, il termine di impugnazione dovrebbe essere quello breve di 60 gg e non il termine lungo di 6 mesi.

Laura C. chiede
giovedì 23/02/2017 - Campania
“Il 12 dicembre 2015 viene pubblicata dal Tribunale ordinario di (omissis) sentenza che condanna il condominio di cui faccio parte a risarcire un'altra condomina per i danni causati dal lastrico solare ad uso esclusivo di altro condomino. La causa era stata iscritta a ruolo nel 2006. La sentenza non viene notificata agli avvocati costituiti ma alle parti. Il 25 gennaio 2017 viene notificata, a mezzo pec, citazione in appello dalla proprietaria del lastrico. I termini sono ancora validi e, se si, è necessario che il condominio si costituisca? La mancata costituzione quali conseguenze potrebbe avere?”
Consulenza legale i 01/03/2017
La peculiarità del caso di specie è data dal fatto che la causa è stata iscritta a ruolo in data anteriore alla riforma del 2009. Ai sensi dell'art. 327 c.p.c. (ante riforma del 2009), il termine per proporre appello era pari ad un anno dalla pubblicazione della sentenza (mentre attualmente la norma riformata ha ridotto tale termine da un anno a sei mesi).

Più precisamente, le impugnazioni avverso le sentenze sono soggette ad un diverso termine, a seconda che i provvedimenti in questione siano stati o meno notificati dalla parte vittoriosa a quella soccombente.
Nel caso di notificazione, decorrerà il termine cosiddetto "breve" per l'impugnazione, ovvero 30 giorni dalla ricevuta notifica; diversamente, se la sentenza non venga notificata, decorrerà il termine "lungo", ovvero - attualmente - sei mesi dalla pubblicazione (un anno, secondo il vecchio testo del 327 c.p.c.).

Si noti bene che ai fini dell'impugnazione (e solo a questi fini) la notificazione della sentenza va indirizzata al procuratore costituito, ovvero all'avvocato che ha rappresentatola parte nel primo grado di giudizio: la giurisprudenza conferma infatti che la notificazione della sentenza fatta alle parti non sia idonea a far decorrere il termine "breve" per l'impugnazione.

Va poi tenuto ancora presente che, nel caso di procedimento civile ordinario tutti i termini processuali (quindi anche quelli per impugnare) sono soggetti ad una "sospensione feriale", che prima del 2015 era di 45 giorni (precisamente dal primo di agosto al 15 di settembre compreso) e successivamente - a decorrere dal 2015 - è stata ridotta a 30 giorni (mese di agosto). Si precisa che non sempre la sospensione di cui sopra si applica, dipende dal tipo di giudizio: ad esempio la materia lavoro è esclusa dalla sospensione. Nel quesito non viene specificata la materia del contendere, per cui si darà per scontato che si tratti di procedimento civile soggetto a sospensione.

Venendo al caso di specie, nonostante la disciplina applicabile sia quella ante riforma del 2009 (e quindi il termine "lungo" per impugnare sarebbe stato pari ad un anno) l’appello rimane comunque tardivo.
Il termine di un anno, infatti, decorreva dalla data del 13 dicembre 2015, con sospensione del conteggio dal 1 di agosto al 31 di agosto: l'appello dunque scadeva il 13 gennaio 2017.

Ciò significa che la parte appellante è decaduta dalla facoltà di proporre impugnazione e che la sentenza del primo grado è ormai passata in giudicato.

Ad ogni buon conto, è bene comunque costituirsi in appello. La mancata costituzione infatti non consentirebbe di rilevare la decadenza in cui è incorsa parte appellante (ai sensi degli artt. 2969 c.c. e 112 c.p.c.): l’eccezione di decadenza è un’eccezione rilevabile solo dalle parti regolarmente costituite (c.d. eccezione in senso stretto).

Caterina M. chiede
lunedì 28/11/2016 - Basilicata
“Vorrei sapere se un appello ad una sentenza di I grado è nei termini, oppure fuori termini di impugnazione.
Descrivo la storia:

la citazione che ha dato corso alla causa è stata notificata il 20 gennaio 2004 ed ha ottenuto una vittoria

con sentenza depositata il 16 settembre 2015.

La parte perdente ha prodotto appello notificato via PEC in data

29 ottobre 2016.




Il mio legale mi ha anticipato che il termine di impugnazione

della sentenza dovrebbe essere scaduto in forza delle nuove normative:

Renzi ha ridotto i tempi da 1 anno e 45 gg. ad 1 anno e 30 gg.

Vorrei sapere se il mio caso rientra nella normativa della riduzione dei termini da poter dire che l'impugnazione è fuori termine. Se così fosse chiedo anche se l'appello cade da sé stesso, oppure bisogna comunque costituirsi e far rilevare al giudice la scadenza del termine.
Grazie.

Consulenza legale i 04/12/2016
Corrisponde al vero che le norme del codice di procedura civile relative ai termini di impugnazione delle sentenza sono state modificate, e precisamente l’art. 47 della legge n. 69/2009 ha ridotto il termine per proporre appello da un anno a sei mesi, decorrenti dalla data di pubblicazione della sentenza.

L’art. 58 della medesima legge tuttavia, chiarisce che – a parte qualche eccezione che la norma specifica ed elenca espressamente – le modifiche al codice di procedura civile apportate dalla legge n. 69/2009 sii applicano solamente ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore. Tale regola vale anche per i giudizi di primo grado che, alla data di entrata in vigore della legge in oggetto, erano ancora pendenti (come quello di cui al quesito, iniziato nel 2004): infatti, la norma dice “Ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore della presente legge si applicano gli articoli 132, 345 e 616 del codice di procedura civile e l'articolo 118 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile, come modificati dalla presente legge.” E’ esclusa, invece, l’applicazione del “nuovo” art. 327 c.p.c., quello appunto relativo ai termini di impugnazione, che rimangono quindi di un anno nei processi di primo grado ancora pendenti nel 2009.

Tornando al quesito, il termine di un anno per la proposizione dell’appello, decorrente dal 16 settembre 2015, è poi rimasto interrotto dal 1° di agosto fino al 31 di agosto 2016. Infatti, in forza dell’art. 16 del D.L. n. 132/2014, il periodo, cosiddetto, di “sospensione feriale dei termini processuali”, prima del 2015 lungo 45 giorni (dal primo di agosto al 15 settembre di ogni anno), a decorrere dal 2015 è stato ridotto ad un mese (1° agosto-31 agosto).
Pertanto, il caso in esame rientra certamente nella nuova normativa, ed il termine per l’appello è scaduto il 15 ottobre 2016: correttamente l’avvocato dell’appellato afferma, dunque, che la p.e.c. del 29 ottobre 2016 è tardiva.

Purtroppo la decadenza dal termine per impugnare non comporta effetti di caducazione automatica dell’impugnazione: è pur sempre necessario che un giudice la rilevi.
Pertanto, andrà eccepita dal convenuto in appello nell’atto di costituzione (comparsa di risposta) e nuovamente ribadita in sede di prima udienza, anche se, in ogni caso, trattasi di eccezione rilevabile d’ufficio (ovvero, anche se la parte non eccepisca la decadenza, il giudice deve comunque autonomamente ed automaticamente verificare il rispetto dei termini ed eventualmente rigettare l’appello perché inammissibile).

Pietro chiede
mercoledì 15/01/2014 - Campania
“Buongiorno, mi confermate per cortesia il doppio termine di un anno e 30 giorni per un ricorso in cassazione su una sentenza d'appello il cui giudizio è stato proposto nel 2007?
Grazie dell'aiuto.”
Consulenza legale i 10/02/2014
I termini per la proposizione del ricorso per Cassazione sono:
- 60 giorni dalla notificazione della sentenza, ai sensi del secondo comma dell'art. 325 c.p.c.;
- un anno dalla pubblicazione della sentenza (in caso di omessa notifica della stessa) ex art. 327 c.p.c.

Paolo chiede
giovedì 22/08/2013 - Umbria
“In una causa con rito del lavoro instaurata con deposito del ricorso di primo grado il 31 marzo 2008 il termine per ricorrere in cassazione avverso la sentenza d'appello è ancora di un anno secondo il diritto transitodio dell' art. 58 comma 1 L.69/2009?”
Consulenza legale i 13/09/2013
L’abbreviazione del c.d. termine lungo per l’impugnazione da un anno a sei mesi (art. 327 del c.p.c.), termine che opera in caso di mancata notifica della sentenza, trova applicazione per i giudizi instaurati a partire dall’entrata in vigore della legge 69/2009 avvenuta il 4 luglio del 2009.
Pertanto, per determinare i termini di impugnazione del ricorso di cui al quesito proposto presentato antecedentemente l’entrata in vigore della suddetta normativa, si dovrà fare riferimento al previgente termine pari ad un anno, a cui si dovranno aggiungere i 45 giorni di sospensione feriale dei termini, la quale vige anche in caso di impugnazione delle decisioni dettate in materia di lavoro.

Stefano chiede
mercoledì 06/03/2013 - Toscana
“In un procedimento civile instaurato nel 2008, è stata depositata la sentenza di primo grado il 28/10/2009. L'appello poteva essere proposto entro un anno o entro sei mesi?
Con i migliori ringraziamenti, Stefano”
Consulenza legale i 10/03/2013
Il termine c.d. lungo per impugnare una sentenza non notificata ma solo pubblicata, ovvero depositata in cancelleria, previsto all'art. 327 del c.p.c. e ridotto da un anno a sei mesi dalla novella apportata dalla legge 69/2009, si applica a tutti i procedimenti instaurati dopo la sua entrata in vigore, avvenuta il 4 luglio del 2009. Quanto affermato si evince chiaramente dalla disciplina transitoria dettata dalla suindicata riforma.
Il procedimento a cui fa riferimento il quesito proposto risulta instaurato nel 2008 e quindi prima dell'entrata in vigore della riforma. Pertanto, il termine per impugnare la sentenza era quello annuale sempre decorrente dalla pubblicazione della sentenza.
Per completezza, si indica che al termine previsto per l'impugnazione, sia ante che post riforma del 2009, si applicano i 45 giorni di sospensione feriale ai sensi della L. 742/1969.

Elena P. chiede
lunedì 18/02/2013 - Lazio
“Gentile redazione, in materia di comodato si applica il rito del lavoro, vorrei conoscere se nel caso di ricorso in cassazione nel termine lungo di 6 mesi dalla pubblicazione della sentenza dovranno o meno essere conteggiati i 45 gg di sospensione feriale.
Sentiti ringraziamenti”
Consulenza legale i 24/02/2013
L’art. 3 della legge n. 742 dispone che la sospensione di cui all’art. 1 non si applica alle cause ed ai procedimenti indicati nell'art. 92 dell' ordinamento giudiziario 30 gennaio 1941, n. 12, nonché alle controversie previste dagli artt. 409 e 442 c.p.c.
Alla controversia che, pur non riguardando un rapporto compreso tra quelli indicati dall'art. 409 o dall'art. 442 cod. proc. civ., sia stata trattata con il rito del lavoro, è applicabile il regime della sospensione dei termini di impugnazione nel periodo feriale, giacché "il rito adottato dal giudice assume una funzione enunciativa della natura della controversia, indipendentemente dall'esattezza della relativa valutazione, e perciò detto rito costituisce per le parti criterio di riferimento anche ai fini del computo dei termini per la proposizione dell'impugnazione, secondo il regime previsto dall'art. 3 della legge 7 ottobre 1969, n. 742" (così Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 27/11/2007, n. 24649).
Ad esempio, in tema di locazione, le controversie che riguardano l'azione proposta dal conduttore a norma dell'art. 79 l. n. 392 del 1978, per ripetere fino a sei mesi dopo la riconsegna dell'immobile locato le somme corrisposte in violazione dei divieti e dei limiti previsti dalla suddetta legge, non rivestano carattere d'urgenza e non potendosi includere neppure per analogia nell'elencazione tassativa dell'art. 92 ord. giud., non si sottraggono alla regola generale della sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale (Cassazione civile , sez. III, 11 giugno 2007, n. 13681).
In tema di comodato, la Corte d'appello di Napoli, 23 gennaio 2008, ha ribadito che la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale è esclusa per le controversie previste dagli artt. 429 (ora 409) e 459 (ora 442) del codice di procedura civile, vale a dire per le controversie afferenti i rapporti individuali di lavoro e quelle in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie, non già per tutte le altre controversie, come quella di comodato sub iudice, alle quali l'art. 447 bis c.p.c., estende il rito speciale del lavoro come previsto dagli artt. 414 fino a 441 c.p.c.
Pertanto, si può sostenere che, in materia di comodato, si applichi la sospensione feriale dal termine per l'impugnazione, nonostante alla relativa causa si applichi il rito del lavoro.

Maria chiede
giovedì 07/02/2013 - Toscana
“Salve, ho depositato un ricorso di lavoro (impugnazione licenziamento e mansioni superiori nel maggio 2008, mentre la sentenza è stata pubblicata il 12 marzo 2012. considerando che la stessa non è stata notificata, quali sono i termini per l'appello (sei mesi dalla pubblicazione o un anno e 45 giorni)?
Trattandosi di causa di lavoro si applica la sospensione feriale?”
Consulenza legale i 19/02/2013
Nel caso in cui la sentenza non sia stata notificata, trova applicazione l'art. 327 del c.p.c. che indica il c.d. termine lungo per la sua impugnazione. La nuova formulazione della norma in esame ad opera della l. 69/2009 dispone che il termine lungo pari a sei mesi trovi applicazione solo per i giudizi che siano stati instaurati successivamente alla data del 4 luglio 2009, ovvero la data di entrata in vigore della legge di cui sopra. Diversamente, per tutti i giudizi già incardinati prima di questa data trova applicazione il precedente termine lungo di impugnazione pari ad un anno, decorrente, in ogni caso, dalla pubblicazione della sentenza che si ha intenzione di impugnare.
Pertanto, in merito al quesito proposto, dato che il giudizio è stato proposto nel 2008, il termine lungo per impugnare la sentenza sarà quello di un anno dalla sua pubblicazione, a cui andranno aggiunti i 46 giorni del periodo feriale (1° agosto-15 settembre). Infatti, nonostante si tratti di una controversia decisa con il rito del lavoro è comunque applicabile la sospensione dei termini di impugnazione durante il periodo feriale (si veda Cass. Sez. Lavoro, n. 24649 del 27.11.07).

Alessandro F. B. chiede
sabato 12/01/2013 - Lombardia
“la notifica della sentenza a entrambe le parti attrici, ai fini della correzione di un errore materiale, consistente nella errata indicazione del nome proprio di una delle due parti attrici, può configurare notifica della sentenza almeno per la parte attrice il cui nome era corretto , ai fini della decorrenza del termine di 30 gg. per proporre un appello in termini?”
Consulenza legale i 16/01/2013
La proposizione dell'istanza di correzione, in sé, non comporta la legale conoscenza della sentenza e pertanto non determina la decorrenza del termine breve per proporre impugnazione (Cass. 8 maggio 2000, n. 5767).
Tuttavia, nel caso proposto, alle attrici è stata notificata (s'intende, presso il procuratore costituito; la notifica fatta personalmente alla parte non fa mai decorrere il termine di cui all'art. 325 del c.p.c.) copia integrale della sentenza e non il mero ricorso per la correzione con il pedissequo decreto che fissa l'udienza di comparizione delle parti dinnanzi al giudice; si precisa che la notifica della sentenza non è affatto necessaria ai fini della richiesta di correzione.
Ciò induce a ritenere che le attrici abbiano avuto conoscenza legale della sentenza e che pertanto dalla notificazione al procuratore di copia integrale del provvedimento debba decorrere il termine breve di trenta giorni per la proposizione dell'appello.
Nel caso di specie, infatti, non è applicabile l'ultimo comma dell'art. 288 del c.p.c. in base al quale le sentenze possono essere impugnate relativamente alle parti corrette nel termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata l'ordinanza di correzione: la giurisprudenza, correttamente, limita i casi contemplati dalla norma a quelli in cui il provvedimento di correzione abbia rivelato vizi in iudicando o in procedendo, non reputando possibile lo spostamento in avanti del termine per l'impugnazione in relazione a provvedimenti oggetto di mere rettifiche o che presentano errori inidonei a suscitare ambiguità sul contenuto della sentenza, come l'inesatta indicazione del nome di una delle parti.

Rinaldo B. chiede
martedì 18/12/2012 - Campania
“Di una sentenza civile di primo grado, composta di n.10 pagine, è stata regolarmente notificata (al mio legale) solo l'ultima (dispositivo conclusivo).
- Non conoscendo allo stato le motivazioni come posso decidere per l'appello?
- Da che giorno vanno calcolati i canonici gg.30?
Nel ringraziare, cordiali saluti.”
Consulenza legale i 21/12/2012
In generale, la consegna al destinatario di copia della sentenza incompleta per la mancanza di alcune pagine dà luogo a vizio della notificazione non qualificabile come inesistenza, ma soltanto come nullità. Il vizio della notificazione è sanato per raggiungimento dello scopo dell'atto se il destinatario ha comunque proposto l'impugnazione.
Tuttavia, va precisato che tale nullità può essere affermata solo se il destinatario deduca e dimostri che detta incompletezza gli abbia precluso la compiuta conoscenza dell'atto e quindi abbia inciso negativamente sul pieno esercizio della facoltà di impugnativa della stesso (Cass. 25 luglio 2003, n. 11528; Cass. SS.UU. 23 febbraio 1995, n. 2081).
Pertanto, è bene valutare con attenzione se la predetta dimostrazione possa essere data poiché, qualora ciò non riuscisse e l'atto di appello fosse notificato oltre i 30 giorni dalla notifica della sentenza incompleta - ma pur sempre idonea a consentire la sua impugnazione - l'appello stesso dovrebbe essere dichiarato inammissibile. Nel caso di specie, la mancata notifica delle motivazioni della sentenza sembra precludere alla parte soccombente ogni possibilità di difesa nel merito, con la conseguenza che la notifica della sentenza incompleta appare inidonea a far decorrere il termine breve per l'appello: l'impugnazione potrà essere proposta entro il termine c.d. lungo di cui all'art. 327.
Si segnala che secondo parte della giurisprudenza, in ipotesi di nullità della notifica, l'impugnazione successivamente proposta non comporterebbe il raggiungimento dello scopo di quella notifica ai fini del decorso del termine breve di cui all'art. 326 c.p.c., atteso che l'impugnazione successiva avrebbe carattere autonomo rispetto alla notificazione della sentenza, senza presupporla necessariamente come avvenuta in una data precisa (Cass. 11 settembre 1996, n. 8226).

Ilaria chiede
giovedì 15/11/2012 - Lombardia
“Entro quando devo notificare una sentenza il cui giudizio risale al 2009 e la sent.za depositata in data 16.06.2012”
Consulenza legale i 03/12/2012
La notifica della sentenza vale ai fini della decorrenza del termine breve dell'impugnazione di cui all'art. 325 del c.p.c.. Se la sentenza non viene notificata, al posto dei termini "brevi" per l'impugnazione della stessa opera il termine "lungo" ai sensi dell'art. 327 del c.p.c., secondo cui i mezzi ordinari di impugnazione (appello, ricorso per cassazione e revocazione ex art. 395 del c.p.c. nn. 4 e 5) possono proporsi entro sei mesi, termine ridotto dalla l. 69/2009 che vale per i processi instaurati dal 4 luglio del 2009, data di entrata in vigore della legge, oppure un anno per i processi instaurati prima di tale data, termini che decorrono dalla pubblicazione della sentenza, e quindi dal suo deposito nella cancelleria del giudice che l'ha pronunciata.
Il termine breve, pari a trenta giorni dalla notifica, agevola la parte "vittoriosa" che ha intenzione di ottenere il prima possibile il passaggio in giudicato della sentenza notificata ex art. 324 del c.p.c.. Pertanto, una volta depositata la sentenza, sarà interesse della parte provvedere quanto prima alla notifica del provvedimento del giudice, concedendo alla controparte un termine di 30 giorni per proporre l'impugnazione. La legge, quindi, non indica espressamente un termine entro cui notificare la sentenza, ma questo deve ritenersi implicito nella disposizione di cui all'art. 327 del c.p.c. che indica il termine lungo entro cui procedere alle impugnazioni ordinarie.

Aldo chiede
mercoledì 17/10/2012 - Molise
“Buonasera! Il termine lungo per impugnare una sentenza pubblicata il 12 Luglio 2011 quando scade? Bisogna tener conto o meno della doppia interruzione feriale?
Ringrazio anticipatamente.”
Consulenza legale i 18/10/2012

L'appello deve essere proposto entro 30 giorni dalla notificazione della sentenza impugnata (termine breve). Nel caso in cui non vi sia stata notificazione, il termine è di un anno per i giudizi introdotti prima del 04.07.2009, o di sei mesi per i giudizi introdotti dopo il 04.07.2009 (termine lungo). Il termine decorre dalla data della pubblicazione della sentenza. Entrambi i termini sono comunque sottoposti alla sospensione feriale dal 1° agosto al 15 settembre.


Alessandro chiede
venerdì 01/06/2012 - Sicilia
“Buongiorno e complimenti alla redazione per l'ottimo lavoro che svolgete. Il mio dubbio riguarda l'ex art. 327 C.P.C., ossia nella forma precedente alla modifica apportata dalla legge 69/99: 30 giorni dalla notificazione della sentenza e un anno dalla pubblicazione della stessa. Nell'eventualità di una sentenza che è stata sia pubblicata che notificata quale termine processuale deve essere considerato: i 30 giorni dalla data di notificazione oppure i 365 giorni dalla data di pubblicazione? Vi ringrazio della cortese attenzione e spero che l'argomento possa essere di interesse per altri utenti”
Consulenza legale i 02/06/2012

In relazione al quesito posto all'attenzione, vengono in rilievo gli articoli 325 e 326 cpc, rubricati "termini per le impugnazioni" e "decorrenza dei termini", che non sono stati modificati dalla legge n.69/2009.

Invero, quando la sentenza di primo grado viene notificata viene in applicazione il termine c.d. breve per proporre l'impugnazione, ovvero l'appello, la revocazione e l'opposizione di terzo ex art. 404 del c.p.c. dovranno essere proposti entro 30 giorni dalla notifica, eccetto i casi previsti nei nn. 1,2,3,e 6 dell'[[395 cpcp]] e negli artt. 397 e 404 secondo comma, riguardo ai quali il termine decorre dal giorno in cui è stato scoperto il dolo o la falsità o la collusione o è stato recuperato il documento o è passata in giudicato la sentenza di cui al num. 6 dell'art. 395 del c.p.c., o il p.m. ha avuto conoscenza della sentenza.

Diversamente, se la sentenza non fosse stata notificata allora verrebbe in rilievo il c.d. termine lungo, che per i procedimenti instaurati antecedentemente alla data di entrata in vigore della riforma apportata con la legge n.69 del 2009, è di un anno dalla pubblicazione della stessa.


Nicla chiede
venerdì 13/04/2012 - Sicilia
“Salve, per un appello avverso una sentenza del giudice di pace iniziato nel 2003, il ricorso in cassazione entro quanti giorni deve essere proposto se non viene notificata la sentenza di secondo grado? E nel caso in cui venga notificta? Grazie”
Consulenza legale i 15/04/2012

In materia di impugnazione, ai giudizi instaurati precedentemente l'entrata in vigore della riforma del 4 luglio 2009, si applica la previgente disciplina di cui all'art. art. 327 del c.p.c., ovvero in caso di mancata notificazione della sentenza di secondo grado, questa è ricorribile per cassazione entro un anno e 45 giorni (applicandosi la sospensione feriale). Tale termine, c.d. lungo, decorre dall'avvenuta pubblicazione della sentenza.

Se invece la sentenza di secondo grado viene notificata il termine per proporre ricorso per cassazione è quello previsto all'art. art. 325 del c.p.c., ovvero sessanta giorni. Tale termine decorre ai sensi dell'art.327 c.p.c. dalla notificazione della sentenza.


Patrick chiede
mercoledì 28/03/2012 - Estero
“Come calculare i 30 giorni dall'art 325 CPC? Solo giornate di lavoro? Grazie per una risposta.”
Consulenza legale i 29/03/2012

Il computo dei termini processuali è disciplinato dall'art. 155 del c.p.c. il quale, ai primi due commi, prevede che "nel computo dei termini a giorni o ad ore, si escludono il giorno o l'ora iniziali. Per il computo dei termini a mesi o ad anni, si osserva il calendario comune. I giorni festivi si computano nel termine".

Per calcolare i giorni di cui all'art. 325 del c.p.c., quindi, dovranno essere computati anche i giorni festivi, non solo quelli lavorativi.


FULVIO chiede
mercoledì 07/03/2012 - Lazio
“ma quando si dice "per i processi instaurati dopo la data del 4 luglio 2009. I giudizi pendenti in quel momento rimangono soggetti alla vecchia disciplina" si intende il primo grado di giudizio o che sia iniziato dopo il luglio 2009 il grado di giudizio che si intende impungare? Grazie”
Consulenza legale i 08/03/2012

La modifica dell'art. 327 del c.p.c. riguarda i giudizi di primo grado introdotti dopo il 4 luglio 2009. In linea di principio è stata, infatti, utilizzata la soluzione più semplice, per cui tutte le modificazione del codice di procedura civile e le relative posizioni di attuazione si applicheranno ai soli giudizi instaurati dopo l'entrata in vigore della legge 69/2009. Stando ad una interpretazione consolidatasi all'analoga disciplina transitoria sperimentata dalle riforme del 1990 e del 2005, l'instaurazione della causa deve essere valutata non già con riferimento ai singoli gradi, bensì con riguardo al giudizio unitariamente inteso, e dunque tenendo esclusivamente conto della data in cui è stato notificato l'atto di citazione o è stato depositato il ricorso introduttivo di primo grado. (sul punto si veda anche G.Balena "La nuova pseudo- riforma della giustizia civile" pagg. 145 e ss).


Miran chiede
mercoledì 07/03/2012 - Estero
“Salve
Vorrei un piccolo chiarimento sulla decorrenza dei termini nei casi di impugnazioni. L'art. 326 C.P.Civile dispone che i termini per le impugnazioni decorrono dalla notificazione della sentenza. Ma nel termine per la decorrenza (il dies a quo)si computa anche il giorno della notificazione oppure il termine comincia a decorrere, secondo l'art. 155 c.p.c., dall'indomani della data della notificazione della sentenza.
Grazie”
Consulenza legale i 12/03/2012

In relazione ai termini di cui agli art. 325 del c.p.c. e ss. deve applicarsi il principio secondo il quale dies a quo non computator in termino, dies ad quem computator per il quale, nel computo dei termini a giorni, il giorno iniziale non si computa, mentre va computato il giorno finale, in applicazione dell'art. 155 del c.p.c..


Adriana chiede
lunedì 06/02/2012 - Calabria
“vorrei sapere se una sentenza pubblicata a novembre del 2011 relativa ad una causa iscritta a ruolo nel 2006 possa essere impugnata entro il termine di 6 mesi dalla pubblicazione oppure può, in mancanza di notificazione, applicarsi il vecchio termine lungo di 1 anno e 45 g.
Grazie”
Consulenza legale i 06/02/2012

La riforma del processo civile del 2009 ha valenza solo per i processi instaurati dopo la data del 4 luglio 2009. I giudizi pendenti in quel momento rimangono soggetti alla vecchia disciplina.

Nel caso di specie la causa è stata iscritta a ruolo nel 2006. Di conseguenza la sentenza, benchè pubblicata nel novembre 2011, potrà, in assenza di notificazione, essere impugnata nel termine lungo di un anno e 45 giorni.


Chiara E. chiede
venerdì 13/01/2012 - Emilia-Romagna
“Volevo sapere se nel caso di giudizio di divisione immobiliare instaurato nel 2010,sebbene la procedura esecutiva sia iniziata ben prima, alla sentenza non definitiva pronunciata nel giudizio di divisione si applica la sospensione dei termini feriali...quindi 6 mesi + 45...Grazie mille”
Consulenza legale i 14/01/2012
Se la parte interessata decide di proporre immediatamente appello contro la sentenza non definitiva deve farlo nei termini e con i modi ordinari. L'impugnazione immediata non preclude, ovviamente, la possibilità di impugnare, una volta emessa, la sentenza definitiva, nè impedisce la prosecuzione del giudizio di primo grado. L'appello immediato deve riguardare solo la questione affrontata dalla relativa sentenza non definitiva.
I termini per l'impugnazione della sentenza non definitiva di divisione sono sottoposti alla sospensione feriale che va dal 1°agosto al 15 settembre.

Massimo chiede
martedì 18/10/2011 - Sicilia
“Salve,
gradirei sapere se per una sentenza depositata il 07/06/2010 (non notificata) il termine lungo per proporre appello in c.t.r. scade il 07/06/2011 oppure si devono aggiungere anche i giorni relativi alla sospensione feriale (46 giorni).
Grazie per l'attenzione e la risposta.”
Consulenza legale i 19/11/2011

E' pacifico che al termine c.d. "lungo" di un anno (ora, a seguito della riforma del 2009, sei mesi) per l'impugnazione si applichi la sospensione feriale, che va dal 1 agosto al 15 settembre.


Michele M. chiede
lunedì 27/06/2011 - Marche
“Chiedo cortesemente di sapere se la modifica dell'art. 327 c.p.c. si applica anche alle impugnative di sentenze emesse con rito societario e se anche in questa ipotesi si continua ad applicare il termine lungo di un anno per i ricorsi introdotti prima del 4 luglio 2009.
Ringrazio per la collaborazione”
Consulenza legale i 30/06/2011

Per i procedimenti introdotti col rito societario fino al 4 luglio 2009, ovvero comunque pendenti a questa data secondo il rito speciale, vige la soluzione del primato del rito (comunque) in essere e, per conseguenza, la garanzia della sua ultrattività. In particolare, volendo mutuare anche la soluzione legislativa che affida soltanto all’intervenuta ordinanza di conversione del rito l’effetto estintivo della capacità del rito in essere di divenire comunque ultrattivo, si conclude che nei procedimenti che seguono il rito societario pur quando avrebbero dovuto subire la conversione (del medesimo rito speciale) in ordinario (e però questa conversione sia mancata entro il 3 luglio 2009), la conversione non è oltremodo consentita dal precetto secondo cui le disposizioni abrogate «continuano ad applicarsi». La modifica al codice di procedura civile relativa all’art. 327 c.p.c. si applica solo ai giudizi di I grado instaurati dopo l’entrata in vigore della legge e cioè dal 4 luglio 2009 compresa.

Per i giudizi d'impugnazione che conservano il rito socitario si applica il termine lungo di un anno vigente ante riforma.


Fortunato chiede
giovedì 24/02/2011 - Molise

“Buongiorno,
per cortesia gradirei sapere se per un ricorso in Cassazione, avverso una sentenza della CTR depositata il dì 11/12/2009, i termini per la proposizione dello stesso sono di sei mesi ovvero di un anno.
Grazie per l'attenzione e la risposta.”

Consulenza legale i 25/02/2011

Il ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale, ai sensi dell’articolo 62, comma 2, del decreto legislativo del 31/12/1992 n. 546, può essere proposto secondo quanto indicato dall'art. 360 del c.p.c. ("Al ricorso per cassazione ed al relativo procedimento si applicano le norme dettate dal codice di procedura civile in quanto compatibili con quelle del presente decreto").

Il nuovo termine c.d. lungo di sei mesi per il ricorso per Cassazione si applica ai ricorsi introduttivi notificati successivamente al 4 luglio 2009. E' irrilevante a tal fine la data di deposito della sentenza.


Claudio chiede
venerdì 18/02/2011 - Lazio

“Potete gentilmente confermare se per un ricorso ordinario presentato in Commissione tributaria Provinciale nel 2008 e poi respinto senza notifica della sentenza, è possibile procedere in appello entro il vecchio temine di un anno, essendosi instaurato il giudizio precedentemente al 04 luglio 2009? Grazie per l'attenzione.”

Consulenza legale i 18/02/2011

La modifica dell'art. 327 del c.p.c. ad opera della legge n. 69/2009, con abbreviazione del c.d. "termine lungo" per proporre appello (da un anno a sei mesi) non trova applicazione per i giudizi instaurati prima dell'entrata in vigore della riforma, il 4 luglio 2009.

Il processo di fronte alla Commissione Tributaria si instaura con la costituzione in giudizio del ricorrente: l'omesso deposito dell’originale o della copia conforme presso la segreteria della Commissione determina l’inammissibilità del ricorso.


Marta chiede
lunedì 25/10/2010

“Salve, avrei un dubbio e spero in un vostro ausilio. Vorrei sapere qual e' il termine per proporre appello per cio' che riguarda i giudizi pendenti prima dell'entrata in vigore della legge 4 luglio 2009? E da quando decorre? Grazie.”

Consulenza legale i 26/10/2010

Il termine per proporre appello era e rimane di 30 giorni (art. 325 del c.p.c.) e decorre dalla notificazione della sentenza (art. 326 del c.p.c.).
L'art. 327 del c.p.c. è stato invece riformato ed ora il termine per impugnare, indipendentemente dalla notificazione, è di sei mesi (non più un anno) dalla pubblicazione della sentenza.
Poiché la riforma del processo civile del 2009 ha valenza per i giudizi instaurati dopo la data del 4 luglio 2009, i giudizi in quel momento pendenti sono sottoposti alla vecchia disciplina, e quindi: 30 giorni dalla notificazione della sentenza e un anno dalla pubblicazione della stessa.


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