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Il trasferimento in Italia di una società straniera - Profili normativi e fiscali

Il trasferimento in Italia di una società straniera - Profili normativi e fiscali
Questo articolo spiega a quali condizioni una società straniera può spostare la propria sede in Italia e analizza altresì le problematiche fiscali connesse.
La c.d. “libertà di stabilimento”, intesa come libertà di trasferire la sede della società da uno Stato ad un altro nell’ambito dell’Unione Europea , è tutelata dagli articoli 43-48 del Trattato istitutivo della Comunità Europea (ora artt. 49-54 TFUE) che riconoscono alle società la possibilità di trasferirsi in uno Stato differente da quello di origine, al fine di esercitarvi un’attività economica in modo continuativo e stabile.
La libertà di stabilimento delle persone giuridiche può essere esercitata secondo due diverse modalità:
  • trasferendo la sede sociale in uno Stato differente da quello di origine (libertà di stabilimento “primario”);
  • aprendo in uno Stato differente da quello di origine agenzie, succursali e filiali ovvero qualsiasi altra struttura preposta all’esercizio organizzato e non occasionale dell’attività economica (libertà di stabilimento “secondario”).
Ovviamente, affinché una società regolarmente costituita nello stato di origine possa liberamente esercitare il diritto di stabilimento, è necessario che sia riconosciuta anche dalle autorità dello Stato di destinazione. In assenza di tale riconoscimento, la società migrante non potrebbe godere nello stato ospite della personalità giuridica.
Al fine di garantire tale reciproco riconoscimento l’art. 293 del Trattato CE prevedeva che gli stati membri avviassero tra loro negoziati intesi a garantire, a favore dei loro cittadini, il reciproco riconoscimento delle società e, quindi, il mantenimento della personalità giuridica in caso di trasferimento della sede da un paese ad un altro. Tale previsione però non si è mai concretizzata in quanto non è mai entrata in vigore la Convezione di Bruxelles del 29 febbraio 1968 che disciplinava il reciproco riconoscimento delle società.
In considerazione di ciò, gli Stati membri hanno disciplinato autonomamente il funzionamento delle società, a seguito del trasferimento della sede legale, emanando proprie norme di diritto internazionale privato.

L’Italia, così come Inghilterra, Irlanda, Danimarca, Finlandia e Svezia, ha adottato il criterio della c.d. “incorporazione”, secondo il quale, alla società che trasferisce la propria sede in altro stato, si applica la legge dello Stato ove è stata costituita la società.
L’adozione di siffatto criterio non comporta, in capo alla società che si trasferisce in altro Stato membro, la perdita automatica della qualità di “soggetto giuridico” e della personalità giuridica, perché lo Stato di destinazione riconosce il soggetto estero validamente costituito ai sensi della legislazione dello Stato di provenienza.
La società che si trasferisce è, quindi, accolta nell’ordinamento dello Stato di destinazione continuando a vivere e a funzionare secondo le regole del luogo in cui si è perfezionato il procedimento costitutivo, essendole riconosciuto, in sostanza, il suo statuto personale, la sua struttura e la sua organizzazione, senza che ciò comporti, quindi, la perdita automatica della nazionalità di provenienza.
La società che trasferisce la sede legale può tuttavia manifestare anche la volontà di acquisire, conseguentemente al trasferimento, la nazionalità dello Stato di destinazione, abbandonando così la nazionalità di provenienza.

Da un punto di vista procedimentale, la nazionalizzazione di società estera avviene attraverso un procedimento definito “trasformazione giuridica”, che si attiva come conseguenza del trasferimento in Italia della relativa sede legale.
Solitamente tale processo è operato tramite l’apertura di un codice fiscale/partita IVA, l’elezione di un domicilio fiscale in Italia e la cura di tutti gli adempimenti fiscali, primo fra tutti il versamento delle imposte e la presentazione delle dichiarazioni in Italia.
Sul punto il Consiglio Nazionale del Notariato ha elaborato lo Studio n. 283-2015/I che riguarda la nazionalizzazione societaria del soggetto di diritto estero operata in regime di continuità giuridica, ossia senza estinzione giuridica e sua costituzione ex novo.
In realtà, il nostro Codice Civile non disciplina il trasferimento di una sede dall’estero all’Italia, ma solo l’ipotesi inversa.
La fattispecie è presa in considerazione dal comma 5 dell'art. 2369 del codice civile che, in riferimento alla convocazione dell’assemblea dei soci in seconda e successiva seduta, espressamente dispone che, anche in seconda convocazione, è richiesto il voto favorevole di più di un terzo del capitale sociale per le deliberazioni concernenti il cambiamento dell'oggetto sociale.

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