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Responsabile la madre del bimbo che si taglia le dita mettendo le mani all'interno del robot da cucina

Responsabile la madre del bimbo che si taglia le dita mettendo le mani all'interno del robot da cucina
La madre non deve limitarsi a raccomandare al figlio di non toccare il frullatore ma deve tenere un comportamento rigoroso e attento, al fine di prevenire il verificarsi di eventi dannosi.
Se il bambino si taglia le dita con il frullatore, la madre può essere considerata penalmente responsabile?

Di questa questione si è occupata di recente la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26257 del 25 maggio 2017.

Nel caso esaminato dalla Corte di Cassazione, il Tribunale di Bergamo aveva confermato la sentenza con cui il Giudice di Pace della stessa città aveva assolto una donna dal reato di “lesioni colpose” (art. 590 cod. pen.) ai danni del figlio minore, del quale era stata accusata dopo che al minore erano state amputate due dita della mano destra, a seguito di un incidente domestico.

Nel caso di specie, in particolare, il minore aveva chiesto alla mamma di preparare insieme una torta e aveva, poi, messo la mano dentro al frullatore, tagliandosi le falangi del dito medio e dell’anulare.

Ebbene, secondo il Tribunale, la madre non poteva essere condannata per il reato di “lesioni colpose”, dal momento che la medesima aveva tenuto un comportamento diligente, avendo raccomandato al bambino di non toccare nulla.

Ritenendo la decisione ingiusta, il padre del bambino (che si era costituito parte civile nel procedimento penale, chiedendo di essere risarcito del danno subito, in qualità di esercente la potestà genitoriale del minore), aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione.

Osservava il ricorrente, in particolare, che l’art. 2047 c.c. prevede un “obbligo di sorveglianza in capo al genitore del figlio infraquattordicenne fondato sull'incapacità di intendere e di volere di quest'ultimo”.

Evidenziava il ricorrente, in proposito, che “la pericolosità di un robot da cucina è evidente” e il genitore non può limitare a raccomandare ad un bambino di non toccarlo.

Secondo il ricorrente, infatti, “il dovere di vigilanza a carico del genitore va commisurato all'età e al grado di maturazione raggiunto dal minore, in relazione alle circostanze del caso concreto” e il genitore deve anche prevedere e prevenire i rischi derivanti dalle attività del minore.

Nel caso di specie, invece, poichè la madre del bambino, pur avendo percepito una minaccia proveniente dal robot da cucina, si era limitata “a mettere in guardia il minore”, senza porre in essere alcuna misura idonea ad evitare il rischio di danno, la medesima doveva essere ritenuta penalmente responsabile.

La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di dover dar ragione al ricorrente, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.

Osservava la Cassazione che, nel caso in esame, occorreva valutare la condotta del genitore rispetto ad un evento lesivo che il minore si era auto inflitto, “a seguito di un comportamento evidentemente frutto della sua incapacità di percepire il pericolo ed i rischi conseguenti all'inserimento dell'arto all'interno del contenitore di un frullatore acceso e funzionante”.

Nello specifico, occorreva stabilire se il comportamento della madre fosse stato o meno caratterizzato da negligenza e imprudenza, “con particolare riguardo ai suoi obblighi di tutela e di sorveglianza del minore durante il compimento di un'attività (preparazione di una torta mediante l'utilizzo di elettrodomestico con lame rotanti) che indubbiamente esponeva il bimbo ad un potenziale pericolo per la sua incolumità personale”.

La Corte di Cassazione riteneva che, sul punto, il Tribunale avesse errato nel ritenere che la madre avesse tenuto una condotta diligente, in quanto la medesima non avrebbe dovuto limitarsi di raccomandare genericamente al bimbo di non toccare nulla, ma avrebbe dovuto tenere un comportamento molto più rigoroso ed attento (ad esempio, spegnendo il frullatore o non lasciare il bambino esposto al pericolo).

Ciò considerato, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto dal padre del bimbo, annullando la sentenza resa dal Tribunale e rinviando la causa al Tribunale stesso, affinchè il medesimo decidesse nuovamente sulla questione, in base ai principi sopra enunciati.


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